Caso Ricci, il doppio gioco di Avvenire
Il caso dello psicologo Ricci che sarà processato dal suo ordine professionale per aver difeso la famiglia naturale: Avvenire, con il professor Cantelmi, difende la sua libertà di pensiero ma approfitta dell'occasione per far passare l'idea che l'omosessualità sia una variante naturale della sessualità.
Applausi. Applausi a scena aperta. Quando è giusto è giusto: bisogna riconoscere la bravura. Difendere uno psicologo nel mirino del suo ordine professionale per aver sostenuto che un bambino ha bisogno di una mamma e di un papà, e allo stesso tempo cogliere l’occasione per promuovere l’omosessualità e l’ideologia del gender (quella buona ovviamente). Bisogna avere classe non c’è dubbio. E il quotidiano Avvenire, “voce” della Conferenza episcopale italiana, in questo non è secondo a nessuno.
La vicenda è nota: lo psicologo milanese Giancarlo Ricci dovrà subire un procedimento disciplinare dal proprio ordine professionale per le affermazioni in tv su omosessualità e gender. È una vicenda che si inserisce nel quadro di una vera e propria opera di intimidazione e discriminazione nei confronti di psicologi e psichiatri che non si piegano all’ideologia Lgbt (vedi qui). Su tale vicenda Avvenire intervista (edizione del 9 maggio) lo psichiatra Tonino Cantelmi, presidente dell’Associazione italiana psichiatri e psicologi cattolici (Aippc), e – aggiungiamo noi – punto di riferimento privilegiato per la Cei (qui il testo dell'intervista).
Nell’intervista Cantelmi è molto chiaro nella difesa del proprio collega, ma soltanto in quanto è in pericolo la libertà di pensiero e di ricerca scientifica. Ma poi quando si entra nel merito, il professor Cantelmi – se il suo pensiero è stato riportato fedelmente – fa delle affermazioni che non solo negano il pensiero di Ricci, ma anche ciò che la Chiesa ha sempre insegnato. E oltretutto non spiega questa differenza, così che il lettore potrebbe pensare che con Ricci ci sia identità di vedute.
Ma ecco i passaggi fondamentali del Cantelmi-Avvenire pensiero:
Punto uno: «l’omosessualità di per sé non è una patologia. Dobbiamo accogliere il frutto della ricerca scientifica con serietà. Al momento attuale l’omosessualità è considerata una variante della sessualità senza una connotazione patologica a priori». Cosa capisce il lettore? L’omosessualità non è più un disordine oggettivo – come afferma il Catechismo della Chiesa cattolica -, ma una delle possibili varianti della sessualità: omo, etero, fluido, cosa importa? Tutto è sullo stesso piano, l’importante è «la felicità e il benessere».
Punto due: Secco no alle terapie riparative, così come a quelle affermative, anche qui tutto sullo stesso piano. Ovvio, se l’omosessualità è soltanto uno dei possibili orientamenti sessuali, soltanto l’offrire la possibilità di un percorso che porti all’eterosessualità diventa una violenza. Questo ci fa capire perché associazioni come il Gruppo Lot di Luca Di Tolve siano ostracizzate dai vescovi italiani mentre fioriscono gruppi cristiani di Lgbt. E chi vive con disagio la propria omosessualità, chiede il giornalista? C’è la psicoterapia, risponde Cantelmi, perché ogni disagio va ascoltato. In altre parole accompagnare, discernere, ecc. Il disagio dunque, nel caso non fosse chiaro, non ha radice nell’omosessualità.
Punto tre: non c’è solo il gender cattivo, c’è anche quello buono: i gender studies, che ci hanno insegnato a combattere contro gli stereotipi di genere, ci dice Cantelmi. E qui torna la favoletta su cui Avvenire insiste ormai da tempo, una strategia per far passare l’ideologia gender dando l’impressione di combatterla. Su La Nuova BQ, a suo tempo lo ha spiegato chiaramente lo psicologo Roberto Marchesini (qui e qui), ma anche Giancarlo Ricci ha spiegato chiaramente come i gender studies derivino dal costruttivismo: «L’identità sessuale, e in generale la sessualità umana, viene cioè concepita essenzialmente come l’effetto di una costruzione culturale e sociale. La natura è esclusa, anzi superata. Ciò che è naturale è ampiamente disponibile, modificabile, superabile in vista di una mutazione antropologica in cui il genere potrà essere liberamente scelto». I gender studies insomma non hanno portato alcun beneficio, sono invece un attacco alla metafisica, alle basi della nostra civiltà, sono la negazione di una natura con una sua finalità.
Sì, è vero: l’ordine degli psicologi che vuole processare Ricci è vergognoso. Ma Avvenire è forse anche peggio: neutralizza il suo pensiero facendo finta di difenderlo.