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San Giovanni da Kety a cura di Ermes Dovico

EDITORIALE

Cambiare l'uomo: solo il Vangelo può

Il Vangelo, se vissuto in modo autentico da noi cristiani, ha la forza di cambiare l’uomo, la società, l’umanità. Se svuotato della sua forza, mantiene il mondo come è. Ecco la nostra responsabilità di fronte all’umanità e alla storia. E l’Avvento è il tempo della nostra conversione.

Editoriali 09_12_2012
san Giovanni Battista

Il Vangelo di Luca (Luc 3, 1-6) è solenne e tremendo. Giovanni Battista si presenta e predica la conversione: “Voce di uno che grida nel deserto: preparate la via del Signore, raddrizzate i suoi sentieri. Ogni burrone sarà riempito, ogni monte sarà abbassato, le vie tortuose diverranno dritte, quelle impervie spianate. Ogni uomo vedrà la salvezza di Dio”. L’Avvento è l’inizio dell’anno liturgico ed è anche l’inizio della nostra vita spirituale. Il significato dell’Avvento è l’attesa di Cristo che viene e la figura dominante è quella di Giovanni Battista che prepara la via al Signore. 

Giovanni Battista vive nel deserto, luogo vuoto che nella Bibbia prepara l’incontro con Dio. Il deserto è il nulla dell’uomo. Per ricevere Gesù che nasce, dobbiamo svuotarci di noi stessi, riconoscere la nostra debolezza. 

Pochi anni fa, nel 2006, ho fatto il secondo viaggio nel deserto del Sahara, in Libia per andare dalla capitale Tripoli alla città di Sebha 900 chilometri più a sud. Quasi due giornate di viaggio in jeep. Nel deserto non c’è vita, non ci sono alberi, non ci sono animali, solo sabbia e rocce infuocate. Il deserto ci richiama il nostro nulla davanti alla natura, davanti a Dio Creatore e Padre, il male dei nostri peccati.     
L’umiltà fa bene a tutti, è la base, il fondamento di una vita cristiana. Se non coltiviamo il pensiero della nostra piccolezza e miseria, siamo antipatici a tutti e non possiamo vivere pienamente la gioia del Natale. Il sentimento che viviamo nell’Avvento è l’attesa che Gesù venga a salvarci. Se c’è l’acqua, anche nel deserto nasce la vita. Nei nostri cuori, quando, coscienti del nostro peccato, accogliamo Cristo che viene in noi, incomincia una vita nuova.

Noi tutti viviamo due vite: quella materiale nella quale invecchiamo fisicamente, diminuiscono le forze, vengono nuove malattie, ci avviciniamo alla morte fisica. Ma abbiamo anche la vita spirituale che non invecchia, anzi ricomincia da capo ad ogni Avvento, ad ogni Pasqua di Risurrezione.
Che grande cosa la fede! Come cristiani siamo sempre giovani, la nostra vita ricomincia da capo quando noi lo vogliamo, specialmente nell’Avvento, quando dobbiamo vivere i due sentimenti dell’umiltà e dell’attesa. Se crediamo alla Parola di Dio che ci viene comunicata oggi da San Giovanni Battista, noi viviamo questo Avvento nell’orizzonte del Salvatore che viene e nella speranza che rinnovi la nostra vita, nella gioia di saperci amati da Dio.

Gli uomini e donne del nostro tempo vorrebbero restare sempre giovani, non invecchiare mai, si dice che presto si potrà vivere fino a 120 anni! Ma noi cristiani, se viviamo nello spirito del Vangelo, siamo davvero sempre giovani di spirito: “Se non diventerete come bambini – dice Gesù – non entrerete nel Regno dei Cieli”. Questo è lo spirito dell’Avvento: rinnovare la nostra vita spirituale e, di conseguenza, anche la nostra vita fisica.
    
Giovanni Battista predicava il battesimo di conversione per il perdono dei peccati. Anche noi abbiamo bisogno di convertirci a Cristo, di entrare in una nuova vita. Deve maturare in noi la convinzione che dobbiamo lasciarci guidare dalla grazia del Natale per iniziare una vita nuova. Non pensiamo di essere già arrivati, dobbiamo ancora compiere un lungo cammino, per essere come Dio ci vuole.

La prima risposta a Dio è la fede, una fede che conta nella vita, che cambia la mia vita, mi corregge dei miei difetti e peccati e mi dà una visione nuova della storia, più ottimistica e piena di speranza. Se io sto sinceramente con Dio, di cosa mai dovrei avere paura? La mia grande nonna Anna (seconda elementare) che mi ha educato alla fede, mi diceva sempre: “Piero, se tu stai con Gesù, Gesù starà con te!”.
Cari amici, noi certo abbiamo la fede, ma com’è questa fede? Una fiammella vacillante oppure il sole di mezzogiorno che riscalda, illumina, conforta, consola? Cosa conta la fede nella mia vita?  Noi oggi chiediamo al Signore: “Aumenta la mia fede!”, come Marcello Candia. “Donami la conversione del cuore!”.
 
La prima volta che sono andato in Cina nel 1973 durante la “Rivoluzione culturale”, ho letto il Libretto rosso di Mao: “La vera rivoluzione è cambiare il cuore dell’uomo”. Bello! Mao pensava di cambiare il cuore dei cinesi con le leggi, con i grandi ideali di servire il popolo e la patria imposti con violenza, la sua rivoluzione è fallita. Gesù è venuto a cambiare il cuore dell’uomo con l’amore, la fede, il suo personale esempio e la grazia dello Spirito Santo.

Il Vangelo, se vissuto in modo autentico da noi cristiani, ha la forza di cambiare l’uomo, la società, l’umanità. Se svuotato della sua forza, mantiene il mondo come è. Ecco la nostra responsabilità di fronte all’umanità e alla storia.
Ricordo i comunisti che dicevano: “Dopo duemila anni di cristianesimo il mondo non l’avete cambiato. Adesso lo cambiamo noi”. Loro non hanno cambiato il mondo, anzi l’hanno peggiorato. Il cristianesimo è l’unica e vera rivoluzione della storia umana perché cambia l’uomo dall’interno e quindi cambia anche l’umanità, il mondo.

L’Avvento è il tempo della nostra conversione ad una vita nuova, perché non siamo come Gesù ci vuole. Felice Tantardini di Introbio (Lecco, 1898-1991), fabbro e fratello missionario del Pime era umile e disponibile. Tutti lo ritenevano un santo. Dopo 35 anni di missione, nel 1956 viene in Italia perchè aveva le gambe gonfie e doloranti. I medici non sapevano come curarlo e minacciavano di tagliargli le gambe. Scrive al vescovo che senza gambe non verrà più in Birmania. Il vescovo gli risponde: “Con gambe o senza gambe torna, perché abbiamo bisogno di te”. Lui pregava i superiori di rimandarlo: “Non voglio mettermi in pensione”, diceva.
 Il Signore gli concede di tornare con le due gambe e ha lavorato ancora per altri 36 anni! Felice era un uomo che si lasciava guidare dalla grazia dello Spirito e dall’esempio di Gesù e ha cambiato quel piccolo mondo in cui viveva. A vent’anni dalla morte è ancora ricordato e pregato ed è “Servo di Dio”, prossimo Beato!