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LA MORTE DI FIDEL

Castro o le ostie? Ora Cuba sei davvero libre

Il Lider Maximo muore a 90 anni e si porta con sè le feroci tirannie del XX secolo. Ma ora c'è da ricostruire una Cuba devastata dalla povertà materiale e spirituale. Dove nonostante la repressione, la fede è rimasta. Grazie a 13 suore di clausura, che hanno prodotto le uniche ostie disponibili nel Paese.

-UN TIRANNO. PUNTO di M. Tremamunno

Esteri 27_11_2016
Fidel Castro

Non occuperà di certo le prime pagine dei giornali, che questa mattina saranno intenti a celebrare le contraddizioni e gli eccessi del Fidel Castro simbolo del Novecento delle ideologie e ultimo tiranno del XX secolo. Ma mentre il popolo cubano era costretto in questi 57 anni a idolatrare controvoglia l’ormai vecchio barbudo della Sierra Maestra, c’era un altro Signore che si faceva largo tra le calles polverose de La Habana. Un Signore che oggi può giustamente trionfare, restando lui, sul campo di battaglia, unico vincitore che ha resistito ad una revolucion che ha preteso con ogni mezzo di cacciarlo dall’isola. 

Che Gesù Cristo, il signore della storia, fosse abituato ad attendere nel dolore e nella persecuzione il suo turno, è una costante dell’umanità, ma è significativo che anche nell’atea e comunista Cuba il seme della fede non si fosse spento e germogliasse lento e paziente. Parlare della revolucion senza ammettere che la libertad spacciata da Castro e da Guevara è stata anche una crudele e spietata macchina della persecuzione religiosa significa non capire in fondo che cosa è stato il castrismo in questi quasi 60 anni. 

Basti pensare che quest'anno una comunità cattolica ha potuto iniziare l'iter di costruzione della sua chiesa che gli veniva impedito dal 1962. 

Verrà giorno in cui i nomi di Armando Valladares, frate Miguel Ángel Loredo, Guillermo Fariñas, Oswaldo Payá e molti altri verranno iscritti nell’albo dei martiri in odio alla fede. Erano e sono cattolici e chi in prigione, chi con torture pagarono da vittime il prezzo della revolucion che anche in Italia non si è smesso mai di celebrare nei salotti, nei giornali e nelle elite.

La Cuba che ieri si è risvegliata con un senso di smarrimento e di velata malinconia dovrà fare i conti anche con lo scoglio rappresentato da una libertà religiosa repressa, spesso di facciata, consentita a livello di culto, ma ostacolata in tutti i modi nelle sue estensioni pubbliche, sociali e civili. Ancor oggi a Cuba chi parla di libertà di educazione o di lavoro in chiave cristiana, rischia da codice penale una incriminazione per eccesso di libertà di culto. Tutto questo ha ridotto la fede del popolo cubano ad un germoglio quasi atrofizzato, con poche gambe per camminare perché la fede non basta se questa non si tramuta in opere, per la gloria di Dio. 

I cattolici cubani hanno così aspettato l’alba del 25 novembre nel sabato di viglia della prima domenica di Avvento con sentimenti rattrappiti, ma di speranza, nella miseria e nella povertà, ma anche nella dignità di sapere che il regno del Lider Maximo un giorno sarebbe finito. Quel giorno è arrivato. 

C’è un docufilm straordinario che, per coincidenza o provvidenza, è approdato in Spagna in prima assoluta proprio negli stessi minuti in cui Fidel chiudeva per sempre le labbra che ininterrottamente per cinque decadi hanno lanciato proclami. E’ stato girato dal video maker spagnolo David Moncasi, che ha raccontato la vita delle 13 carmelitane che vivono a La Habana nell’unico convento di clausura di Cuba. Appena 13 donne, con un unico, insostituibile compito: produrre le ostie che vengono distribuite nell’isola, dalla capitale a Santiago. Ne fanno 1 milione all’anno, che diviso per 365 fa circa 2700 particole consacrate al giorno.

In tutti questi anni hanno continuato a impastare e impacchettare, nel silenzio del regime, che pure, per le controverse leggi del comunismo, era così costretto a fornire gratis la farina alle carmelitane. Il docufilm è arrivato in questi giorni in Spagna e la critica riconosce che è uno spaccato commovente e verista di un avamposto di ateismo del quale si vedono i frutti. Perché quelle particole ad un certo punto escono dal convento nel quartiere di El Vedado e vengono consegnate a bordo di scalcagnate "apecar". C’è in quel viaggio il senso di un destino. Le particole attraversano le città come in una piccola processione eucaristica, dove poi verranno consacrate. Succede così in tutto il mondo, ma qui a Cuba, quel viaggio assume i crismi del pellegrinaggio miracoloso. 

Le ostie vengono consacrate e poi diventano quel Corpo di Cristo per noi così scontato, ma che nell’isola caraibica costituisce l’unica, vera, immarcescibile speranza per un popolo stanco. Arrivano al Santuario di San Giuda Taddeo, dove i cubani vanno ad affidarsi per ottenere il tanto sospirato visa para un sueno, un visto di sola andata per gli Stati Uniti, arrivano nelle case dei vecchi che non escono più casa. Ed entrano come Gesù in casa di Lazzaro e Zaccheo, fotografando l’altra faccia di una Cuba che non ascolta agghindata di lustrini allegri Compay Segundo, ma vive di tv dalla quale viene trasmesso come un mantra l’ennesimo incontro tra Fidel, el jefe, e Diego, el pibe, in una patetica, quanto sconclusionata propaganda che ormai è arrivata al binario morto della ripetitività. 

Ci sono donne scavate nelle rughe di dolore, coi figli che sono riusciti ad attraversare l’oceano, ci sono vecchi che non fumano habano, ma devono fare i conti con la cartilla de racionamiento che dal ’62 decide di quanto riso, quanto pollo e di quanto latte deve essere scandita la tua giornata. Perché i frutti del comunismo, a noi che ormai da quasi 30 anni andiamo a ripetere che è finito, qui ci sono ancora. E hanno il volto del papà di Liset, che è entrata in convento dopo una conversione che ancora oggi non si sa spiegare, dato che tutto a Cuba portava ad escludere Dio. Il padre, ateo per forza o per convinzione (in fondo che importa?) la guarda e la sogna, vedendo in lei un riscatto che non ha a che fare con lo stantio ormai insostenibile del mito rivoluzionario. 

13 monache, 1 milione di ostie hanno resistito ad un solo Lider maximo. Che ora saluta, toglie il disturbo, lasciando libero lo spazio ad un salvatore che in questi anni è passato su sgangherate camionette dentro scatole di cartone e che non ha mai smesso di sussurrare: «Con la vostra perseveranza salverete le vostre anime». Per ricominciare, per ricostruire senza quell'ormai ingombrante monumento marcescente di ideologia, odio e violenza che impediva di guardare oltre le cortine fumose del passato comunista. Buon Avvento. Ora sì: sei Cuba libre