Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi
Santa Cecilia a cura di Ermes Dovico
IL NODO

Cattolici in piazza, conta la verità da difendere

Per opporsi al Ddl Zan serve coraggio, come per le manifestazioni Restiamo Liberi. Il cattolico che oggi vuole scendere in piazza contro le leggi disumane che si vanno proponendo deve sapere che lo fa contro la Chiesa ufficiale. Il problema è che la Chiesa non educa più alla verità e sta cambiando la sua teologia morale. La morale che fa scendere in piazza è quella prima di Amoris laetitia.

Editoriali 02_07_2020

Quando si tratta di scendere in piazza per i cattolici cominciano i problemi. Il coraggio qualcuno ce l’ha, come nel caso delle prossime manifestazioni Restiamo Liberi di sabato 11 luglio in molte città italiane. Però i tanti incidenti di percorso, i tentativi di dissuasione, i boicottaggi dietro le quinte, il mancato appoggio dell’episcopato in generale e i silenzi di tanti vescovi in particolare, mostrano che oggi i cattolici scendono in piazza a proprio rischio e pericolo e con notevoli difficoltà anche se il motivo, ossia l’opposizione popolare al pericolosissimo disegno di legge Zan contro la cosiddetta omofobia, è più che giustificato. Perché oggi è così difficile per i cattolici scendere in piazza?  

Il cattolico che oggi vuole scendere in piazza contro l’una o l’altra delle leggi disumane che si vanno proponendo deve sapere che lo fa contro la Chiesa ufficiale. Questo è un primo dato di consapevolezza richiesto dalla situazione. Ed è anche un dato che spiega le difficoltà improbe per organizzare una presenza di popolo nella pubblica piazza. Molti fedeli non se la sentono di mettersi di traverso alla linea pastorale della Chiesa, dei vescovi italiani, del loro vescovo diocesano... Raccogliere le truppe è diventata un’impresa. Le associazioni laicali che gravitano direttamente o indirettamente all’ombra della CEI non partecipano o boicottano. I movimenti si tengono fuori. Fino a che qualche prelato non contatta il politico tale o talaltro che promette un rinvio della legge in questione e il fronte residuo si divide.

Oggi aderisce ad una mobilitazione di piazza solo il cattolico o l’associazione che ha preso questa decisione: quando si tratta di principi non negoziabili per la fede e la retta ragione io agisco non solo senza l’avallo del clero ma anche contro la linea ufficiale ecclesiastica, anche a costo di evidenziare quindi l’esistenza di una spaccatura nella Chiesa. A scendere in piazza oggi serve coraggio cattolico.

Poi, il nostro popolo cattolico non sa niente di queste cose. Della programmata mobilitazione dell’11 luglio la massa cattolica non è informata. Avvenire intervista Zan, il primo firmatario della legge, che si dice aperto a contributi diversi, poi intervista Lupi, che stempera il problema come aveva fatto ai tempi della Cirinnà, i settimanali diocesani non ne parlano o pubblicano qualche intervento ecclesialmente corretto di Agensir, l’agenzia di stampa della CEI. Le parrocchie tacciono, nessun incontro informativo serale sull’argomento, nemmeno una parola dall’ambone durante le omelie, nelle bacheche delle chiese nessuna locandina di Restiamo Liberi. La Chiesa non educa più, si limita a dire che Dio ci ama, che Dio ci ama, che Dio ci ama. Certo, c’è una controinformazione cattolica di qualità e in via di crescita che - grazie a Dio - tiene vivo l’argomento, ma è appunto una controinformazione e, come tutte le controinformazioni, non è di regime e quindi non è nemmeno di maggioranza. Scendere in piazza quindi si scontra con una contraria informazione istituzionale della Chiesa.

La Chiesa sta rapidamente cambiando la sua teologia morale. Oggi esistono tre morali cattoliche: quella prima di Amoris laetitia, quella di Amoris laetitia, quella dopo Amoris laetitia. La morale cattolica che fa scendere in piazza è quella prima di Amoris laetitia, le altre due non sono più in grado di farlo, anzi considerano un errore morale e pastorale farlo (ma morale e pastorale per la nuova teologia morale sono la stessa cosa). Ciò che un tempo era considerato un obbligo, ora viene considerato un peccato. La Chiesa - si dice - non parla alle piazze, ma alle coscienze; non insegna delle norme astratte da applicare ma forma delle coscienze capaci di valutare liberamente una situazione; non insegna dall’alto della sua presunzione il bene e il male ma lo scopre insieme a tutti gli altri nel dialogo; non esistono leggi da rifiutare, ma solo leggi da esaminare ed eventualmente da migliorare; il bene non precede le leggi, ma le attraversa dall’interno; il cristianesimo è una continua interpretazione da dentro la storia e così via. A partire da queste convinzioni non si riempiono piazze. Per farlo occorrerebbe la convinzione che c’è una verità da annunciare e difendere anche nella pubblica piazza, verità che solo la Chiesa può annunciare e difendere, e che se non lo fa lei non lo farà mai nessun altro.

Non credo che al momento ci siano altre strade da battere: tutti coloro - laici e associazioni - che sono disposti alla scelta che ho indicato sopra devono collegarsi tra loro, moltiplicare l’informazione al popolo cattolico fuori dei canali istituzionali, aumentare, anziché ridurre, le presenze in piazza e creare cultura cattolica vera. Assumendosi anche il rischio di essere accusati di spaccare e tenendo presente che molti cattolici, compresi sacerdoti e vescovi, che oggi per timore tacciono, nel loro segreto appoggiano questi gesti e dal cuore, anche se non dalla piazza, applaudono, in attesa di poterlo tornare a fare anche in piazza.