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EDITORIALE

Cara futura mamma, non avere paura

Quindici ragazzi con Sindrome di Down ci guardano in faccia e ci dicono: siamo felici. Un video spot per sensibilizzare alla disabilità? Molto di più: un inno di amore e di speranza nella vita. La Francia, patria dei "nuovi diritti", censura il video: è lesivo per chi ha scelto l'aborto. Ma la "cultura della morte" non ha l'ultima parola...

Editoriali 18_11_2016
Mamma e figlia

 

 

Prima di leggere il seguente articolo, dovete assolutamente fare una cosa: guardate questo video. Guardatelo, guardatelo e se lo avete già visto (cosa molto probabile), non importa, guardatelo di nuovo.

Bene, ora possiamo iniziare. Perché questo video è da guardare? Perché questo video spalanca gli occhi, allarga il cuore e avvicina ad un giudizio che va ben oltre un progetto di sensibilizzazione sulla disabilità. Questo video dice a tutti: la vita è positiva. Di più: la vita contiene una promessa di felicità. Non importa se non la vediamo o non la riconosciamo e non importa nemmeno se, a noi, pare impossibile: la vita è positiva, sempre. Perché la vita, in fondo, è un atto di amore che inizia e continua all’infinito. Questo ci dicono quei quindici ragazzi con la Sindrome di Down. Proprio loro, che il mondo considera sbagliati, inadatti alla vita. Perché, parliamoci chiaro: dei 56 milioni di aborti che si consumano ogni anno, secondo le stime dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, una grandissima parte sono motivati dalla presenza di handicap, malformazioni e disabilità presunte. Ecco, questi ragazzi ci guardano in faccia e ci dicono: sappiamo parlare, scrivere, andare a scuola, viaggiare… ma, sopra ogni cosa, sappiamo amare. Di un amore così vero che vince la paura: siamo felici. «A volte sarà difficile – dicono – molto difficile, quasi impossibile», ma nei loro occhi brilla il sorriso e la certezza: «Cara futura mamma, non avere paura: tuo figlio potrà essere felice, come lo siamo noi. E anche tu.». Se questa non è una grande lezione per noi tutti, cos’è? Una lezione, di certo, per chi ritiene queste vite indegne. Ma anche per chi, magari dentro le difficoltà e di fronte ai propri limiti, perde la speranza o che, pur avendo molto, è infelice.

Ma veniamo al punto: in Francia questo video è stato censurato. E’ dei giorni scorsi la notizia che il Consiglio di Stato francese ha confermato la decisione presa due anni fa dal CSA (Consiglio Superiore per l’Audiovisione): la censura.  Il video realizzato da CoorDown (Associazione nazionale italiana delle persone con Sindrome di Down) in occasione della Giornata Mondiale sulla sindrome di Down 2014 e destinato alla diffusione come “pubblicità progresso” in tutto il mondo, non potrà essere trasmesso sulle reti televisive francesi.

Perché mai un video del genere dovrebbe essere censurato? In un mondo che ha l’ossessione di inventarsi un diritto, ad ogni battito di ciglia, perché questo video non ha il diritto? In una società che vede discriminazioni ovunque, soprattutto dove non ci sono, perché questa assurda discriminazione? Forse le persone Down non hanno nemmeno il diritto di parola? No. Ovvimente, questo sarebbe troppo politicamente scorretto da sostenere. E, infatti, il Consiglio Superiore per l’Audiovisione e il Consiglio di Stato francesi non hanno detto questo. Hanno detto di peggio: il filmato può "disturbare la coscienza delle donne che, nel rispetto della legge, hanno fatto scelte diverse di vita personale". Ovvero, l’aborto.  Ricapitoliamo: c’è un filmato che tutela i diritti delle persone con disabilità, che protegge i più deboli, che fa corretta informazione, che esercita il diritto alla libertà di parola e di espressione e che, indirettamente, è un inno all’amore e alla vita. NO: l’aborto viene prima di tutto. Come si chiama questa se non “cultura della morte”?

La pensa esattamente così Jean Marie Le Méné, il presidente della Fondazione francese Jérôme Lejeune, partner di CoorDown nel progetto: «È una singolare concezione della vita umana quella che mette sulla stesso piano la sua conservazione e la sua distruzione, come se i due atti avessero lo stesso valore. In effetti l’esperienza mostra che le donne che hanno donato un giorno a un bambino con disabilità non rimpiangono l’aver scelto la vita. Quelle che hanno fatto una scelta diversa soffrono visibilmente di una forma di senso di colpa. Da qui, la decisione del Csa di sottrare alla loro vista i bambini con trisomia felici. Il Consiglio di Stato ha deciso che la libertà d’espressione delle persone con trisomia deve inchinarsi al diritto all’aborto». E afferma che la Fondazione non può in ogni modo accettare una scelta che «conduce ad aggravare l’anestesia delle coscienze sull’eugenetica, dal momento che il 95% dei bambini con sindrome di Down scoperti prima delle nascita non sopravvivono a questa politica di eliminazione». Per queste ragioni CoorDown e la Fondazione Jérôme Lejeune hanno deciso di ricorrere alla Corte europea per i diritti dell’uomo contro «un atto che lede i diritti umani e la liberta di espressione delle persone con sindrome di Down. Le quali, non solo hanno il diritto di essere felici, ma anche quello di esprimere il loro punto di vista ed essere ascoltati».

Nel frattempo il video pubblicato sul web - che non conosce censura - ha già raggiunto oltre 7milioni di visualizzazioni in tutto il mondo. A dimostrazione del fatto che esiste ancora un popolo che si commuove di fronte alla verità, che resiste, che non vuole cedere a questa prepotente cultura della morte, nascosta nelle vesti del politicamente corretto. E allora: guardiamo tutti questo video, facciamolo vedere, condividiamolo, diffondiamolo. E forse, questa volta, sarebbe proprio il caso di dire #jesuisdown. Ah no, scusate, questo non lo possiamo dire, perché i compagni politicamente corretti, sono così corretti, che riderebbero di noi.