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COVID-19

Case di riposo, il capro espiatorio perfetto

Mentre si ignorano tanti errori politici e di gestione dell’epidemia, è in atto un accanimento giudiziario verso Rsa e case di riposo. La realtà è che queste strutture, pur abbandonate a loro stesse, hanno fatto il possibile per evitare la diffusione del virus. Se lo Stato le manda in bancarotta, chi si prenderà cura di anziani e disabili? Il rischio è la cultura dello scarto.

Attualità 16_04_2020

Cosa c’è dietro l’accanimento giudiziario degli ultimi giorni nei confronti delle Rsa, delle case di riposo per anziani? Improvvisamente tutta la narrazione relativa all’epidemia, ai suoi protagonisti, ai suoi numeri, si è arricchita di un nuovo elemento: ci sono dei responsabili della morte di tante persone che devono essere individuati e perseguiti. Di chi si tratta? Di chi non ha vigilato sugli ingressi dalla Cina dopo l’inizio dell’epidemia a Wuhan? Di chi ha tardato a fornire dispostivi di protezione agli operatori sanitari e alla popolazione in generale? Di chi ha emanato da gennaio ad oggi decreti a volte contradditori? O andando indietro (ma non troppo) di chi ha tagliato col machete i posti letto negli ospedali o i posti di lavoro di medici e infermieri?

No: i colpevoli vanno cercati nelle residenze sanitarie assistenziali, sigla Rsa, che sono strutture non ospedaliere, ma comunque a impronta sanitaria, che ospitano persone non autosufficienti, che non possono essere assistite in casa e che necessitano di specifiche cure mediche di più specialisti e di un’articolata assistenza sanitaria. Le Rsa sono gestite da enti pubblici o privati che offrono ospitalità, prestazioni sanitarie e assistenziali, aiuto nel recupero funzionale e nell’inserimento sociale e prevenzione delle principali patologie croniche.

In base ai più recenti dati, in Italia sono presenti circa 240.000 posti letto residenziali e semiresidenziali, un numero che è circa la metà di quella che è la domanda, peraltro crescente. Una buona parte di queste strutture sono il frutto della carità cristiana in azione, dell’opera di enti religiosi, che hanno da sempre svolto un’opera di supplenza nei confronti di uno Stato assolutamente latitante su questa necessità. Una preziosa opera di sussidiarietà autentica.

Ora queste opere vengono inquisite, perquisite, denunciate. Si cerca di capire - secondo la magistratura - perché ci siano state tante morti. Forse bisognerebbe fornire agli inquirenti un po’ di dati epidemiologici, che rivelerebbero che anche negli ospedali pubblici, le “trincee della prima linea”, tanto intoccabili da pensare ad uno “scudo legale” per impedire indagini sul loro operato, c’è stato negli ultimi due mesi un tasso di mortalità che non ha eguali nel resto del mondo. Un tasso di mortalità che è particolarmente elevato al di sopra dei 75 anni. Ora, si dà il caso che l’età media degli ospiti delle case di riposo è di 88 anni. Si tratta quindi di realtà che accolgono le persone più fragili, più delicate, più esposte. Prima di metterle sotto il mirino inquisitorio, cosa è stato fatto per queste realtà?  Nulla. Così, ora, dopo il danno subiscono anche la beffa di essere indagate.

Gli anziani ospiti sono stati curati con tutto ciò che era possibile, comprese le capacità professionali dei medici e degli infermieri che non sono affatto inferiori a quelle dei colleghi dell’ospedalità pubblica. Nei confronti di queste strutture, il Servizio Sanitario Nazionale ha dato un supporto decisamente inadeguato, carente persino in indicazioni. Per due mesi e mezzo le Rsa, le case di riposo, è come se non fossero esistite. Le prime indicazioni da parte del servizio pubblico sono state ricevute solo l’1 aprile! In realtà, ovviamente, queste strutture si erano già da tempo attrezzate andando a cercare materiali e contattando colleghi ospedalieri per aggiornare i loro protocolli, affrontando enormi difficoltà nel reperire i dispositivi di protezione individuale (Dpi). Nonostante tutto, queste strutture si sono prodigate per curare i propri vecchietti, senza inviarli agli ospedali già oberati.

