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CALIFORNIA

Carcere a chi chiama un trans con il pronome giusto

Nella democratica California dopo il divieto a curare i propri figli, arriva l'obbligo a chiamare i pazienti delle cliniche di ricovero che si sentono del sesso opposto al quale appartengono come fossero tali. Pena la multa e il carcere. Così dal "chiedere diritti" gli attivisti Lgbt sono arrivati alla "punizione" di chi non sposa la loro visione. 

Libertà religiosa 09_09_2017
Dittatura gender

Dopo il divieto imposto ai genitori per legge di chiedere per i propri figli terapie psicologiche riparative delle ferite che producono pulsioni sessuali innaturali, in California sta per passare una norma altrettanto autoritaria. Approvata lo scorso febbraio dal senato statale la legge (il Senate Bill 219) sarò votata a breve dalla camera. La norma, introdotta dal senatore Scott Wiener, attivista Lgbt e sodomita dichiarato, non solo chiede diritti per chi (nonostante la realtà dica il contrario) vuole essere riconosciuto come appartenente al suo sesso opposto ma impone a tutti di affermare questa menzogna.

Come? Punendo gli operatori sanitari che rifiutano di chiamare i pazienti che lo desidererebbero con il pronome appartenente al sesso opposto. La legge prevede una multa di mille dollari, il carcere fino ad un anno o entrambi. E impone anche alle strutture sanitarie di permettere ai pazienti di vedersi assegnate le stanze destinate a persone del sesso opposto e di usare i bagni femminili o maschili a seconda di come “si sentono”. Naturalmente, nello Stato che ha votato in massa per la progressista radicale Hillary Clinton, le strutture religiose che non vogliano disobbedire all proprio coscienza sarebbero costrette a chiudere, mentre altre potrebbero decidere di piegarsi al diktat tradendola.

“Metterebbe in pericolo alcune delle istituzioni di matrice religiosa e che non volessero obbedire”, ha spiegato Ned Dolejsi, direttore esecutivo della California Catholic Conference. La norma contraddice palesemente il primo emendamento della costituzione americana che protegge la libertà di espressione, la quale può essere limitata nel caso di espressioni ingiuriose o diffamanti ma non può obbligare ad usare un certo vocabolario. Come ha spiegato il California Family Council, il governo non può obbligare nessuno a “usare un certo pronome”, aggiungendo che “questa non è tolleranza. Non è amore. Non è mutuo rispetto…la vera tolleranza, tollera le persone con differenti visioni…non è rispetto minacciare le persone di essere punite perché sostengono una visione diversa dalla propria”. Inoltre a rimetterci sarebbero anche gli anziani, i disabili e i malati cronici ricoverati, di solito curati da strutture religiose che potrebbero chiudere e che sono quasi le uniche ad occuparsi di loro.

Di più, perché il rispetto dell’altro nasce solo dal rispetto della realtà. Infatti, basterebbe pensare a una donna che si trovasse a dover dividere la stanza e il bagno con un uomo che si sente una femmina per capire chi è la vittima. Non sarebbe lei discriminata? E’ chiaro allora che se tutti sono liberi di credere in ciò che vogliono la legge deve invece riconoscere l’oggettività della realtà e seguirla per non essere violenta. Michael Brown, giornalista americano, parlando della norma ha ricordato quello che aveva profetizzato nel 2011 durante un dibattito televisivo con Cindy Jacobs, leader cristiana: “Gli attivisti usciti dal nascondiglio 40 anni fa prima dicevano “vogliamo i nostri diritti”. Poi hanno cominciato a riferirsi ad altri dicendo “dovere accettare i nostri diritti”. Poi hanno cominciato a riferirsi ai conservatori, specialmente quelli cristiani, dicendo “porteremo via i vostri diritti” e poi ci chiuderanno nel nascondiglio. O in prigione. Come mi ha detto un mio amico avvocato… “non solo escono allo scoperto per emarginarci ma vogliono portarci in carcere”. 

Eppure, quando Kim Davis fu arrestata per essersi rifiutata di obbedire all’ordine di un giudice di mettere la firma su un certificato che riconosceva le cosiddette “nozze” fra persone dello stesso sesso molti attivisti Lgbt si erano difesi dicendo che “questo non prova nulla - ha continuato Brown - perché è stata arrestata per non avere svolto il suo lavoro”. In realtà, siccome il Kentuky prevede diverse clausole di coscienza anche fra i lavoratori, il giudice avrebbe potuto scegliere altre vie, invece ha deciso di punire così la Devis. E' quindi ovvio dove si vuole arrivare. Non solo ad ottenere diritti folli ma ha punire che dissente.