Caro Veronesi, basta con le bugie. Lo spinello uccide
"La cannabis non ha mai ucciso nessuno", dice il professor Umberto Veronesi, che torna a chiedere la liberalizzazione della droga. Ma contro l'oncologo si schiera Elisabetta Bertol, scienziata, ordinario di Tossicologia forense all'Università di Firenze: la sua proposta mette a rischio la vita dei nostri figli.
Vogliamo liberalizzare totalmente la cannabis e le altre droghe, togliendo anche le sanzioni amministrative e il ritiro della patente per chi, in auto o alla guida di altri mezzi, risulta positivo ai test? Questo pare di capire leggendo l’intervento del professor Umberto Veronesi che sull’Espresso torna a rilanciare la proposta della depenalizzazione delle droghe. Un’idea folle e scientificamente infondata. Decidiamo in tal modo di rischiare la vita e salire o far salire i nostri figli su un treno, un pullman o una nave condotti da personale che liberamente può essersi fatto una canna o un tiro di cocaina. Gli effetti “piacevoli” di una “fumatina” di marijuana (cosiddetta fase di “high”) durano fino a due ore circa, ma gli effetti avversi, comportamentali e fisiologici, permangono fino a tre - cinque ore dopo l’uso. I risultati? Diminuzione dell’attenzione, difficoltà di apprendimento, perdita di memoria, perdita di coordinamento psico-motorio, distorsioni sensoriali, sonnolenza, aumento dei tempi di reazione.
La riforma legislativa del 2006, ridefinendo il concetto di “sostanze stupefacenti” attribuiva indistintamente a tutte le sostanze (e alle condotte a esse legate) un medesimo disvalore di base: la “droga” è “droga” e non è né pesante, né leggera. Ciò non toglie che esista un’indubbia e scientificamente dimostrata diversa pericolosità tra tutte le sostanze iscritte nella “famigerata unica tabella”, e questa diversificata pericolosità era già concretata dalla diversificazione di entità delle pene che il giudice può irrogare a seconda della tipologia della sostanza e delle circostanze dei fatti. Sempre, si capisce, per condotte diverse da detenzione per uso e uso personale che non comportano, ribadiamo, sanzioni penali. Non dimentichiamo che Paesi da cui oggi si vorrebbe trarre l’esempio perseguivano penalmente anche il solo “possesso” senza distinzione fra uso personale e “spaccio.
Gli sforzi compiuti per l’uso degli oppiacei e cannabis nel trattamento del dolore non hanno portato a radicali cambiamenti? Ma come fa Veronesi a non riconoscere l’enorme cambiamento portato, anche grazie a lui, dalla Legge sulle cure palliative e terapia del dolore del 9 marzo 2010? Farmaci specifici possono essere prescritti dal medico di medicina generale con procedura semplificata e tale legge pone il nostro Paese tra quelli più aggiornati nella terapia del dolore grave. Un bel successo diremmo noi, che sicuramente sarà seguito dalla possibilità di utilizzo dei cannabinoidi e derivati della cannabis a uso terapeutico che già peraltro sono a disposizione.
La cannabis non ha mai ucciso nessuno, afferma Veronesi. Certo, generalmente non uccide per “overdose” (e così pure il tabacco come giustamente Veronesi ricorda) ma molto più subdolamente, per patologie correlate, per comportamenti a rischio anche a danno dell’incolumità altrui. Il suo così diffuso uso è dovuto proprio alla sottostima dei gravi effetti comportamentali a causa del falso mito della sua presunta “innocuità”, oggi più che mai da sfatare per la più elevata concentrazione del principio attivo (Thc) nelle preparazioni a causa di nuove coltivazioni forzate o geneticamente modificate. Elevata concentrazione (ben superiore allo “storico” 3-5 %) che può portare anche a irreversibili danni a livello neuronale, soprattutto quando il sistema nervoso centrale è in evoluzione come negli adolescenti.La cannabis non è innocua, ma questo è il messaggio che sta alla base di qualsiasi proposta di legalizzazione, purtroppo oggi sostenuta da uomini di scienza, come Umberto Veronesi, che così facendo si mettono a servizio di una causa cattiva e dannosa per la salute e il futuro dei nostri figli.
* Ordinario di Tossicologia Forense – Università di Firenze. Direttore Struttura di Tossicologia Forense della Aou Careggi di Firenze e presidente Associazione Scientifica Gtfi