Poi, nonostante abbiano resistito a lungo facendo in modo di evitare il più possibile l’ingresso del virus, questo ha fatto il suo inevitabile arrivo, seminando morte. A questo punto questi decessi - e solo questi - hanno suscitato scandalo. Oltre agli avvisi di garanzia, sono cominciati a fioccare i commenti e le accuse. Gino Strada ha tuonato dicendo che nelle Rsa gli anziani sono trattati come animali. Un’accusa surreale. Così come surreale e quasi kafkiano è il clima che si è creato anche tra alcuni parenti degli ospiti di queste strutture, che improvvisamente si sono trasformati in delatori e informatori della Polizia. È accaduto così che il Sabato Santo una struttura bergamasca sia stata oggetto di visita della Polizia locale, e abbiano proceduto a denunciare le suore. Qual era la loro colpa?

Sono state denunciate perché avevano dato la Comunione ad alcuni ospiti ricoverati. Nonostante le cappellanerie di queste strutture abbiano regolari permessi. Nonostante il rispetto delle procedure corrette per evitare il passaggio del virus. I poliziotti arrivati in reparto hanno trovato le suore bardate con cuffietta, camice idrorepellente, due mascherine sul volto, guanti e perfino calzari. L’Eucarestia era stata data in mano, senza contatto. Ostie contate secondo il numero di persone che l’avevano richiesta. La polizia era arrivata perché era partita una segnalazione da alcuni solerti parenti. Gli agenti hanno ritirato i documenti relativi all’autorizzazione delle procedure, hanno fatto verifiche con i dipendenti. Le suore sono state costrette a sospendere la distribuzione dell’Eucarestia nel giorno di Pasqua, con grande dispiacere degli ospiti.

La minaccia che incombe sulle povere suore è da brivido: l’accusa di epidemia colposa, equivalente dell’omicidio colposo plurimo, che prevede - oltre alla condanna penale - anche il risarcimento danni. Un provvedimento che porterebbe alla bancarotta di molti istituti religiosi.

La paura di una vera e propria caccia alle streghe per trovare presunte responsabilità delle morti da Covid sta assalendo tante strutture assistenziali. Anche dell’ospedalità privata, che ha svolto in questi ultimi mesi un compito preziosissimo garantendo quelle attività di diagnosi e cura sospese negli ospedali pubblici trasformati in centri-Covid. Ciò sembrerebbe confermare i timori che, nel dopo epidemia, lo Stato intenda gestire in esclusiva la salute delle persone, sbarazzandosi di tutte le opere di assistenza sociosanitaria private. Una situazione che potrebbe portare ad una grave crisi di una attività di assistenza che si occupa di decine di migliaia di persone. Chi si farebbe poi carico di tutti questi anziani, di questi disabili, di queste persone fragili? Le famiglie, lasciate sole dallo Stato? O gli ospedali pubblici, con i loro protocolli “informali” che invitano a selezionare chi è meritevole di accedere a cure intensive, e non solo?

Il sospetto dell’affermarsi di una cultura dello scarto nei confronti degli anziani prende sempre più piede, anche di fronte a ciò che avviene in diversi Paesi europei. In Francia, ad esempio, mentre non hanno ancora ricevuto l’autorizzazione a prescrivere l’idrossiclorochina ai loro pazienti, col decreto n. 2020-360 del 29 marzo 2020, emanato dai ministeri della Solidarietà e della Salute e firmato dal primo ministro Edouard Philippe, i medici possono prescrivere dei farmaci “palliativi” (nello specifico un potente antiepilettico) ai pazienti affetti da Coronavirus che non possono essere ricoverati in terapia intensiva e sui quali è stata già assunta la decisione di limitare il trattamento sanitario. Con questo decreto viene dunque legalizzata la possibilità per un medico - e il decreto guarda caso si rivolge soprattutto a quelli delle case di riposo - di iniettare una sostanza, che può portare ad arresto respiratorio del paziente nel giro di poche ore.

Insomma, il problema delle case di riposo affollate e con tante richieste inevase, il costo sociale di questo tipo di assistenza, potrebbe trovare una soluzione finale dalla Francia all’Italia nel loro svuotamento e nella loro forzata chiusura.