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RIFORMA/IL DIBATTITO

Centralista e contro la sussidiarietà. Per questo voto No

Riforma centralista, nemica della sussidiarietà e della democrazia. Ecco qualche buona ragione per votare “No” al referendum di ottobre sulla riforma costituzionale. In gioco, non c’è soltanto l’abolizione del Senato, ma una serie di misure, in base alle quali sarà lo Stato centralista a determinare ogni cosa. 

Politica 26_05_2016
Ad ottobre il referendum sulla riforma costituzionale

Caro direttore,

Vorrei fare alcune osservazioni sul tema del prossimo referendum costituzionale previsto per ottobre, ma già, inspiegabilmente, al centro di aspre polemiche, sull’onda delle provocazioni lanciate dal duo Renzi-Boschi. Mi ha dato lo spunto quanto scritto, con la solita chiarezza, da Robi Ronza su questo giornale.

Innanzi tutto, mi si è chiarito che, contrariamente a quanto proclamato quotidianamente dall’onnipresente premier scout, il vero tema della riforma non è la finta abolizione del Senato (anche se per alcune materie viene eliminato il bicameralismo perfetto), ma il fatto che, a riforma attuata, ci ritroveremo con un assetto istituzionale molto più centralista, visto che le funzioni delle Regioni vengono pesantemente ridimensionate. La proposta di riforma mette in atto una serie di misure, in base alle quali sarà lo Stato centralista a determinare ogni cosa nella vita del nostro Paese. 

La parola sussidiarietà scompare, con buona pace di tutti coloro che per anni si sono lodevolmente battuti per affermarne il valore e la presenza (incomprensibile come alcuni di costoro stiano ugualmente dalla parte di Renzi).Penso, insomma, che dovremmo rovesciare il tema centrale della discussione sul referendum, concentrandolo sulla accentuazione di un centralismo (che forse Obama e Merkel chiedono all’Italia), piuttosto che sul Senato, la cui riforma, comunque, porterà un esiguo vantaggio economico, checché ne dica Renzi.

Napolitano si è molto arrabbiato, perché qualcuno ha detto che chi vota Sì sarebbe contrario alla Costituzione più bella del mondo e si è detto anche offeso. Lo stesso Napolitano dovrebbe dire a Renzi di non offendere continuamente chi ha l’intenzione di votare no, come invece sta facendo. Un premier dovrebbe condurre il Paese a discutere serenamente dei contenuti di una riforma costituzionale e non ingiuriare chi la pensa diversamente da lui, pur con motivazioni che egli per primo dovrebbe considerare seriamente. 

Gli scout Renzi e Boschi, invece, non fanno che dividere l’elettorato, persino gli intoccabili partigiani. Ma tutta questa storia avrebbe dovuto nascere con un metodo diverso: un riforma costituzionale dovrebbe essere basata su un lavoro comune di tutte la forze in campo (come fu dopo la Liberazione) e non con uno spirito divisivo e di parte. Anche sotto questo profilo non è stato reso un buon servizio al Paese e l’atteggiamento di Renzi continua ad approfondire le ferite, invece che emarginarle.

La provocazione maggiore messa in atto sia dal premier sia dalla ministra è stata quella (e ci stanno insistendo) di proclamare che se vincessero i no, lascerebbero, addirittura, la politica. Hanno anche il coraggio di dire che non stanno personalizzando l’esito del referendum. Ma, se proprio insistono, cercheremo di assecondare questo loro desiderio del cupio dissolvi. Personalmente, in questa direzione sono facilitato dal fatto che il governo, nel suo complesso, non ha in nulla tenuto conto delle istanze di tanti cristiani e non in tema di unioni di fatto. Anche se il vero motivo della mia contrarietà alla riforma proposta è quello detto all’inizio, circa la deriva centralista della conduzione del nostro Paese.

ll Foglio sta svolgendo una quotidiana battaglia per il sì, basata, soprattutto, sul fatto che chi vota No sarebbe in cattiva compagnia. Mi sembra una motivazione un po’ sleale, anche perché è tipico di un voto referendario quello di creare fronti insoliti. “Cattive compagnie”, se è per questo, ci sono in entrambi i fronti, anche in questo caso. L’importante è che ciascuno offra ragioni fondate e convincenti per il proprio sì o per il proprio no. Sul piano dei contenuti, gli interventi di Ronza mi hanno aperto gli occhi sul fatto che questa è una cattiva riforma. La mia propensione al voto contrario è poi arricchita da motivazioni di metodo e di opportunità politica.

Circa quest’ultimo aspetto, mi sembra che finalmente, dopo alcuni anni, Berlusconi abbia detto una cosa giusta e sensata, quando ha affermato che il combinato disposto della riforma costituzionale (che indebolisce il Senato ed accentra i poteri) e della legge elettorale (Italicum), che Renzi ha affermato di non voler cambiare, porterebbe fatalmente ad una deriva autoritaria. L’affermazione è vera, purtroppo. L’Italicum, infatti, assegna il 60% dei seggi della Camera al partito (e non alla coalizione) che ottiene il 40% dei voti al primo turno elettorale oppure a chi vince il ballottaggio. Può dunque accadere che un partito possa ottenere la maggioranza assoluta dei seggi, con solo il 30% dei voti (ed almeno 100 deputati sarebbero scelti dai partiti proponendoli come capi lista). 

Non a caso, proprio in questi giorni la senatrice Cirinnà ha dichiarato che se passa la riforma costituzionale, poi passa tutto (e per tutto lei intende matrimonio gay, anche se già c’è, omofobia, eutanasia, azzeramento della legge 40, etc.). La ingenua bocca della verità della Cirinnà ha confermato che la deriva autoritaria e unilaterale è più che possibile (ed il Pd non aspetta altro) Caro direttore, mi rimangono due domande (e naturalmente molte altre): 1. ma perché Renzi ha iniziato così in anticipo la campagna elettorale referendaria? Paura?  2. se vincono i no, anche Alfano si dimette?