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"ARTE" CONTESTATA

Castellucci a Parigi, la battaglia del teatro

In Francia centinaia di militanti assaltano una pièce ritenuta blasfema. Ma è la censura è il modo migliore
per battere menzogna e bestemmia?

Cultura 05_11_2011
Parigi

 

Che succede a Parigi? Il Théatre de la Ville è preso d’assalto da centinaia di militanti che protestano contro la scena finale della pièce teatrale della compagnia italiana Societas Raffaello Sanzio, di Cesena, Sul concetto di volto del figlio di Dio, diretta dall’ex direttore della Biennale Teatro Romeo Castellucci. Lo spettacolo è incentrato sulla decadenza della vecchiaia, rappresentata in modo molto esplicito dall’incontinenza che impedisce ai vecchi di trattenere gli escrementi. E alla fine anche una gigantografia con il celebre ritratto di Gesù Cristo di Antonello da Messina (1429 o 1430-1479), che sta alle spalle dei protagonisti, è inondata da un liquame nero che vuole proprio dare l’impressione degli escrementi.

Non è la prima volta che si verificano episodi del genere. Il 17 aprile di quest’anno una protesta analoga ha quasi distrutto ad Avignone un’opera contestata anche negli Stati Uniti e in Australia, Piss Christ, fotografia "artistica" del 1987 dello statunitense Andres Serrano che raffigura un crocefisso immerso in un bicchiere che contiene l’urina dell’artista. Ed è in arrivo a Parigi lo spettacolo Golgota Picnic del drammaturgo spagnolo, nato in Argentina, Rodrigo Garcia, dove Gesù non moltiplica i pani ma gli hamburger mentre un pianista suona completamente nudo. Infine, gli stessi organizzatori delle proteste preannunciano azioni contro l’ennesima riproposizione dello spettacolo teatrale Il Vicario sul venerabile Pio XII (1876-1958).

Sgombriamo subito il campo da Il Vicario, perché è un caso diverso dagli altri. Questo dramma di Rolf Hochhuth, presentato nel 1963 in Germania con un grande lancio propagandistico e di stampa, accusa il venerabile Pio XII di complicità con Hitler. I documenti emersi dagli archivi sovietici e la testimonianza del generale Ion Mihai Pacepa, già responsabile dei servizi segreti della Romania comunista e personalmente coinvolto nell’operazione, permettono oggi di concludere senza possibilità di ulteriori dubbi che il dramma di Hocchuth fu commissionato all’autore tedesco dal KGB, nella persona del generale Ivan Ivanovich Agayants (1911-1968), responsabile del dipartimento D (Disinformazione) del controspionaggio sovietico. Agayants collaborò personalmente alla redazione del testo firmato da Hocchuth, il quale era - ed è - tanto poco amico del popolo ebraico da essersi reso noto nel 2005 come sostenitore e pubblico difensore delle tesi che negano la realtà storica dell’Olocausto dell’autore britannico David Irving. Lo scopo del KGB era quello di screditare il magistero anticomunista del venerabile Pio XII e di condizionare il Concilio Ecumenico Vaticano II, impedendo in particolare una condanna pubblica del comunismo. Su questo punto, si può dire che il KGB ebbe successo, ma le ragioni della mancata condanna non si riducono certamente al dramma di Hocchuth, né vi è prova che questo abbia in effetti giocato un ruolo significativo. Comunque sia, riproporre oggi un prodotto dello spionaggio sovietico, tanto più senza spiegare esattamente di che si tratta, è una clamorosa falsificazione storica, e la protesta è più che giustificata.

Ma che ne è degli altri casi? Lo schema è sempre lo stesso: qualcuno protesta per l’offesa al cristianesimo e gli artisti si affrettano a spiegare che non era loro intenzione offendere Gesù Cristo, anzi la provocazione vuole proprio far riflettere su come la nostra società materialista abbia rigettato il cristianesimo. Qualche volta la spiegazione è palesemente incredibile considerata la storia dell’artista coinvolto. Su altri casi possono rimanere dubbi. Ma i dubbi riguardano semmai la soggettività dell’artista. Oggettivamente, si tratta di una provocazione e di un’offesa ai cristiani: qualche cosa che se fosse rivolto ad altre religioni non sarebbe tollerato, e se si trattasse dei musulmani richiederebbe l’intervento non di più o meno dotti commentatori che discettano sui limiti della tolleranza ma degli artificieri. Come ha scritto il sociologo Philip Jenkins, offendere i cristiani è l’unica forma di intolleranza che le nostre società postmoderne si fanno un dovere di tollerare.

