Caccia al microbiota che infiamma ll contagio da Covid
«Sono le le citochine infiammatorie a provocare l'effetto coagulante, che è all’origine della formazione di trombi nei casi di Covid. Ma è un problema che non è stato considerato». La Bussola intervista il professor Massimo Cocchi che ha scoperto le interazioni tra il microbiota intestinale e le infiammazioni che fanno peggiorare il Coronavirus.
- «IO CURATA A CASA» di Angela Pellicciari
Ampliare la prospettiva, per non continuare a perseverare nell’errore che l’unica soluzione al problema della pandemia sia il lockdown. Il professor Massimo Cocchi, laureato in Medicina e Chirurgia all’Università di Bologna, specializzato in Biochimica della Nutrizione e docente di Alimenti e Nutrizione Umana, spiega alla Bussola il processo infiammatorio che è all’origine di molti problemi di chi viene oggi ricoverato per Covid-19. Attualmente, è Presidente del Research Institute for Quantitative and Quantum Dynamics of Living Organisms. Center for Medicine, Mathematics & Philosophy Studies”.
Dott. Cocchi lei ha studiato il microbiota intestinale e il ruolo fondamentale che esso gioca per la salute. Che cos’è questo microbiota?
E’ quell’insieme di batteri, virus, parassiti, etc., che formano una “comunità” nel nostro intestino e che svolgono tutta una serie di funzioni essenziali. Mantenerlo o riportarlo in equilibrio è fondamentale per la salute.
In un articolo dello scorso aprile, lei ha approfondito il collegamento tra un microbioma disbiotico e tutta una serie di patologie esplose durante questa pandemia.
La realtà del microbiota intestinale sembra banale, perché la televisione semplifica tutto quanto. Il problema però è serio. Tutto ciò che si sviluppa a seguito delle alterazioni del microbiota è silente, non è visibile; per cui tante cose possono insorgere e nessuno riesce mai a trovare il bandolo della matassa. Ho fatto questi studi perché mi occupavo di markers della depressione ed è venuto fuori questo legame così preciso. Andammo a fare i markers classici delle citochine pro infiammatorie e vedevamo che erano alte. All’epoca, intorno al 2010, non capivo perché. Poi, andando ad approfondire queste situazioni, scoprimmo che c’era la possibilità che in seguito a fenomeni disbiotici e situazioni di stress, il triptofano [aminoacido precursore della serotonina] veniva distrutto e trasformato in una sostanza che non prende la via della serotonina; da un lato, la serotonina dunque calava e, dall’altro, le condizioni molecolari delle membrane non le consentivano di entrare; passavano invece le sostanze pro infiammatorie. E lì si cucì tutto il giro e capii il percorso non solo nella depressione, ma anche di altre situazioni, perché queste citochine infiammatorie passano la barriera intestinale e arrivano ovunque, innescando meccanismi infiammatori.
Disbiosi intestinale, processo infiammatorio. E poi cosa succede?
Le citochine infiammatorie attivano le piastrine, le Mast Cell, gli Astrociti e si va a provocare un effetto coagulante, che è all’origine della formazione di trombi. Ho scritto questo articolo il 17 di aprile, quando ancora nessuno aveva capito che l’infiammazione era probabilmente la causa primaria dell’attivazione delle piastrine, dell’attivazione dei microtrombi, e quindi si sbagliavano le terapie. Questo mi lascia attonito, perché chi fa il mio mestiere di ricercatore non può non pensare a queste cose. Quando si è incominciato a fare le autopsie, che erano state incredibilmente scoraggiate, questa tesi è stata confermata.
A questo punto, si può prospettare una una prevenzione diversa dal semplice indossare le mascherine e tenere le distanze?
Questa infiammazione, che certamente esiste, ha tutta una serie di ricadute a livello generale dell’organismo, che possono essere controllate. Non posso uccidere il virus, ma certamente posso favorire il controllo di queste situazioni. Non è tanto una protezione dal virus, ma un rinforzo dell’immunità. Ci sono dei presidi che possono essere adottati per controllare, oltre al virus, tutto ciò che può concorrere ad aggravare le varie patologie. Questo credo sia ragionevole pensarlo e farlo.
Il processo infiammatorio silente da lei descritto, può forse in parte spiegare anche l’aggravarsi di persone che, apparentemente, non avevano patologie pregresse.
Si potrebbe ipotizzare che ci fosse quel processo silente di cui parlavo. Io ho trovato diversi lavori che indicavano infiammazioni gravi in persone col Covid-19. Penso che il problema debba essere affrontato da più punti di vista. Questo determinismo dell’infiammazione silente, delle sostante pro infiammatorie in circolo, l’attivazione di cellule particolari come le piastrine e i mastociti è purtroppo un problema che non è stato considerato. Non so perché. Si vede che l’infiammazione silente non fa abbastanza audience. Io credo che oggi non ci sia sufficiente attenzione su come controllare il processo infiammatorio in atto; ma è fondamentale, perché comporta rischi significativi e sostanziali.
Lei e il suo gruppo di lavoro siete gli unici al mondo ad aver trovato i markers della depressione. Qual è l’impatto dell’ansia sui processi infiammatori?
Sì, siamo gli unici al mondo in grado di fare diagnosi psichiatrica attraverso i markers molecolari e le riviste scientifiche di un certo livello iniziano a pubblicare i nostri lavori. Ai primi di aprile già si sapeva che, oltre alla pandemia virale, sarebbe scoppiata la pandemia dell’angoscia. Lo stress è una delle principali ragioni di quel fenomeno che si chiama disbiosi e che si muove, lo ripeto, in modo silente. Nessuno lo percepisce, ma c’è e va a fare danno. Quindi, a catena, in questa sorta di loop, ci sta sia l’attivazione delle piastrine, con l’esplosione di fenomeni di ipercoaguabilità e formazione di microtrombi, così come l’attivazione di altre cellule, di cui nessuno parla, che sparano fuori materiale pro infiammatorio. Ecco che allora stress e ansia, in chi è predisposto, in un certo senso causeranno un problema psicopatologico e un rischio maggiore di formazione di questi microtrombi. E’ questo il circuito perverso, che non è facile controllare, se non utilizzando probiotici adeguati, che possano ridurre lo stato di disbiosi intestinale e controllare l’infiammazione dell’intestino.