C'è un vescovo a Denver che dice no alla Chiesa mondana
Ha chiesto al presidente della Conferenza episcopale americana di non eliminare la discussione sulla comunione ai politici abortisti. Poi ha preso carta e penna per scrivere ai vescovi nel mondo e metterli in guardia dal pericoloso scisma tedesco dove si assiste a un'appropriazione indebita dei sacramenti da parte di una Chiesa relagata ai margini come "rispettabile istituzione". Le parole di un vescovo coraggioso: Samuel Aquila, da Denver.
Il mondo cattolico è ormai diventata una Babele, esito inevitabile della presunzione di aver avviato la costruzione di una torre che giungesse fino al cielo, senza accettare di sottomettersi alla verità del Vangelo e alla grazia di Dio. In Germania è scisma e negli Stati Uniti è scontro tra i vescovi sulla coerenza eucaristica.
La Conferenza dei Vescovi statunitense aveva infatti fissato la discussione su questo importante tema per la prossima assemblea del 16-18 giugno, che si terrà a distanza; ma 67 vescovi, tra cui quattro cardinali – Wilton Gregory di Washington, D.C., Blase Cupich di Chicago, Joseph Tobin di Newark e Seán O’Malley di Boston - lo scorso 13 maggio hanno indirizzato una lettera al Presidente della USCCB, Mons. José Gomez, per chiedergli di rimuovere dall’agenda il problema controverso della possibilità di comunicare persone che pubblicamente sostengono posizioni favorevoli all’aborto e alla sua legalizzazione. Il tema era stato inserito in agenda anche in virtù della discussa richiesta del cardinale Ladaria (vedi qui) di trovare un accordo unanime dei vescovi su un punto così delicato.
La richiesta di cancellazione dall’ordine del giorno del tema della coerenza eucaristica è stata giustificata dai firmatari della lettera del 13 maggio dall’impossibilità di raggiungere un accordo nel «contesto frammentario ed isolato di un incontro a distanza» (vedi qui). A dire il vero tra le righe emergono le posizioni distanti tra i diversi membri dell’episcopato degli USA: «L’alta qualità di consenso tra di noi e della custodia dell’unità con la Santa Sede e la Chiesa universale, come disposto dal cardinal Ladaria, è lontana dal poter essere conseguita allo stato attuale».
Non si sono fatte attendere le repliche. Esercizio di parresìa da parte del Vescovo di San Francisco, Mons. Salvatore Cordileone, che ha espresso il suo dolore «per la crescente acrimonia pubblica tra i vescovi e per l’adozione di manovre a porte chiuse per interferire con le procedure accettate, normali e concordate dell’USCCB. Coloro che non vogliono pubblicare un documento sulla coerenza eucaristica dovrebbero essere aperti a discutere la questione in modo obiettivo ed equo con i loro fratelli vescovi, piuttosto che tentare di far deragliare il processo» (vedi qui).
A sostegno del Presidente Gomez perché non ceda al tentativo di rinviare la discussione, c’è anche Mons. Samuel Aquila, Vescovo di Denver: «Come ho già scritto, la questione della coerenza eucaristica è principalmente “una questione di amore, una questione di carità verso il prossimo”. San Paolo è chiaro nel dire che c’è pericolo per la propria anima se essa riceve il corpo e il sangue di nostro Signore in modo indegno. Come vescovi, stiamo venendo meno al nostro dovere di pastori se ignoriamo questa verità e come si manifesta nella società odierna, specialmente per quanto riguarda coloro che occupano posizioni di rilievo che rifiutano gli insegnamenti fondamentali della Chiesa e insistono sul fatto che sia consentito loro di ricevere la comunione».
Mons. Aquila è anche autore di una lunga lettera ai confratelli nell’episcopato di tutto il mondo, per richiamarli a quanto sta accadendo in Germania, in occasione del Synodale Weg, con particolare riferimento al Grundtext elaborato dal primo Forum del Sinodo, relativo alla separazione dei poteri nella Chiesa. Un testo che, in sintesi, impone alle fonti della Rivelazione un’interpretazione che si radica nelle derive ideologiche della modernità e che stravolge anche i testi magisteriali più recenti, come quelli del Concilio Vaticano II, al quale si fa un grande appellarsi, ma senza alcuna remora di violentarne i testi: «il cammino sinodale strumentalizza un’interpretazione selettiva e fuorviante dei documenti del Concilio per sostenere opinioni indifendibili sulla natura della Chiesa (Lumen Gentium), sulla sua relazione con il mondo (Gaudium et Spes), e la sua fondazione sulla divina rivelazione (Dei Verbum)».
