Cannoni all'India in cambio di Latorre e Girone
La questione dei marò potrebbe essere risolta grazie ai cannoni. Non nel senso di prendere a cannonate l'India, ma vendendo alla marina di New Delhi i nuovi cannoni navali italiani. I militari indiani sono interessati alle nostre armi e potrebbero premere per una normalizzazione delle relazioni. Che sia la strada giusta?
Saranno i cannoni a dare una mano a risolvere la crisi tra Italia e India e a riportare a casa Massimiliano Latorre e Salvatore Girone? Non si tratta di ipotizzare un conflitto tra i due Paesi, poiché i cannoni in questione sono 13 gioielli del “made in Italy” realizzati da Oto Melara (Finmeccanica) che l’India vuole imbarcare sulle navi più grandi e moderne della sua flotta, che punta a bilanciare la crescente potenza navale cinese in Asia.
Circa i marò, negli ultimi giorni hanno avuto molto spazio sui media le notizie dal fronte giudiziario e politico. Innanzitutto la decisione della Corte Suprema (dopo aver sentito il parere del governo di Delhi) di prolungare di tre mesi il permesso di restare in Italia a Latorre. Poi la risoluzione approvata dal Parlamento europeo che chiede il rimpatrio dei due militari perché vengano giudicati in Italia. Un’iniziativa salutata con entusiasmo a Roma ma decisamente poco gradita in India dove il governo ha reagito con fastidio.
"In base alle circostanze - ha dichiarato il portavoce del ministero degli Esteri indiano, Syed Akbarrudin - sarebbe stato consigliabile che il Parlamento europeo non avesse adottato questa risoluzione".
Stranamente, però, la notizia che i cannoni italiani Oto Melara 127/64 LW Vulcano sono stati selezionati dalla Marina indiana, per equipaggiare cacciatorpediniere e fregate, non ha avuto nessuna eco in Italia. Anzi, la notizia è stata resa nota dal settimanale specializzato britannico Jane’s Defence Weekly e costituisce una notizia importante anche per superare le conseguenze della vicenda delle supposte tangenti pagate da Agusta Westland (Finmeccanica) per vendere all’India 8 elicotteri AW-101 e che un anno or sono portò all’esclusione del gruppo industriale italiano dalla grande fiera dei prodotti della Difesa indiana DefExpò.
Il contratto da 243,5 milioni di dollari per i cannoni non è stato ancora firmato, poiché devono ancora essere eseguite le prove di tiro e devono essere negoziati i dettagli dell’accordo, ma il 127/64 Vulcano, dotato di munizionamento “intelligente” a guida satellitare, è rimasto l’unico in gara dopo il ritiro dei concorrenti britannici di Bae Systems che non hanno trovato conveniente sottostare alle rigide regole poste dal Ministero della Difesa indiano.
Solo 3 dei 13 cannoni potranno infatti venire prodotti all’estero mentre i rimanenti dieci dovranno venire realizzati su licenza dall’azienda indiana Bharat Heavy Electricals Limited (Bhel) che otterrà così importanti ricadute in termini di conoscenze tecniche.
Inoltre il Ministero della Difesa indiano ha imposto che l’appaltatore si faccia carico della fase di avvio della produzione in India, dei tempi di produzione e del controllo di qualità ma senza avere la supervisione esclusiva sul programma.
Un rischio che Bae System ha ritenuto sproporzionato ritirando dalla gara il cannone Mk 45 calibro 127/62. Oto Melara ha invece preferito acquisire la commessa che ha un suo peso commerciale e finanziario, specie in tempi di crisi che non risparmiano certo l’industria della difesa.
Pare comunque evidente che l’India volesse il cannone italiano, considerato il migliore sul mercato nella sua categoria, Infatti l’ordinamento indiano prevede che in presenza di una sola offerta non vengano assegnati appalti pubblici, ma tra le eccezioni vi sono, guarda caso, le impellenti esigenze operative delle forze armate.
Anche il blocco delle commesse a Finmeccanica, per la questione ancora aperta degli elicotteri di AgustaWestland, non sembra essere evidentemente più un problema di fronte all’esigenza indiana di acquisire i cannoni e forse altri armamenti ed equipaggiamenti italiani. Le autorità indiane hanno infatti fatto sapere che il blocco dei contratti con Finmeccanica e con le sue società controllate (oggi divisioni) non riguarda le acquisizioni giunte ad una fase avanzata delle trattative.
“Finmeccanica ha 39 aziende controllate. Dovremmo stoppare i contratti con tutte? Io non credo. Le forze armate hanno bisogno di equipaggiamenti” ha detto il ministro della Difesa indiano, Manohar Parrikar, il 12 dicembre. Il contratto per i cannoni navali sembra quindi costituire un sintomo del progressivo ritorno alla normalità nelle relazioni tra Italia e India che potrebbe influire positivamente anche sulla vicenda di Latorre e Girone, la cui soluzione è auspicata anche da molti ambienti indiani, inclusi quelli militari ed economici.
Lo dimostra chiaramente il fatto che il 15 gennaio il giornale The Economic Times (quotidiano che nelle ultime settimane ha seguito con più attenzione il caso marò pubblicando molte indiscrezioni ed esclusive) ha invitato in un editoriale a chiudere la querelle con l’Italia riconsegnando a Roma i due militari.
"Mettiamo fine a questa farsa, mandare a casa i marines italiani perché siano processati in un tribunale militare a Roma è la cosa migliore da fare" si legge nell’articolo che ricorda come il governo del premier Narendra Modi "sta valutando un accordo consensuale con l'Italia per risolvere la questione". In termini molto espliciti l’editoriale aggiunge che "questa è davvero l'opzione migliore” poiché "il governo indiano, esattamente come il suo predecessore, non ha alcun interesse nel punire i due marò, considerato il fatto che sono in gioco le relazioni diplomatiche dell'India con l'Ue. Gli italiani lo sanno bene e hanno condotto il gioco diplomatico alla perfezione, conducendo l'India in una trappola giuridica".
Paradossale che sia un giornale indiano a esprimere apprezzamenti sulla gestione della crisi da parte del governo italiano, ma è evidente che gli ambienti economici di Delhi temono boicottaggi o rallentamenti nella firma dell’accordo di libero scambio tra India e Ue. Un tema che, insieme a quello strategico delle forniture militari, potrebbe rivelarsi decisivo per la soluzione di una crisi durata tre anni.