Espressa dunque la riprovazione per l’offesa, il cattivo gusto e la semplice maleducazione - che una semplice applicazione del vecchio detto «scherza coi fanti e lascia stare i santi» avrebbe evitato - rimangono sul tavolo due problemi molto delicati. Il primo è se la protesta - che ha avuto forme al limite della violenza, e certamente illegali dal punto di vista del diritto francese vigente - debba essere incondizionatamente appoggiata. Di fatto, mentre per esempio contro Piss Christ negli Stati Uniti e in Australia si erano mossi i vescovi, le autorità ecclesiastiche francesi e movimenti cattolici anche tutt’altro che progressisti sono stati molto riservati nel caso del Théatre de la Ville. Lo sono state, certamente, per chi ha organizzato ed egemonizzato la protesta: sul versante religioso, parti del mondo che ruota intorno alla Fraternità Sacerdotale San Pio X fondata da monsignor Marcel Lefebvre (1905-1991) - in particolare l’Istituto Civitas, che raccoglie quelli fra i seguaci del pensatore contro-rivoluzionario Jean Ousset (1914-1994) che hanno compiuto una scelta «lefebvriana» che peraltro lo stesso Ousset aveva sempre rifiutato -, e sul versante politico gruppi monarchici e nazionalisti che hanno rifiutato la svolta in qualche modo "laica" della candidata alla presidenza della repubblica francese per il Front National, Marine Le Pen, e si situano alla sua destra. La questione del Théatre de la Ville è dunque diventata un pretesto per questioni ecclesiali e politiche che agitano la Chiesa Cattolica e il mondo della destra francese e che, alla fine, hanno poco a che fare con lo spettacolo teatrale. La lotta alla cristianofobia è un problema troppo serio per lasciarne la bandiera a questo micromondo, ultraminoritario sul piano religioso come su quello politico.

Ma questo richiama il secondo problema: questi spettacoli vanno vietati? La domanda è sensata: in Australia lo stesso cardinale George Pell chiese alla Corte Suprema dello Stato di Victoria - ma non ottenne - un provvedimento d’urgenza che impedisse l’esposizione di Piss Christ. Occorre però considerare tutte le implicazioni legali di questa problematica, di cui ci siamo occupati su La Bussola Quotidiana a proposito della censura su Internet. Uno degli aspetti più strabilianti della vicenda del Théatre de la Ville è la solidarietà che blogger musulmani vicini al fondamentalismo hanno offerto ai contestatori cattolici, non solo perché l’islam considera Gesù un profeta ma perché le loro concezioni legali prevedono che qualunque manifestazione irriverente nei confronti dei profeti sia vietata dalla legge, come conferma il noto caso delle vignette danesi.

E proprio qui sta il problema. C’è nelle manifestazioni di Parigi una nostalgia che si può anche apprezzare per una vecchia Francia che si riconosceva cristiana. Ma quella Francia non c’è più. Oggi la legge non tutela il cristianesimo in quanto tale ma i gruppi sociali che hanno diritto, entro certi limiti, a non essere pubblicamente offesi. Questi gruppi sociali - dal punto di vista della delicatissima normativa sui «crimini di odio» e sull’intolleranza - sono tutti ugualmente protetti: cristiani, musulmani, omosessuali. I cristiani stessi spesso chiedono norme che censurino o puniscano il «linguaggio di odio», la diffamazione e la vera e propria offesa che colpiscono la Chiesa e la stessa figura di Gesù Cristo. Nello stesso tempo, alcuni cristiani sono talora vittima di norme che censurano un presunto «linguaggio di odio» contro gli omosessuali o l’islam. Se si chiede – come fanno certi libertari, anche cattolici – che la legge non vieti nulla in nome della libertà di espressione, prolifereranno anche insulti alla Chiesa e immagini sacre coperte di escrementi. Se invece si chiede che censurino di più, il rischio è che i giudici fermino gruppi pro-life e cristiani critici del matrimonio fra omosessuali ben prima di limitare le attività dei Serrano e dei Castellucci di questo mondo, perché molti di loro si sentono più vicini alle lobby dell’ideologia di genere e dell’aborto - o ne hanno più timore - di quanto non siano vicini ai cristiani. E questo vale in Francia, in Italia e in molti altri Paesi.

Deve essere chiaro: questa non è una situazione ideale, questa non è l’Europa che ci piace e che vogliamo. Preferiremmo un’Europa che, come chiedeva il beato Giovanni Paolo II (1920-2005), riconoscesse esplicitamente - e quindi, logicamente, tutelasse - le proprie radici cristiane. Ma, mentre lavoriamo per cambiarli, non possiamo che muoverci all’interno dell’attuale quadro giuridico e dei rapporti di forza mediatici e culturali esistenti. In questo quadro, pur rimanendo perplesso, non mi sento di condannare la posizione prudente delle gerarchie ecclesiastiche francesi. Si può certo peccare per eccesso di prudenza. Ma anche i toni troppo alti, per non parlare dei gesti violenti e della consegna della guida della protesta a gruppi marginali che su altri temi hanno posizioni incompatibili con il Magistero, rischiano talora di trasformarsi in un boomerang.