Il sacramento dell’Ordine Sacro e la struttura gerarchica della Chiesa vengono compresi come «“un processo di istituzionalizzazione” [...] così storicamente condizionati da renderli puramente transitori. Sarebbero potuti essere e potrebbero essere ancora radicalmente differenti», perché la Chiesa fin dall’inizio è stata contaminata «da una strisciante misoginia». Per il testo del Sinodo tedesco, la Chiesa dei carismi, in definitiva, si sarebbe gradualmente cristallizzata in una struttura gerarchica transeunte ostile alle donne. E da questa macchia originale sarebbe scaturita l’idea perdurante che le donne non possano accedere al sacerdozio. Nel Grundtext sparisce anche il principio fondamentale che «la Chiesa è stata incaricata da Gesù stesso di trasmettere insegnamenti specifici, che devono essere custoditi – che il Vaticano II chiama “Deposito della Fede” (Dei Verbum, 10) o “deposito della Rivelazione” (Lumen Gentium, 25)».
Dall’analisi di Mons. Aquila emerge che il testo base stravolge altri capisaldi dell’ecclesiologia cattolica, rigettando anzitutto l’idea della Chiesa come societas perfecta, che dev’essere rimpiazzata da quella della ecclesia peregrinans. La prima veicolerebbe infatti un contenuto non più accettabile, ossia quello di una Chiesa «statica, indipendente e autosufficiente» (Grundtext, p. 13); una Chiesa insomma che ha in sé i mezzi necessari alla propria esistenza e missione, come espressamente affermato da tutta la Tradizione cattolica e in ultimo ribadito anche in Lumen Gentium, 9, non è ben accetta in Germania.
Ancora, l’affermazione conciliare della Chiesa come sacramento, perde completamente la propria connotazione teologale e si incaglia nelle secche antropocentriche. Con la scusa che «un segno (signum) dev’essere compreso e, in ultimo, deve parlare la lingua del destinatario» (Grundtext, p. 17), Mons. Aquila fa notare che il “movimento” del segno sacramentale è comunque quello di elevare verso quel Dio in cui pensieri non sono i nostri pensieri (cf. Is 55, 8). Siamo noi a doverci esercitare «in dominico eloquio – nel modo di parlare di Dio (cf. Sant’Agostino, Confessioni 9.5.13)». Analogamente, il Sinodo deraglia allorché afferma che «ciò che è utile come strumento (instrumentum) dev’essere facile da adoperare ed efficiente, pensato per la sua utilità e atto ad essere utilizzato senza causare danni» (Grundtext, p. 17). Ancora una volta, si dimentica che «i sacramenti – e ancor meno la Chiesa! – non sono i nostri “strumenti”. Essi sono gli strumenti di Dio, perché solo Lui è la principale causa efficiente di tutte le grazie che vengono mediate dalla Chiesa e dai sacramenti».
Il Vescovo di Denver mette brillantemente a fuoco l’inversione fondamentale che è all’origine di tutte le insopportabili stravaganze di cui buona parte dei cattolici tedeschi sta facendo sfoggio. Si tratta in sintesi di una “appropriazione indebita” della Chiesa, dei sacramenti, della parola di Dio, senza alcun rispetto per Colui che ne è il reale ideatore e detentore.
In quest’ottica il rapporto Chiesa-mondo diventa un assorbimento della prima da parte del secondo: «Un’attenta lettura del testo di base nella sua interezza – continua Mons. Aquila – rende difficile evitare la conclusione che l’Assemblea Sinodale desidera realizzare una Chiesa che, lungi dall’essere pronta a soffrire il disprezzo del mondo per la sua fedeltà a Cristo, sarà in modo preminente condizionata dal mondo e facilmente accolta come una rispettabile istituzione tra le tante».
Anche il Magistero è ridotto, all’interno della Chiesa, a “rispettabile istituzione” come ha espressamente affermato Mons. Bätzing di fronte al recente Responsum della Congregazione, concedendo un posticino all’interno della discussione sinodale anche al «punto di vista” della Congregazione.