Caro D'Agostino, sulle Dat non mi rappresenti
«Quale membro del Consiglio centrale dell’Unione Giuristi Cattolici Italiani mi dissocio dalle considerazioni del presidente». Così afferma il presidente dell'Unione Giuristi Cattolici di Pavia in risposta allo sconcertante commento del professor Francesco D'Agostino che dalle colonne di Avvenire difende la legge sulle Dat.
In un articolo pubblicato su Avvenire il 30 marzo, il Presidente dell’Unione Giuristi Cattolici Italiani, Francesco D’Agostino, ritiene che la proposta di legge sul fine vita “non è in alcun modo finalizzata a introdurre in Italia una normativa che legalizzi l’eutanasia”. Chi ritiene il contrario leggerebbe il testo “in modo forzato”, analogamente a quanto farebbe un interprete “subdolo e malevolo”.
Quale membro del Consiglio centrale dell’Unione Giuristi Cattolici Italiani mi dissocio dalle considerazioni del Presidente, che dimostra a mio avviso di non aver compreso il testo della proposta di legge. Esso introdurrebbe, eccome, l’eutanasia nel nostro ordinamento. Lo argomenta bene l’appello del Centro Studi Livatino firmato da oltre 250 giuristi. Tra i profili critici delle riflessioni di D’Agostino, ne sottolineo tre.
In primo luogo, la proposta di legge snatura la professione medica, conferendo al paziente un potere sulle determinazioni del medico: il testo della proposta infatti prevede il diritto del paziente di dettare “disposizioni” di trattamento, che il professionista sarebbe obbligato ad eseguire.
In secondo luogo, il testo in discussione alla Camera prevede sì alcuni limiti alla volontà del paziente (la non contrarietà a norme legali, alla deontologia e alle buone prassi clinico-assistenziali). Ma questi limiti – a parte la loro genericità e dunque manipolabilità in sede giudiziale – sono contemplati unicamente per la richiesta positiva di applicazione di trattamenti sanitari. Al contrario, i limiti non operano con riguardo, in negativo, al “diritto” del paziente di rifiutare o interrompere le terapie e finanche l’idratazione e l’alimentazione artificiali (si v. gli artt. 1, comma 7, e 3, comma 4), queste ultime considerate tout court delle terapie. Con la conseguenza che il medico potrebbe essere costretto dal paziente ad atti eutanasici anche commissivi (per es. togliere una flebo contenente un antibiotico di rilievo vitale).
In terzo luogo, l’articolo di D’Agostino tace su altri profili gravi del testo in discussione, come l’eutanasia di minori e incapaci, decidibile dai genitori e tutori, a meno che un medico non si opponga e il giudice dia ragione al medico (cfr. art. 2).
Che proprio il Presidente dell’Unione Giuristi Cattolici Italiani si esprima in questo modo su punti così delicati, che ineriscono al diritto alla vita e al comandamento di non uccidere, non può che suscitare dolore e sconcerto.
* Consigliere centrale dell’Unione Giuristi Cattolici Italiani
Presidente dell’Unione Giuristi Cattolici di Pavia