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CONTINENTE NERO

Burundi offeso da dieci asini regalati da Parigi

Il governo del Burundi offeso per il dono di 10 asini, da parte della Francia, a un'Ong che opera in loco. Dietro l'incidente diplomatico si celano ovviamente altre ragioni: i rapporti tra la Francia e il presidente (di etnia tutsi) del nemico Rwanda. Se 10 asini vengono rifiutati sdegnosamente, i miliardi europei, però, sono sempre ben accetti.

Esteri 08_06_2018
Asini in Africa

L’ambasciata di Francia in Burundi ha regalato dieci asini a una Organizzazione non governativa locale che sta realizzando un progetto nella provincia di Gitega per aiutare donne e bambini a trasportare raccolti, acqua e legna. Ne è nato un incidente diplomatico. Un consigliere del presidente burundese Pierre Nkurunziza ha definito il dono “un insulto alla nazione”, riportava il 28 maggio la Agence France Presse, e il presidente del senato Gabby Bugaga con un tweet ha commentato: “la Francia con questo dono ci dice di considerarci alla stregua degli asini. Siate onesti, quando mai gli asini sono simbolo di qualità?”

L’ambasciatore francese Laurent Delahousse ha risposto lodando gli asini, definendoli “i Land Cruiser del regno animale”. Ha inoltre fatto presente che un analogo progetto finanziato da più di un anno dal Belgio nella provincia di Ruyigi non ha provocato reazioni offese. Ciononostante gli animali sono stati requisiti dal governo con un pretesto. Siccome gli asini non sono una specie autoctona in Burundi, l’ambasciata li ha acquistati in Tanzania. Il ministro dell’agricoltura Deo Guide Rurema ha pertanto ordinato all’amministrazione di Gitega di “provvedere all’immediato sequestro di tutti gli asini… che sono stati consegnati senza rispettare il protocollo previsto per gli animali esotici”. La Francia replica che in realtà tutte le procedure riguardanti l’importazione di animali sono state osservate. “Questa politicizzazione a oltranza di un semplice microprogetto – ha commentato l’ambasciatore Delahousse – ha conseguenze catastrofiche per gli agricoltori a cui il progetto era destinato e per l’Ong che lo ha elaborato e che si proponeva di introdurre con il tempo un migliaio di asini nella regione”.

Il mondo comprensibilmente non ha prestato molta attenzione a questo imbarazzante incidente che tuttavia merita qualche considerazione. La prima è che per quanto, come fa notare il corrispondente dal Kenya Franco Nofori, i sentimenti di gratitudine siano “alquanto tiepidi in terra d’Africa”, la reazione al dono francese “fa sorgere qualche legittimo dubbio sulla sanità mentale delle autorità burundesi. A meno che, dietro l’ostentazione di dignità offesa, non si celino altre ragioni”. A spiegarle alla Afp, chiedendo l’anonimato, ci ha pensato un diplomatico europeo: la questione degli asini è la risposta alla recente visita a Parigi del presidente del vicino Rwanda Paul Kagame, un avversario perché di etnia Tutsi mentre il presidente del Burundi Pierre Nkurunziza è un Hutu, e alle severe critiche francesi al referendum con cui il Burundi ha adottato un emendamento costituzionale che consente al presidente, in carica dal 2005 e due anni fa investito di un terzo mandato in violazione della legge elettorale, di candidarsi altre due volte e quindi quasi sicuramente di conservare il potere fino al 2034. 

Rifiutare un dono dichiarandolo offensivo quando si tratta di dieci asini destinati alle donne di un villaggio è un conto. Altro è farlo quando si tratta di milioni di dollari. Il presidente del Burundi e il suo governo difatti non sembrano per niente mortificati quando ogni anno accettano i fondi internazionali che costituiscono il 40% del bilancio statale. Né Nkurunziza né i suoi colleghi si sentono offesi quando ricevono milioni di dollari dalla cooperazione internazionale, neanche quando servono a risolvere qualche emergenza umanitaria provocata proprio da loro. Non si offendono per la buona ragione che sono loro a chiederli, di continuo. Pochi giorni or sono lo ha fatto Alpha Condé, presidente della Guinea Conakry nonché presidente di turno dell’Unione Africana. Il 29 maggio, ospite dell’Europarlamento, ha auspicato una partnership più stretta tra Africa e Unione Europea e ha detto di fare affidamento sull’UE per la realizzazione di un “vero e proprio Piano Marshall per l’Africa”, necessario ad “affrontare alla radice le cause dell’emigrazione”.

Ha detto proprio “Piano Marshall”, come se non sapesse quanti ne sono già stati finanziati in oltre mezzo secolo, dalla fine della colonizzazione europea. Ogni anno decine di miliardi di dollari, quasi tutti forniti dall’UE, dai suoi stati membri, da Gran Bretagna e Stati Uniti, si riversano sul continente per realizzare progetti di sviluppo, far fronte alle emergenze umanitarie, saldare debiti pubblici, pagare le spese elettorali, assistere sfollati e rifugiati, tenere aperti e funzionanti ospedali e scuole, riempire le casse statali, mantenere le missioni di peacekeeping, tenere incollati ai tavoli negoziali i portavoce dei gruppi armati e dei governi in guerra, combattere il terrorismo islamico…

Il presidente del Parlamento europeo Antonio Tajani ha rassicurato Condé: “il Parlamento europeo – ha promesso – chiederà più fondi per un vero e proprio Piano Marshall”; altri miliardi per “aiutarli a casa loro”, dunque, come ingenuamente chiedono molti europei. Ma prima o poi, per “affrontare alla radice le cause dell’emigrazione”, quella clandestina, e dei ben più grandi problemi che affliggono l’Africa, qualcuno dovrà finalmente avere il coraggio di dire, al presidente Condé  e agli altri leader africani, che sono loro la causa prima, loro la radice di quei problemi per il modo in cui esercitano il potere.

L’ “insulto alla nazione” del Burundi è la questua senza ritegno dei suoi governanti. L’insulto è che in Burundi si debba muovere la cooperazione internazionale persino per dieci asini con cui trasportare acqua e legna. Sempre che poi non manchino finimenti, cesti e carretti.