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La ricerca

Centinaia di milioni per l’agenda Lgbt, così l’Ue usa i nostri soldi

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Oltre 220 milioni di euro di fondi europei in un decennio per progetti di Ong che promuovono l'ideologia Lgbt e in particolare quella transessualista. Una ricerca pubblicata dal Mathias Corvinus Collegium di Bruxelles mostra come una potente rete di organizzazioni plasmi le politiche dell’Ue, scavalcando i singoli Stati e le famiglie.

Attualità 08_04_2025

Una nuova e importante ricerca pubblicata lo scorso 1 aprile dal Mathias Corvinus Collegium (MCC) Brussels ha dimostrato che oltre 220 milioni di euro di fondi dell’Unione europea sono stati utilizzati per promuovere un'agenda radicale di privilegi Lgbt, soprattutto in tema di “identità di genere”, violando i diritti delle donne, la tutela dei minori e la sovranità nazionale. Il Mathias Corvinus Collegium di Bruxelles, parte del network universitario con sede principale a Budapest, promuove iniziative con intellettuali ed esperti per discutere e valutare l'evoluzione delle istituzioni europee, per influenzare le scelte con studi, ricerche e dibattiti sulle questioni politiche, socio-economiche e culturali del nostro tempo, organizzando inoltre seminari per studenti universitari.

La colonizzazione ideologica Lgbti, promossa da ex commissari europei come ad esempio Helena Dalli e Vera Jourová, è stata decisa con iniziative ben poco democratiche. Ora la ricerca “Mission Creeps: How EU Funding and Activist NGOs Captured the Gender Agenda” (La missione nascosta: come i finanziamenti dell'Ue e le Ong attiviste hanno favorito l'agenda di genere), scritta dalla sociologa inglese Ashley Frawley, è la prima indagine completa su come una potente rete di Ong abbia plasmato la politica di genere dell'Ue.

Grazie a finanziamenti di milioni di euro, le Ong Lgbt hanno ridisegnato le politiche, ridefinito il genere e messo a tacere le voci dissenzienti, il tutto senza alcun controllo democratico. Con questo denaro pubblico, l'Ue non solo ha scavalcato i governi nazionali, ma ha anche imposto politiche che hanno importanti conseguenze negative per le famiglie, i bambini e le donne; politiche a cui molti cittadini e Stati membri si oppongono fermamente. Una grave e dispendiosa opacità, peggio: conflitti di interessi e intrecci tra burocrazia europea, lobby Lgbt, filantropi transoceanici e parti politiche liberal-socialiste per scardinare le radici giudaico-cristiane, colpire la femminilità delle donne e il pudore infantile. Un conto che paghiamo tutti noi.

Secondo la ricerca di Ashley Frawley, ripresa anche da diversi quotidiani e siti web, l'Ue ha stanziato nell'ultimo decennio almeno 220 milioni di euro per progetti che coinvolgono Ong che promuovono l'ideologia dell'identità di genere. Almeno 40 milioni di euro sono stati destinati a progetti che coinvolgono i gruppi transgender più radicali. Tra i principali beneficiari, si legge nella dettagliata ricerca, vi sono: Ilga-Europe (coinvolta in progetti per 16 milioni di euro e che ha ricevuto direttamente 12,2 milioni di euro); Ilga-Worldwide (coinvolta in progetti per 64,95 milioni di euro); Iglyo (organizzazione Lgbt studentesca coinvolta in progetti per 6 milioni di euro e che riceve direttamente 4,5 milioni di euro); Transgender Europe (Ong coinvolta in progetti per 4,6 milioni di euro e che riceve direttamente 4 milioni di euro); EuroCentralAsianLesbian* Community (riceve direttamente 6,2 milioni di euro); Intersex International Europe (coinvolta in progetti per 1,2 milioni di euro e che riceve direttamente un milione di euro).

Inoltre, almeno altri 26 milioni di euro sono stati utilizzati per finanziare le ricerche, guidate da attivisti e cosiddetti “esperti” Lgbti, per promuovere il transessualismo nei Paesi europei e nelle politiche delle istituzioni di Bruxelles. La ricerca finanziata dall'Ue viene utilizzata come strumento per giustificare cambiamenti nelle legislazioni dei singoli Stati, piuttosto che per un'indagine accademica neutrale. Ad esempio, come scrive Ashley Frawley, le «sovvenzioni di Horizon Europe finanziano progetti ideologici, tra cui: “Challenging the gender binary” (2,4 milioni di euro) e MEN4DEM”, uno studio da 3 milioni di euro che considera la mascolinità tradizionale come una minaccia per la democrazia».

Nelle decine di pagine della ricerca, si dimostra come gli attivisti non si siano accontentati di ricevere il denaro dei cittadini europei, a insaputa di questi ultimi, ma hanno anche influenzato la stesura delle politiche di genere dell'Ue, operando riservatamente attraverso colloqui con i commissari direttamente incaricati o funzionari delle direzioni generali o esponenti parlamentari, senza alcuna trasparenza pubblica. Ilga-Europe ha richiesto e partecipato a 42 incontri con i commissari europei, organizzato 14 consultazioni pubbliche, presentato 16 contributi alla roadmap della “Strategia europea sull'uguaglianza Lgbti 2020-2025”, partecipato a 10 riunioni del Parlamento europeo e a tre gruppi di esperti. Meno influente ma comunque notevole l’azione di lobbying di Transgender Europe, che ha avuto sette incontri con i commissari e organizzato otto consultazioni pubbliche.

Non dimentichiamo che ad ogni elezione per il Parlamento europeo almeno mille candidati di diversi partiti, anche nel 2024, hanno sottoscritto l’impegno a sostenere politiche e strategie Lgbti, a partire da quella che chiede l'auto-identificazione dei bambini nel genere che preferiscono, scavalcando e violando la responsabilità dei genitori nonché la biologia, o il certificato di genitorialità proposto dall'Ue che potrebbe bypassare le definizioni nazionali di diritto di famiglia, costringendo gli Stati membri a riconoscere le definizioni di genitorialità legale imposte da Bruxelles. Giustappunto il 12 marzo a Strasburgo, il Parlamento europeo ha parlato del Certificato europeo di genitorialità; grazie ad una interrogazione orale dell'eurodeputato bulgaro di Renew Europe, Ilhan Kyuchyuk, si è avuta conferma che il regolamento proposto dalla Commissione nel 2022 è ora nelle mani del Consiglio dell'Ue e lì rimarrà finché i ventisette ministri non avranno raggiunto un accordo, poiché è richiesta l'unanimità su questo argomento.

È più che apprezzabile la richiesta conclusiva della ricerca pubblicata da MCC Brussels, ossia quella di sollecitare l'Ue a garantire che le decisioni politiche siano «soggette a dibattito pubblico piuttosto che al lobbismo degli attivisti», un maggiore «controllo sull'allocazione dei finanziamenti» dell'Ue per prevenire la loro attribuzione in base alla simpatia ideologica e, infine, l’introduzione di «misure di salvaguardia per rispettare la sovranità nazionale, i diritti dei genitori e la sicurezza di donne e bambini».