Censura e opacità: la sceneggiata di De Luca
Esplode il caso Campania: De Luca impone ai giornalisti la censura e manca di trasparenza sui posti in terapia intensiva occupati mentre lamenta un'escalation di contagi non verificabile. E mentre la magistratura accende i riflettori su tre Covid-Hospital a Napoli, Salerno e Caserta, il governatore si "esibisce" in una sceneggiata minacciando il lockdown.
Il giornalismo si nutre di fonti ufficiali e di fonti confidenziali. Quelle ufficiali devono assicurare un puntuale e trasparente aggiornamento dei fatti, tanto più in situazioni eccezionali come quella che stiamo vivendo da mesi. Sulla pandemia i cittadini hanno il diritto di sapere tutto, al fine di poter affrontare in modo adeguato le criticità che vivono quotidianamente.
In Campania, però, e forse non solo in Campania, questa trasparenza latita e si registrano anzi tentativi di censura delle notizie normalmente fornite da parte degli addetti ai lavori. Il tutto a danno dei cittadini e del loro diritto ad essere correttamente informati.
A Napoli e dintorni è scoppiata la polemica sul forzato silenzio stampa imposto ai professionisti in prima linea nell’emergenza Covid. Il governatore Vincenzo De Luca, con una iniziativa censoria e autoritaria, ha vietato ai medici pubblici locali di parlare con i giornalisti e di raccontare l’andamento della pandemia. Chi meglio di loro potrebbe farlo, visto che vivono in trincea e osservano quotidianamente ricoveri, degenze, decorso dei contagi e quindi raccolgono le evidenze scientifiche?
Che senso ha mettere la museruola a chi opera sul campo quotidianamente, a chi è in prima linea contro il Covid, a chi ne misura la consistenza e l’impatto in modo plastico e immediato? Meglio far parlare chi lo fronteggia concretamente o meglio i virologi da salotto che pontificano via skype durante le trasmissioni televisive e spesso passano più tempo in collegamento che non a lavorare per tutelare la salute dei cittadini? Mai come in questo periodo sarebbe opportuno ascoltare i clinici, coloro che operano sul campo. E invece De Luca ha deciso che con i mezzi di informazione può parlare solo l’Unità di crisi regionale, da lui stesso istituita il 20 marzo scorso. I dirigenti e gli operatori della sanità pubblica hanno il polso della situazione, maneggiano tutto il giorno dati epidemiologici, ma con i giornalisti non devono parlare. Niente telecamere negli ospedali, vietato il racconto, la documentazione, le inchieste. E invece, fermo restando le garanzie di anonimato e di protezione della privacy dei soggetti malati o ricoverati, bisognerebbe con trasparenza, puntualità e onestà intellettuale illustrare ai cittadini i contenuti della situazione attuale, allo stato alquanto nebulosa e criptica.
Peraltro neppure lo stesso governatore parla con i giornalisti. Preferisce i monologhi, quelli che spopolano su Facebook e che gli consentono di dire ciò che vuole senza contraddittorio, scansando le domande scomode e imponendo la sua verità. Che, però, a quanto pare, non è la verità dei fatti.
Se al posto suo si fossero comportati in questo modo così irriguardoso nei confronti della libertà di stampa Silvio Berlusconi o Matteo Salvini, l’indignazione della categoria dei giornalisti sarebbe salita alle stelle. Speriamo accada anche nei confronti del governatore sceriffo, che calpesta il diritto all’informazione con l’eleganza di un elefante in una cristalleria.
Ora che l’escalation dei contagi non risparmia neppure la Campania, di chi sono le responsabilità? Se prima quella regione era un modello i meriti erano di De Luca e ora che il virus circola più che altrove la colpa è dei campani? Troppo comodo scaricare sui cittadini le responsabilità delle inefficienze della sanità campana.
La narrazione del pugno di ferro, del lanciafiamme alla festa di laurea e della drastica e liberatoria chiusura dei confini, che tanti consensi gli ha portato alle ultime elezioni regionali, ora sta lasciando il posto all’amara realtà, che non è quella che finora De Luca ha raccontato ai suoi conterranei.
Alcune considerazioni per chiarire l’effettiva situazione. La Campania fa la metà o un terzo dei tamponi che ogni giorno si fanno in Lombardia, eppure negli ultimi giorni ha avuto più contagi della Lombardia. Peraltro la Campania è la regione italiana che spende di più in sanità e quindi si può dire che ha speso male quei soldi, se i risultati sono questi. E l’opacità dei dati delle terapie intensive è un’altra macchia sulla gestione attuale. Si legge nel piano regionale del dicembre scorso che i posti in terapia intensiva sono 621, ma De Luca nei mesi del lockdown dichiarava che ce n’erano solo 300. L’unità di crisi parla di 60 posti letto di terapia intensiva oggi occupati su 108, mentre nei reparti di degenza sarebbero occupati 550 posti e ne sarebbero disponibili 665.
Tutti conteggi poco chiari, che non vengono né confermati né smentiti e che alimentano incertezza e panico nella popolazione. Anche perché la magistratura ha già acceso i riflettori sui lavori per la realizzazione di tre Covid-Hospital a Napoli (l’unico effettivamente operativo), Salerno e Caserta. Nell’ambito della gara da oltre 15 milioni di euro si indaga per turbativa d’asta e frode in pubbliche forniture, in relazione alle procedure di aggiudicazione ed esecuzione dei lavori da parte della centrale regionale per gli acquisti.
Intanto, però, il governatore preferisce accentrare tutto su di sé, anche la comunicazione sul Covid, e silenziare qualsiasi voce di dissenso. Torna a minacciare il lockdown, che è l’unico modo che ha per continuare a coprire le inefficienze della gestione regionale dell’emergenza pandemica.
Ma la ciliegina sulla torta è quella di ieri. De Luca è tornato ad indossare i panni del perseguitato, cosa che gli riesce alla perfezione (Crozza docet) e ad attaccare l’informazione: «Siamo di fronte ad un’aggressione mediatica alla Campania: ho detto ai nostri dirigenti, non fatevi distrarre dalle stupidaggini e ad affrontare i problemi: qualche giorno fa si è aggiunta una drammatizzazione dal mondo dell’informazione: quella della 'censura' della regione, impedimento ai medici di parlare: tutte falsità. Un’emittente nazionale ci ha mostrato settecento persone in fila per un tampone, in attesa da ore. Ebbene, alle 11 l'area era già libera, tranne due pappagalli seduti sull’aiuola che andavano multati».
Parla quindi di attacco mediatico alla Campania e scarica sui giornalisti le colpe di una falsa rappresentazione della realtà. Ma allora la Lombardia cosa dovrebbe dire? E’ stata massacrata per mesi dai media solo perché maggiormente colpita dal Covid, mentre ora ci dovrebbe essere comprensione per la salita dei contagi in Campania? Questa triste e stucchevole vicenda che vede protagonista De Luca conferma ancora una volta che i populismi di sinistra non sono meno pericolosi di quelli di destra e i fascismi di sinistra non sono meno insidiosi di quelli di destra.