Biffi, una fede incrollabile
Due mesi fa padre Giuseppe Barzaghi gli chiese cosa lo rendesse così sereno. Il card. Biffi gli rispose: «La considerazione dell’unitotalità che ho imparato leggendo i teologi russi e in particolare Solov’ëv», la considerazione che tutto è integralmente e simultaneamente presente allo sguardo di misericordia di Dio.
Alle 2:30 dell'11 luglio è morto il cardinale Giacomo Biffi. Il 13 giugno scorso aveva festeggiato l’87mo compleanno. Da mesi era ricoverato nella Clinica Toniolo di Bologna per seri problemi al sistema circolatorio. Gli ultimi tre anni e mezzo lo hanno consumato fisicamente e purificato spiritualmente, li ha vissuti con grande serenità e incrollabile fede. Due mesi fa circa ero andato a trovarlo con un mio confratello, padre Giuseppe Barzaghi – che tra l’altro a Milano era stato allievo di Biffi quando insegnava teologia alla cosiddetta Scuola di San Vittore – e padre Giuseppe gli chiese cosa lo rendesse così sereno. Il card. Biffi gli rispose: «La considerazione dell’unitotalità che ho imparato leggendo i teologi russi e in particolare Solov’ëv», la considerazione che tutto è integralmente e simultaneamente presente allo sguardo di misericordia di Dio, tutto, proprio tutto e quindi anche tutto l’arco della nostra esistenza e nulla di buono va smarrito nello sguardo divino.
È stato un maestro nella fede fino alla fine. Per amore di sinteticità – che lo stesso cardinale apprezzava – riduco a due punti il patrimonio inestimabile che ci ha lasciato in eredità.
1) La convinzione che il cristianesimo primariamente e per sé non è una religione – cioè un insieme di riti e di precetti che ci mettono in relazione con Dio – ma è piuttosto un fatto, il fatto di Gesù Cristo, che è il Verbo incarnato che ha vissuto in mezzo a noi, è morto, è risorto e ora vive nella gloria. Questo è un evento che è accaduto storicamente duemila anni fa e che accade tuttora grazie alla mediazione della Chiesa e dei sacramenti. Perciò essendo un fatto, il cristianesimo non può essere paragonato a nessun tipo di religione. Ed essendo un fatto, chiede a noi di prenderne atto e di comportarci di conseguenza, cioè seguire Cristo che è l’autore e il principe della vita e della gloria.
2) A proposito dell’articolato tema dell’immigrazione il cardinale era intervenuto più volte pubblicamente e aveva sempre distinto vari livelli di analisi. Alla Chiesa e ai credenti compete la pratica della carità e dell’apostolato verso tutti, credenti e non credenti: da ciò deriva l’impegno della Caritas e dell’annuncio di Gesù. Alla Repubblica Italiana compete il discernimento sulle persone degli immigrati e la gestione dei cosiddetti flussi tenendo conto di un semplice dato fattuale: l’Italia non è una landa deserta e desolata, ma ha una sua identità, una sua precisa e invidiabile cultura e quindi è ragionevole sostenere che se chi ci governa avesse a cuore la futura pacifica convivenza delle genti nella nostra penisola dovrebbe sempre considerare la volontà reale e concreta dell’immigrato di integrarsi nella cultura italiana. E infine agli immigrati competono tutti i diritti umani, ma mai il diritto di invasione.
Il Cardinal Biffi nella sua schietta concretezza meneghina ha ricondotto tutto ai fatti, perché come lui stesso diceva i fatti una volta accaduti nessuno li può più cambiare, neanche Dio, che è Amore onnipotente.