Bufera sul Csm. E in gioco c’è pure il dopo Mattarella
Tiene banco il caso Amara con la diffusione di verbali segreti contenenti gravi accuse, non confermate, contro alti esponenti del mondo politico e giudiziario unitisi nella presunta loggia “Ungheria”. Prosegue così il terremoto nel Csm dopo le scosse del caso Palamara. E i veleni di questi giorni potrebbero essere un modo per escludere un Mattarella-bis o l’outsider Conte al Quirinale.
Sono tanti gli indizi. Sia ben chiaro, non fanno una prova, ma alimentano dubbi e suggeriscono chiavi di lettura. Dopo il caso Palamara e il libro rivelatore scritto dal direttore del Giornale, Alessandro Sallusti, sotto forma di intervista all’ex capo dell’Associazione nazionale magistrati (Anm), si addensano altre nubi sulla credibilità della magistratura. Probabilmente siamo solo agli inizi di un regolamento di conti destinato ad allungare le sue propaggini fino al voto per il Colle.
Storicamente, ogni corsa per la Presidenza della Repubblica si rivela una partita complessa all’insegna di colpi bassi, vendette, tranelli, e anche questa per la successione a Sergio Mattarella, in calendario fra meno di dieci mesi, non sfuggirà al ben noto spartito.
Se la notizia sui voli di Stato usati con disinvoltura dalla seconda carica dello Stato, la presidente del Senato, Maria Elisabetta Alberti Casellati, serve ad alcuni ambienti di sinistra per stoppare sul nascere le sue ambizioni quirinalizie, se Romano Prodi per poter ambire al Colle deve fingere di avervi rinunciato già da tempo a causa dell’età, se il processo Ruby-ter impedirà di fatto a Silvio Berlusconi di poter avanzare la sua candidatura, anche per interposta persona, i veleni delle ultime ore all’interno della magistratura potrebbero essere un modo per escludere un Mattarella-bis (anche di un anno, fino alla conclusione naturale della legislatura) e per tagliare le gambe a possibili outsider come l’ex premier Giuseppe Conte, che esce molto male dall’ultima fuga di notizie all’interno del Consiglio superiore della magistratura (Csm, l’organo di autogoverno della magistratura) e di importanti procure italiane. In fondo i grillini hanno i gruppi più numerosi in Parlamento e potrebbero fare la voce grossa in favore di un loro candidato, e l’unico in grado di mettere in imbarazzo anche il Pd e Leu è proprio Giuseppe Conte, al quale sarebbe difficile dire di no.
A beneficio di quanti fanno giustamente fatica a districarsi nei meandri delle polemiche degli ultimi giorni, ricordiamo che il caso Amara riguarda alcuni verbali segreti contenenti gravi accuse non confermate contro alti esponenti del mondo politico e giudiziario che sarebbero stati fatti circolare tra i magistrati e consegnati ad alcuni giornalisti. La vicenda si inserisce nel contesto di uno scontro molto forte all’interno della magistratura, il cui epicentro è proprio il Csm. Le scosse provocate dall’indagine su Luca Palamara e dal libro scritto dal direttore del Giornale, Alessandro Sallusti, su di lui e con lui, stanno destabilizzando non poco il mondo delle toghe.
I verbali di cui si parla in questi giorni sarebbero stati compilati tra il dicembre 2019 e il gennaio 2020 nella Procura di Milano e conterrebbero le dichiarazioni di Piero Amara, un avvocato siciliano coinvolto come testimone d’accusa in numerosi processi recenti e considerato da molti come poco affidabile. La Procura di Roma ha aperto un’inchiesta contro una funzionaria del Csm accusata di averli diffusi in maniera illecita. Tali verbali avrebbero peraltro già fatto il giro di molte redazioni di giornali e palazzi del potere.
Secondo le accuse di Amara, ambienti elevati della magistratura, della politica e delle gerarchie ecclesiastiche avrebbero creato un’organizzazione segreta chiamata “Ungheria”, una specie di loggia per influenzare la vita politica e giudiziaria del Paese. Come detto, Amara farebbe anche il nome di Giuseppe Conte che, nel 2012, come avvocato, avrebbe intascato parcelle di centinaia di migliaia di euro per una consulenza alla società immobiliare Acqua Marcia.
Piero Amara fu peraltro arrestato all’inizio del 2018 nell’ambito di un’inchiesta delle procure di Roma e Messina con l’accusa di associazione a delinquere finalizzata, tra le altre cose, alla frode fiscale e alla corruzione in atti giudiziari. Amara, secondo gli investigatori, faceva parte di un’organizzazione che aveva lo scopo di influenzare le sentenze del Consiglio di Stato, il più alto tribunale amministrativo italiano. Amara patteggiò una pena sotto i quattro anni che gli consentì di non andare in carcere, e cominciò a collaborare con la magistratura.
Da quel momento è diventato testimone d’accusa in alcune indagini molto importanti, come quella, avvenuta a metà del 2019, contro lo stesso Palamara, accusato di aver ottenuto soldi e regali da alcuni lobbisti vicini a importanti imprenditori per influenzare alcune sentenze e di aver poi cercato di pilotare le inchieste a suo carico. Amara si autoaccusò di aver chiesto e ottenuto (assieme ad altri) favori da Palamara, come nomine pilotate in magistratura e manovre contro i procuratori nemici, in cambio di regali. In quel caso, le accuse furono ritenute credibili dai procuratori.
Ma a prescindere dall’attendibilità delle rivelazioni di Amara, la polemica sta montando. Anche perché la Procura di Roma, proseguendo un’indagine cominciata da quelle di Milano e Perugia, avrebbe aperto un procedimento per calunnia contro Marcella Contrafatto, funzionaria del Csm da tempo impiegata nella segreteria del magistrato Piercamillo Davigo, accusandola di essere stata lei a diffondere a giornalisti e a magistrati i verbali di Amara. Davigo, ora in pensione, ha confermato di aver ricevuto i verbali e di aver informato chi di dovere.
Come detto, potremmo essere solo agli inizi di un terremoto giudiziario destinato a scuotere ancora di più i palazzi del potere e a ridefinire gli equilibri tra politica e magistratura. Nel frattempo, c’è chi invoca lo scioglimento del Csm da parte del presidente della Repubblica. Questione delicata perché tale provvedimento dovrebbe eventualmente scaturire dalla constatazione dell’impossibilità di far funzionare l’organo di autogoverno della magistratura. Tale scenario, al momento, sul piano formale non esiste. Si tratta, più che altro, di credibilità e autorevolezza che si sta smarrendo. Ma vedremo fino a quando la corda verrà tirata e se si spezzerà.