Brexit in crisi. Quanto è difficile uscire dall'Ue
Il governo May, a Londra, è in crisi sull'approvazione dell'accordo Brexit. Un accordo che include una serie di condizioni tali per cui, di fatto, il Regno Unito resta ancora un membro del mercato comune e l'Irlanda del Nord rimane un membro dell'Ue (separato dal resto del Regno). Quanto è difficile uscire dal progetto unitario europeo?
Non è un mistero che il governo britannico conservatore, guidato da Theresa May, sia entrato in crisi. E che forse, per usare una metafora cara ai nostri allenatori di calcio, “non arriverà a mangiare il panettone”.
La May ha perso la maggioranza parlamentare, dopo che è stata costretta a pubblicare il parere legale ricevuto in merito al futuro dell’Irlanda del Nord: rimarrà per sempre legata all’Europa. Lo si subodorava, ma adesso è ufficiale. L’Ue, insomma, è riuscita nel difficile intento di riunificare, di fatto, l’Irlanda e di dividere il Regno Unito. Perché non ci saranno restrizioni al commercio, né alcuna barriera fisica, fra Irlanda del Sud e Irlanda del Nord, mentre vi sarà un confine più chiuso fra Irlanda del Nord e il resto del Regno Unito di cui fa parte.
Tuttavia non si può analizzare la crisi attuale come esclusivamente interna al Regno Unito, senza prima guardare alle condizioni poste dall’Ue: 580 pagine di accordo sull’uscita della Gran Bretagna, 39 miliardi di sterline di contributi finanziari che Londra dovrà pagare a Bruxelles prima di andarsene, mantenere aperto il confine fra Irlanda del Nord e repubblica d’Irlanda, l’intera Gran Bretagna resterà parte dell’unione doganale europea fino a quando non si trova una soluzione alternativa al confine nordirlandese. Per chi ha votato per l’uscita dall’Ue si tratta di condizioni capestro che sanciscono la permanenza, di fatto, del Regno Unito nell’Ue. Il voto per la Brexit viene, in questo modo, quasi del tutto disatteso. Eppure (anzi, proprio per questo), i negoziatori europei non intendono affatto cambiare gli accordi raggiunti: “Non faremo altre concessioni, questo è l’unico accordo possibile”, afferma il capo negoziatore europeo Michel Barnier.
Qual è stato l’atteggiamento dell’Ue nella trattativa con il Regno Unito? Apparentemente amichevole. Il 25 novembre, il presidente del Consiglio Europeo Donald Tusk era stato il primo a comunicare l’approvazione del patto con un tweet. Poco prima lo stesso Tusk aveva citato un verso di Freddie Mercury, il cantante dei Queen morto 27 anni fa, per riassumere lo storico momento: “Friends will be friends, right till the end”. Gli amici resteranno amici sino alla fine. Amici? Lo stesso Tusk, all’indomani del voto britannico sulla appartenenza all’Ue, nei primi giorni di giugno del 2016, avvertiva che gli “inglesi avrebbero dovuto fare una chiara scelta fra una Brexit dura e nessuna Brexit", smentendo l’allora ministro degli Esteri Boris Johnson che si diceva fiducioso nella stipula di un nuovo trattato di libero scambio con l’Ue. “Gli inglesi non possono avere la botte piena e la moglie ubriaca”, diceva Tusk allora, dimostrando che l'Ue conosce solo due opzioni: essere membri dell'Unione o essere esclusi dal mercato europeo. “E’ un giorno triste, non è un momento di gioia, ma una tragedia, perché un grande Paese lascia l'Unione europea. Ma abbiamo trovato un accordo con la Gran Bretagna, che è il migliore possibile”. Diceva sempre a fine novembre il presidente della Commissione europea, Jean Claude Juncker. Ma il 25 giugno 2016, dopo il voto, non era affatto triste: era stato uno dei più duri e aveva detto che quello con il Regno Unito non sarebbe stato un “divorzio consensuale”, un modo per dire che l’uscita dall’Unione Europea sarà difficile e costosa per il Paese.
Ma allora dall’Ue, una volta entrati, è impossibile uscire? Non con un voto democratico, come aveva ricordato Mario Monti, in una intervista alla Stampa, all’indomani del voto britannico: “David Cameron ha abusato della democrazia”. Perché: “Non sono d’accordo con chi dice che questo referendum sia una splendida forma di espressione democratica. Le dico di più. Sono contento che la nostra Costituzione, quella vigente e quella che forse verrà, non prevede la consultazione popolare per la ratifica dei trattati internazionali”. I cittadini, dunque, non devono aver voce in capitolo. Ma per ottenere cosa? Uno dei punti di vanto dell’Ue è la libera circolazione di merci, servizi, persone e capitali. Tuttavia, nei fatti, come dimostra proprio il negoziato con il Regno Unito, è l’Ue la parte protezionista. Come ricordava un politico esplicitamente contrario alla Brexit, Romano Prodi, su Il Messaggero: “Lo ha ben esemplificato Michel Barnier dicendo che non sarebbe in alcun modo possibile vedere adottati in Gran Bretagna pesticidi o modificazioni genetiche proibiti nell’Unione e lasciare poi liberamente importare in Europa la carne dal Regno Unito”. Dunque è l’Ue che vuole mantenere una solida barriera all’ingresso perché teme un mercato che sfugga al suo controllo politico diretto. Alla domanda se sia possibile uscire dall’Ue, risponde lo stesso Prodi in quell’articolo: “Difficile quindi fare previsioni su come andrà a finire la Brexit. Per ora l’unica conclusione che si può trarre è che l’uscita dall’Unione Europea non è facile e conveniente nemmeno per un paese imperiale e democratico come la Gran Bretagna”. Un paese che era nell’Ue pur conservando la sua moneta e il controllo sulle sue frontiere. Figuriamoci per gli altri membri più integrati…
A questa idea di Europa unitaria, che procede di gran lena in una strada a senso unico verso lo Stato continentale, un progetto in cui si entra ma da cui non si esce, poco dopo la Brexit rispondeva il conservatore britannico Allister Heath, spiegando le ragioni dell’euroscetticismo d’oltre Manica: “Disperavo del fatto che questo modello non tenesse conto dei veri punti di forza e dei reali tesori dell’Europa: le sue magnifiche differenze, il suo genuino multiculturalismo, la sua straordinaria diversità, la sua pionieristica competizione politica. L’Europa non divenne grande perché costruita su imperi monolitici: prosperò grazie ai commerci fra le polis greche e fra i comuni italiani, quando alla gente veniva permesso di pensare, pregare, inventare e lavorare liberamente. La frammentazione libertaria è un buon volano del progresso economico, sociale, scientifico e artistico. Il conformismo collettivista porta con sé stagnazione e declino”.