Capolavori allo specchio: le copie d'arte della Sembianti
Tiziana Sembianti è l'artista che rifà pari pari i grandi capolavori della pittura. Sono copie perfette, riprodotte usando tecniche e materiali degli autori originali. A Milano, dal 2 luglio, sotto il titolo è “Capolavori allo specchio” saranno radunate alcune sue riproduzioni tra le opere più note della storia dell’arte. Da non perdere.
UN VAN GOGH IN SALOTTO, ADESSO SI PUO' di Luigi Santambrogio
Vi ricordate di Tiziana Sembianti? No? Lo immaginavo, perché non è famosissima, anche se a mio avviso dovrebbe esserlo. Provo a rinfrescarvi la memoria. L’anno scorso parlai della sua opera pittorica su queste colonne, dopo averla vista campeggiare tra i Tipi Italiani, la rubrica domenicale che il re degli intervistatori nazionali, Stefano Lorenzetto, tiene da quasi settecentocinquanta puntate sul Giornale (ciò gli è valso l’inserimento nel Guinness dei Primati e il mio disappunto perché la mia, di rubrica, sullo stesso giornale, è più vecchia e affollata della sua).
Ancora il nome della pittrice non vi dice niente? Allora provvedo: è colei che rifà pari pari i grandicapolavori della pittura. Sono copie perfette perché la Sembianti le riproduce usando le stesse tecniche e gli stessi materiali degli autori originali. Ciò richiede anni di studio preventivo e anni di messa in opera. Le riproduzioni sono, appunto, perfette, ma non le può chiamare “falsi” perché l’autrice li firma. Perché lo fa? Oppure: perché, visto che è così brava, non dipinge quadri suoi? La risposta è semplice: i capolavori dei grandi maestri del passato sono inarrivabili, e il piacere nel ridipingerli sta nel cercare di capire come diavolo hanno fatto Leonardo, Vermeer, Caravaggio eccetera. Il motto della Sembianti è: «Copiare i grandi maestri per imparare da loro». Il che denota, quanto meno, umiltà. L’umiltà, lo ricordo, è una virtù cristiana e non consiste nell’assumere atteggiamenti fantozziani, bensì essere consci del proprio valore, una coscienza che però deve essere esatta: non sopravvalutarsi (che sarebbe superbia) ma neanche sottovalutarsi (che sarebbe falsa modestia o, peggio, complesso di inferiorità nonché mancanza patologica di autostima). Da qui il suo mettersi davanti a un capolavoro, trovarlo insuperabile e dirsi con semplicità: non potrei fare di meglio, ma uguale forse so farlo; anche se, naturalmente, l’ispirazione originale è irriproducibile.
La bellezza ci salverà, si sente dire da più parti. Vero. Ma è quando si chiede “quale?” che nascono i problemi. Proprio il mio precedente articolo sull’attività della Sembianti e i commenti con cui lo accompagnai generarono un simpatico scambio di mail tra me e una nostra firma, Massimo Introvigne, per il quale tracce di bellezza si può trovarle anche nell’arte moderna e contemporanea. Che al sottoscritto, invece, fa schifo. Ognuno, ovviamente, è rimasto della sua idea. Infatti, continuo a ritenere che non è “arte” un’opera che abbisogna di qualcuno che mi spieghi che cosa accidenti sto guardando. Già, perché non saprò mai se l’artista è quello che l’ha fatta o quello che me la spiega. Un buon sofista è perfettamente in grado di convincermi a forza di parole che quel che a me sembra solo un buco nel muro è invece un colpo di genio artistico. Perciò, preferisco una Madonna o un mazzo di fiori o perfino un quarto di bue appeso, di fronte ai quali anche l’incompetente, qual io sono, possa almeno dire: «mi piace» o «non mi piace». Poi, ben venga l’esperto che aggiunga a voce tutto ciò che la mia incompetenza non è in grado di cogliere. Insomma, c’era un tempo in cui l’arte era democratica e tutti, anche l’ultimo ignorante, poteva goderne.
L’arte odierna –sempre che arte sia- è elitaria. Non aristocratica, attenzione, bensì radical-chic. Così la penso io, perciò invito tutti quelli che la pensano come me alla mostra che Tiziana Sembianti terrà a Milano dal 2 luglio (inaugurazione, ore 18) all’1 agosto p.v. Il titolo è “Capolavori allo specchio” e per la prima volta saranno radunate diciotto sue riproduzioni di alcune delle opere più note della storia dell’arte, dalla Dama con l’ermellino di Leonardo alla Ragazza con l’orecchino di perla di Vermeer. La pittrice ci ha messo venticinque anni per farle, dopo avere visitato i musei di tutto il mondo, dialogato con i restauratori, compiuto approfondimenti, studi tecnici e pure letterari. Il luogo è il Museo Fondazione Luciana Matalon, Foro Buonaparte 67, Milano (tel. 02.878781). Ci vediamo là, al vernissage (come si suol dire).