Biden presenta: la terza amministrazione Obama
Come sarà il governo federale sotto il presidente Joe Biden? Il condizionale è d'obbligo perché non è ancora confermata la vittoria del democratico. I nomi dei suoi possibili ministri sono però lì da vedere: tutti uomini di Obama.
- KAMALA E DOUG CONTRO L'ANIMA DEGLI USA, di Patricia Gooding-Williams
Come sarà il governo federale sotto il presidente Joe Biden? Va detto e ribadito, prima di tutto, che la vittoria del candidato democratico è ancora una possibilità molto concreta, ma non una certezza. Le cause legali sul voto del 3 novembre, infatti, sono ancora in corso. I nomi che sono stati pubblicati in questa settimana, comunque, sono un segnale inequivocabile della direzione che Biden intende imprimere alla politica americana nei prossimi 4 anni: più che un ritorno alla normalità, è un ritorno a Obama.
Il condizionale sull’insediamento di Biden alla Casa Bianca è ancora d’obbligo, perché in Pennsylvania (20 Grandi elettori) un giudice a Pittsburgh, valutate le prove e le testimonianze portate dal team di avvocati di Trump, ha deciso di sospendere la certificazione del risultato elettorale. La Pennsylvania, che fino a ieri pareva definitivamente assegnata al candidato democratico, è invece ancora in sospeso. Anche nel Wisconsin è stato richiesto il riconteggio dei voti, così come ne è già in corso un secondo in Georgia. E’ vero che difficilmente, giunti a questo punto, si possa pensare ad un ribaltamento del risultato elettorale. Biden è sempre il presidente previsto, ma non è ancora presidente eletto.
Quale sarebbe, però, la sua squadra, se venisse confermata la sua vittoria? Una terza amministrazione Obama, praticamente. Fra tutti i nomi dei candidati ministri, infatti, troviamo molti uomini dell’ex presidente democratico. Antony Blinken, nominato per il Dipartimento di Stato (Esteri) era il più stretto collaboratore di Biden sulla politica estera nel corso dell’amministrazione Obama. E’ la sua prima scelta personale, è sicuro che parlerà in vece del presidente. Jake Sullivan, scelto come Consigliere per la Sicurezza Nazionale, è anch’egli un funzionario di lungo corso ed è stato negoziatore a Teheran per l’accordo sul nucleare, in quello che è considerato uno dei maggiori successi diplomatici dell’amministrazione Obama. Da notare anche Jay Carney, che viene proposto come prossimo ambasciatore in Russia (ruolo che sarà determinante per i rapporti con la potenza rivale), ex giornalista del Time, corrispondente a Mosca negli ultimi anni dell’Urss, nonché portavoce della Casa Bianca di Obama.
Un ruolo tutto particolare sarà quello di ambasciatore speciale per il clima, che verrà ricoperto dall’ex Segretario di Stato (nella seconda amministrazione Obama) John Kerry. E’ singolare e già molto significativo che si parli di una figura istituzionale di alto profilo per la politica estera che riguarda specificamente il clima e non si dica una parola su chi sarà, sempre che ci sia, l’ambasciatore speciale per la libertà religiosa. Già questo basta per capire quali sarebbero le priorità dell’amministrazione Biden rispetto a quella Trump.
Altre figure del passato che ritorna sono ai servizi, alla Sicurezza Interna e soprattutto al Tesoro. Avril Haines, già vicedirettrice della Cia nella seconda amministrazione Obama è ora candidata per guidare l’Intelligence Nazionale. Non ha fatto a tempo a vivere lo smacco di Bengasi, quando l’ambasciatore Usa in Libia venne massacrato da “ribelli” jihadisti e né la Cia, né il Dipartimento di Stato lo salvarono. La Cia della seconda amministrazione Obama è comunque ricordata per una serie di dossier bollenti, come le eliminazioni mirate dei terroristi con i droni (operazioni in cui sono morti fra i 384 e 807 civili) e il fallimento nella prevenzione dello Stato Islamico in Iraq, che crebbe e si consolidò dal 2013 al 2015. Alla Sicurezza Interna andrebbe invece Alejandro Mayorkas, di origine cubana, uomo d’ordine che potrebbe piacere anche ai conservatori. Anch’egli è un uomo di Obama, ex vice-segretario della Sicurezza Interna nella sua seconda amministrazione.
Un discorso a parte va fatto per Janet Yellen, unica ad essere teoricamente “tecnica” nel governo Biden, scelta per il Tesoro. La Yellen è stata infatti vice-presidente della Federal Reserve (la banca centrale americana) dal 2010 al 2014, scelta da Obama nel corso della sua prima amministrazione. Poi è stata alla guida della banca centrale dal 2014 (durante la seconda amministrazione Obama) fino al 2018. Trump non l’ha rinnovata. E’ apparentemente solo una “tecnica”, in realtà incarna un bel pezzo di storia del Partito Democratico e della sua ideologia. E’ stata a capo del Consiglio dei consulenti economici del presidente Clinton dal 1997 al 1999. Per i suoi critici sono stati anche gli anni in cui il credito facile ha creato le basi della bolla immobiliare, poi scoppiata nel 2008. La sua formazione e il marito dicono molto delle sue idee: keynesiana convinta, è stata allieva dell’economista James Tobin, fautore di un forte interventismo statale in economia; il marito, George Akerlof, è stato insignito del premio Nobel per l’Economia nel 2001, assieme a Joseph Stiglitz, altro economista keynesiano, fra i più citati da Papa Francesco. La Yellen è stata scelta in forza della sua grande esperienza, in un momento in cui l’economia americana deve essere ricostruita dopo gli effetti della pandemia e del lockdown. Bisogna vedere come ricostruirà un sistema ferito.