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METEOROLOGIA

Bombe d'acqua? Solo per spaventarci un po'

Se piove e fa danni oggi si usa l'espressione "bomba d'acqua". Ma è solo una trovata mediatica per creare allarme, per la meteorologia è solo il classico nubifragio. E non c'è nulla di nuovo, come dimostra un romanzo di Carlo Levi.

Creato 03_12_2012
Pioggia

Ma cosa sono queste “bombe d’acqua” di cui si parla tanto da un po' di tempo a questa parte?  Non esiste alcuna definizione sui vocabolari meteorologici, verosimilmente si nomina “bomba d’acqua” il fenomeno meteorologico che fino a 10 anni fa si sarebbe detto nubifragio, ovvero: “per estens., nell’uso corrente, il complesso di fenomeni rovinosi (soprattutto frane e devastazioni dovute allo straripamento di fiumi e torrenti) provocati da piogge particolarmente intense” (fonte Treccani).

Nubifragi, piogge torrenziali e diluvi ci son sempre stati, non spaventano; per dar l’idea che tutto è cambiato occorre cambiare anche le parole. Volete mettere la differenza emotiva nell’ascoltare “spending review” anziché revisione della spesa, oppure “spread” anziché “differenziale di tasso”?. Lo stesso vale per "bombe d'acqua" invece che nubifragio.
Il famoso meteorologo svedese Tor Harold Percival Bergeron (15 agosto 1891 – 13 giugno 1977) decenni fa aveva chiamato “meteorological bomb” o “weather bomb” i cicloni extratropicali al cui centro la pressione diminuiva mediamente almeno di un millibar l’ora per almeno 24 ore di seguito, ma queste non sono mai divenute definizioni ufficiali e nulla hanno a che fare con le “bombe d’acqua”.

Probabilmente in una mente creativa e comunicativa è sembrato conveniente tradurre “cloudburst” con “bomba d’acqua” e non con nubifragio. In futuro aspettiamoci che “pioggia torrenziale” diverrà “pioggia terrificante”.

Possiamo ricordare, senza scendere in dettagli inutili, che in meteorologia “la quantità di liquido che cade nell’unità di tempo” (valore detto “intensità”) serve a poter descrivere la precipitazione come leggera o moderata o forte o violenta; ogni aggettivo corrisponde ad un intervallo di valori, espressi nell’unità di misura dei “millimetri all’ora”, definito dall’Organizzazione Meteorologica Mondiale (un millimetro di pioggia corrisponde ad un litro su metro quadrato).
Storicamente però la descrizione della precipitazione è avvenuta misurando non l’intensità istantanea, ma si è preferita la precipitazione cumulata su un tempo fissato, cioè la quantità di precipitazione caduta in un tempo determinato (6 ore, 12 ore o tipicamente 24 ore).

Anche per questo tipo di misure esistono definizioni consuetudinarie, non ufficiali, delle precipitazioni cosiddette “forti”; per non confonderle con la misura istantanea si farebbe bene a chiamarle eccezionali e quindi potenzialmente dannose. Per l’Organizzazione Meteorologica Mondiale lo sono le precipitazioni che sono superiori a 50 mm al giorno, per l’Associazione Meteorologica Americana lo sono quelle superiori a 100 mm al giorno, per altri testi invece debbono superare i 50 mm in un’ora o 110mm al giorno.

In realtà non è possibile definire una soglia che valga in tutto il globo: la stessa quantità di pioggia può non essere oggetto di particolare attenzione in una località abituata alle piogge monsoniche ed invece essere pericolosa in una zona ove popolazione ed ambiente sono abituati ad un clima desertico. Correttamente,  per ogni sito per definire una “precipitazione eccezionale” dovremmo far riferimento al suo “tempo di ritorno”, cioè al tempo medio intercorrente tra il verificarsi di due eventi successivi di entità uguale o superiore ad un evento di assegnata intensità. Generalmente sono eccezionali precipitazioni che hanno “tempi di ritorno” di almeno 20 anni.

Questo significa che per definire una soglia dell’eccezionalità per la precipitazione per ogni località sarebbe necessario avere disponibile una serie secolare delle precipitazioni. Ciò sarebbe utilissimo perché è con i “tempi di ritorno” che l’uomo progetta le proprie infrastrutture (argini dei fiumi, sistema fognario, ponti, edifici), se sono sottostimati si risparmia nella costruzione ma sarà alto il rischio che prima o poi accadano eventi catastrofici che potranno produrre danni e vittime.

Spesso questa conoscenza locale specie sui mass media manca, si preferisce semplificare con una soglia globale valida per le piogge eccezionali in tutto il mondo. Alla fine tutto è semplificato e banalizzato: se piove e fa danni si tratta inevitabilmente di una “bomba d’acqua”.

In un brano di Carlo Levi (1902 –1975) tratto dal famoso libro “Cristo si è fermato a Eboli “ così era descritta la situazione nel sud Italia prima dell’arrivo delle “bombe d’acqua” e del “global warming”:

“La vera chiesa, la Madonna degli Angeli, era in basso, all’altra estremità del paese, dove c’è la frana.  La chiesa è crollata improvvisamente, è cascata nel burrone, tre anni fa. Per fortuna era notte, l’abbiamo scampata bella. Qui ci sono continuamente le frane. Quando piove, la terra cede e scivola, le case precipitano. Ne va giù qualcuna tutti gli anni. Mi fanno ridere con i loro muretti di sostegno. Fra qualche anno questo paese non esisterà più. Sarà tutto in fondo al precipizio. Pioveva da tre giorni quando è caduta la Chiesa. Ma tutti gli inverni è la stessa cosa: qualche disastro, piccolo o grosso, avviene tutti gli anni, qui come in tutti gli altri paesi della provincia. Non ci sono alberi né rocce, e l’argilla si scioglie, scorre in basso come un torrente, con tutto quello che c’è sopra. Vedrà quest’inverno anche lei. Ma le auguro di non essere più qui allora. La gente è peggio della terra”.

Due o tre anni fa si parlava di “piogge tropicali”, aspettiamo fiduciosi che tra qualche anno le “bombe d’acqua” torneranno a essere identificate solo con i rinfrescanti “gavettoni”.