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IL CASO

Boualem Sansal, o del declino di un intellettuale

Già convinto che «l’islamismo è il male allo stadio ultimo», lo scrittore algerino riceve il Friedenspreis a Francoforte
e si scopre islamicamente corretto.

Attualità 15_12_2011
Boualem Sansal


Se fino a qualche settimana fa in Occidente erano ancora in molti a credere in una prospettiva di cammino verso la democrazia nei Paesi dell’Africa Settentrionale, e dunque nella reale efficacia della cosiddetta “primavera araba”, oggi, dopo i risultati elettorali di Marocco ed Egitto, quel numero si va sempre più riducendo. E a dare speranza non aiutano certi intellettuali, pronti ad alzare la voce in certe situazioni per subito mettersi a tacere in altre, semplicemente per opportunità.
Uno degli esempi più recenti in questo senso è quello dello scrittore algerino Boualem Sansal [nella foto], già funzionario del ministero dell’Industria del suo Paese, carica dalla quale fu “sollevato” nel 2003 per le critiche rivolte al governo in carica, e noto in Italia per il romanzo Il villaggio del tedesco (Einaudi 2009).

Boualem ha ricevuto lo scorso 16 ottobre a Francoforte il Friedenspreis, il Premio per la Pace degli editori tedeschi. Come da tradizione, al premiato è stato chiesto di tenere un discorso di ringraziamento all’interno della storica Paulskirche francofortese. L’occasione, davanti ad una folta tribuna di intellettuali liberal, era ghiotta. In molti s’aspettavano da Sansal le parole chiare di chi ha subito e subisce censura per le proprie idee (a Francoforte era assente l’ambasciatore algerino in Germania).

Non è stato così. Nessuna critica specifica all’islam, nessun riferimento al ruolo delle potenze europee nei violenti contrasti interni al suo paese. Insomma chi lo ha ascoltato ha capito che quello era il prezzo che doveva pagare davanti alla platea decisamente snob e salottiera (c’era anche Umberto Eco) che lo stava incensando. Peccato, perché neanche venti giorni prima, il 29 settembre, sulla Neuer Zürcher Zeitung (NZZ) era apparsa una sua intervista ben più coraggiosa e perfino politicamente scorretta.  «L’islamismo per me è il male allo stadio ultimo. Gli islamici fingono di parlare in nome di Dio, in realtà attraverso la loro bocca parla Satana e molte persone credono di poter essere liberate attraverso l’islam. Una donna musulmana che vive in un paese musulmano, dove non ha alcun diritto, non può certo liberarsi».

A proposito della cosiddetta “primavera araba”, a Francoforte Sansal ha detto ottimisticamente «dopo la rivoluzione dei gelsomini in Tunisia, ora lo sentiamo davvero, il mondo sta cambiando». Ma come? Qualche giorno prima s’era espresso così: «La rivoluzione araba di fatto non è ancora iniziata. La vera prigione non sono tanto i regimi dittatoriali. Questi rappresentano il primo muro, ma dietro di quelli c’è la vera prigione, per così dire il nocciolo duro, cioè la cultura e i problemi legati dell’islam. Questi problemi non sono ancora stati affrontati, per questo motivo dico che la primavera araba non è ancora iniziata. In Tunisia c’è forse un primo accenno, nulla più». Perfettamente contraddittorio.

Nell’intervista di settembre, Sansal si era ricordato anche dei copti: «In Egitto non si muove ancora nulla, la questione dell’islamismo è irrisolta, così come quella dei coopti. In quel Paese vivono 15 milioni di cristiani, ma la costituzione dice che la religione di stato è l’islam. Che cosa ne è allora di quei 15 milioni, non sono forse cittadini anche loro?».
Inutile aggiungere che davanti al salotto buono francofortese li ha completamente ignorati. Non meno dura era stata la sua previsione circa futura elezioni nei Paesi del’Africa Settentrionale: «Sarà interessante vedere che cosa accadrà se si andrà a votare in Libia, in Tunisia o in Egitto», aveva detto alla NZZ; «se vinceranno gli islamici costituiranno un nuova dittatura, che potrebbe essere “leggera”, come quella che esiste in Turchia, oppure dura, come in Iran».

Cosa dunque sarebbe successo al povero Sansal se davanti alla platea “multikulti” francofortese avesse azzardato certe qualifiche in riferimento alla Turchia? Con il giornale zurighese lo scrittore algerino ci era andato decisamente duro anche con l’Europa: «L’Europa ha tradito i suoi ideali democratici. È il luogo della democrazia, dei diritti dell’uomo, ma ha sostenuto a lungo dei dittatori al fine di garantire la propria sicurezza. Chi ha protetto per venti anni l’Europa dal terrorismo e dall’immigrazione clandestina? Geddafi, Bouteflika, Ben Ali, Mubarak, il re del Marocco. In Marocco donne, ragazzi e bambini di colore furono trasportati con camion nel Sahara e lì furono abbandonati: nel giro di ventiquattrore morirono tutti. E in questo c’è anche la responsabilità di Francia, Germania ed altri paesi che hanno sostenuto quel governo».

Di tutto questo neppure la minima traccia nel discorso tenuto nella Paulskirche. Anzi, in un passaggio ha parlato per il suo paese di “accordo mafioso” tra “turbanti” (gli islamici) e i “berretti” (i militari). Ben altri i toni e i contenuti nell’intervista alla NZZ, dove emerge l’altro protagonista dell’“accordo mafioso”, l’Europa: «Quando in Algeria ci furono le elezioni e vinsero gli islamici, l’allora presidente francese Mitterand disse: “Hanno vinto, dunque ora devono assumere il potere”. […] Gli islamici però vinsero con l’inganno, minacciarono le persone. Raggiunsero la maggioranza assoluta al primo turno elettorale e la sera stessa della vittoria iniziarono a redigere delle liste all’interno delle moschee, dicendo: “Questo e quell’altro devono lasciare l’Algeria altrimenti verranno uccisi”. Noi che siamo rimasti siamo arrivati fin sotto il ministero della Difesa, chiedendo l’intervento dell’esercito, ma i militari facevano riferimento all’Europa e ci fu detto che gli islamici avevano vinto. Ma dico che questo è tradimento. Si evocano continuamente i diritti dell’uomo, la democrazia in Europa, ma quando si arriva in nord Africa si volta la faccia altrove. Un diritto è un diritto e come tale deve valere per tutti».

Posti a confronto, c’è da chiedersi infine quale dei due Sansal sia quello vero: quello durissimo con l’islam e con i suoi protettori europei o l’altro, quello salottiero e per bene pronto all’incasso del Premio della Pace tedesco.