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CHIESE DI FRONTIERA

Cattolici nelle Cicladi, un mestiere difficile

Parla Nikolaos Printezis, vescovo delle isole greche, dove la comunità cattolica è osteggiata dal governo e si sente dimenticata da Roma.

Attualità 13_07_2011
Isole Cicladi


La comunità cattolica greca si divide in quattro grandi arcivescovadi: Atene, Corfù, isola di Santorini (che comprende la grande diocesi dell’isola di Creta) nonché isole Cicladi e Mar Egeo. Quest’ultimo comprende in tutto otto isole: Naxos, Tinos, Mikonos, Andros e Paros, più Chio, Samo e Lesbo. Da 17 anni Nikolaos Printezis è il titolare di questo arcidiocesi enorme, non tanto territorialmente, ma quanto a distanze e difficoltà di comunicazioni, specie nei periodi invernali quando raggiungerne tutti gli anfratti con i traghetti di linea è davvero arduo.
«Fino a quindici anni fa», afferma l’arcivescovo «in tutta la Grecia si potevano contare non più di 50mila cattolici. Oggi, a causa della grande immigrazione di albanesi e filippini che vengono a cercar lavoro da noi, siamo arrivati a 300mila anime. E le nostre possibilità di accoglienza sono invariate, con il numero dei sacerdoti che diminuisce. Non riusciamo cioè a servire tutti i fedeli posti sotto la nostra cura, e questo soprattutto in estate quando arrivano i turisti e i greci emigrati all’estero tornano a casa».

Dalla bizantina chiesa di Naxos della Madonna della Consolazione, dove ha sede l'arcivescovado, Printezis dice: «Alla basilica di Naxos si contano 60mila visitatori. Certo, non tutti sono fedeli, molti sono solo turisti; ma ci sono anche tanti cattolici che, affezionati alla Grecia e alle sue isole, vengono a sposarsi qui, in estate, aumentando enormemente il nostro lavoro». L’arcivescovo e i pochi parroci presenti si dividono così l’enorme lavoro, coadiuvati da alcuni laici, ma le condizioni sono difficili: le chiese sono tra loro assai distant, le imbarcazioni di collegamento sono lente e non sempre in orario, le comunità non godono nemmeno dell’appoggio logistico di una sede a cui fare riferimento certo e l’età media del clero è piuttosto avanzata. «Come possiamo assicurare in questi casi un’adeguata preparazione ai sacramenti?», si chiede, preoccupato, l’arcivescovo.

«Chi  vive a Roma, ha difficoltà a immaginare la nostra vita pastorale», dichiara Pritzenis. «Non considerano che noi siamo in tutto e per tutto una chiesa di frontiera, coi mille problemi di essere una minoranza in Grecia. Nessuno ci aiuta: il governo greco, poiché siamo cattolici romani, ci dice dicono di rivolgerci a Roma, ma per Roma siamo piccoli, non siamo in un Paese in guerra e quindi non necessitiamo protezione». Togliere di mezzo la specificazione “romana” sarebbe, ammette Pritzenis, un bell’aiuto in termini diplomatici.

I nuovi immigrati, albanesi soprattutto, sono la sfida attuale della Chiesa cattolica greca. Si tratta di un numero enorme di persone, che di fatto ha riportato il cattolciesimo in molte isole. «Sono cattolici per tradizione familiare, ma la verità è che spesso non hanno mai ricevuto neppure i primi sacramenti», spiega l’arcivescovo, «né hanno un’adeguata preparazione di catechismo».

Sull’isola di Samo, continua, «ho di recente amministrato un battesimo a un tavolo di ristorante, perché nella città di Karlovassi non c'è neppure una sala dove incontrare con la comunità che oggi conta cinquanta famiglie».
Arrivare lì è più di una notte di navigazione, con i venti buoni e il mare tranquillo, dall’isola di Tinos, dove l’arcivescovo risiede con maggiore stabilità perché lì si trova una grande comunità cattolica ceh conta 23 parrocchie. Nikolaos si reca a Samos ogni quindici giorni per assicurare almeno due Messe al mese. «Faccio appena in tempo a dare la benedizione e sono già sulla nave di ritorno. Gli orari dei traghetti greci cambiano con le condizioni meteorologiche, non si può far programmi».

Printezis ha intrapreso ben 1900 viaagi per mare, via traghetto, su è giù per l'arcipelago: «Nessuno sulle isole greche mi conosce meglio degli equipaggi dei battelli» sdrammatizza, ma la sua verve nel raccontare una vita da marinaio non nasconde la tensione continua che porta con sé per non riuscire ad aiutare tutto il proprio gregge. Per questo il presule, che è certo un uomo di azione e autenticamente greco nella sua determinazione, è deciso a creare quelle che chiama le "unioni pastorali". Ovvero sei responsabili centrali di parrocchie tanti quanti sono i parroci giovani oggi disponibili, aiutati dagli altri che per motivi di salute o di età non possono sostenere un tale carico di lavoro e di viaggi. Un’unione pastorale sarà composta da Naxos, Paros, Mikonos e Samo: la rotta del traghetto non è secondaria nella scelta della fratellanza tra isole.

Ancora a Samo, isola a tre chilometri dalle coste turche e con una grande presenza anche di musulmani, dove i fedeli cattolici sono in forte crescita, il sacerdote è riuscito a ripristinare una chiesa: quella della capitale Vathy. Un accordo legale con scambi di proprietà tra l’arcivescovato e le due famiglie che avevano acquistato il monastero dai padri missionari dell’Africa, partiti dall’isola nel 1970, ha fatto il miracolo.

Riuscisse anche a vedere soluzioni accettabili per i matrimoni misti tra cattolici e ortodossi greci potrebbe quasi tirare per un po’ i remi in barca, più tranquillo. «In fondo ci sono solo piccole differenze di rito alla base di un uguale credo», dice, «ma i greci vogliono comunque celebrare due matrimoni, oppure si finisce per rinunciare a quello cattolico, o ci si riduce a un semplice riconoscimento del fatto che uno dei due sposi è un cattolico».

La bonomia con cui l’arcivescovo racconta le  "avventure" di mare, la semplicità con cui si affida alla Provvidenza, la fantasia nel cercare soluzioni nuove per le sue parrocchie in rapido cambiamento sono una prova della dedizione alla missione pastorale di questo pastore. Un uomo nato nell’isola di Syros, l’isola cattolica greca per eccellenza, quasi 70 anni fa e cresciuto in un’antica comunità con regole rigide, traghettato, è proprio il caso, non più giovane in età in una chiesa in espansione fatta di immigrati spesso cattolici solo nella loro speranza, ma senza nessun documento ad attestarlo e nessuna educazione a garantirlo, dimostra il grande coraggio che può esser dato solo da una fede inossidabile. Ci saluta con una frase: «Un segno di speranza che mi rincuora, è la guida di un Papa che viene da anni di presidenza della Congregazione per la Dottrina della Fede».