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IMMIGRAZIONE

Biden confonde volutamente i rifugiati con gli emigranti

Biden ha alzato a 62.500 il numero di rifugiati che possono essere accolti dagli Usa in un anno. Dal 2022 questo numero sarà raddoppiato, fino a 125mila. Ma i rifugiati non hanno nulla a che vedere con il problema vero, quello dei richiedenti asilo sul confine meridionale. Che sta scoppiando sotto il peso delle moltitudini di emigranti latini.

Esteri 05_05_2021
Roma (Messico), passaggio notturno del confine

Azione e reazione per la crisi migratoria negli Stati Uniti. Ma stranamente la reazione dell’amministrazione Biden ha poco o nulla a che vedere con l’azione (la crisi del confine meridionale). Serve, a detta dello stesso presidente, a lanciare un segnale. Biden ha alzato a 62.500 il numero di rifugiati che possono essere accolti dagli Usa in un anno. Dal 2022 questo numero sarà raddoppiato, fino a 125mila. Ma i rifugiati non hanno nulla a che vedere con il problema vero, quello dei richiedenti asilo sul confine meridionale, provenienti per lo più dall’America latina dopo aver attraversato tutto il Messico. Perché l'amministrazione confonde i due fenomeni?

Fin dal 12 febbraio Biden aveva promesso di alzare a 62.500 il tetto sul numero di rifugiati negli Usa. Storicamente parlando, gli Stati Uniti sono stati il Paese che più di ogni altro ha ospitato rifugiati: circa la metà fra quelli ridislocati dall'Onu. Con l’amministrazione Trump questo numero era stato fissato a 15mila, un record negativo. Poi, vista la crisi sul confine, anche Biden aveva evitato di firmare la legge. Col risultato che il Dipartimento di Stato ha dovuto cancellare, in fretta e furia, 700 biglietti aerei già prenotati per altrettanti rifugiati. Cosa c’entrano quei poveretti con i richiedenti asilo sul confine? Nulla. Secondo fonti del Wall Street Journal vicine all’amministrazione, comunque, la decisione di non firmare era stata presa da Biden per evitare di “confondere” le due situazioni. Leggasi: placare i bollenti spiriti dell’opinione pubblica.

Già in gennaio, visto il messaggio pro-immigrazione lanciato sin da subito da Biden e dalla vicepresidente Kamala Harris si era registrato un aumento notevole di passaggi illegali della frontiera. Gli emigranti che hanno attraversato illegalmente il confine sono centinaia di migliaia (1 milione entro la fine dell'anno fiscale, secondo le previsioni), fra cui decine di migliaia di bambini senza genitori. Nella gestione improvvisata della crisi si sono ripetute le scene di bambini stipati nei gabbioni dei centri di prima accoglienza. L’amministrazione Biden ha potuto permettersi di silenziare i media e oscurare le immagini sul confine per più di un mese, senza che nessuna voce si levasse contro la censura. Sia il presidente che la vicepresidente non si sono mai recati al confine, né hanno mai voluto proclamare lo stato d’emergenza. Tanto che i repubblicani degli Stati del Sud, ironicamente, hanno iniziato a stampare le loro fotografie sui cartoni del latte, come si fa con le persone scomparse.

A pagare sono stati i rifugiati che, regolarmente, dai loro Paesi o da luoghi di transito, hanno già chiesto e ottenuto la possibilità di essere trasferiti negli Usa. La mancata firma di Biden ha avuto un impatto su di loro, in Medio Oriente, Asia e Africa, non certo sulla massa di profughi latino-americani accalcati nel confine meridionale. Solo da ieri la loro situazione si è sbloccata. Dei 62.500 che potranno ottenere rifugio negli Usa, ben 22mila posti sono riservati a rifugiati dall’Africa e 13mila dal Medio Oriente, a scendere da altre regioni.

In compenso, appunto, l’annuncio di questo innalzamento del numero massimo di rifugiati non cambia la situazione al confine, come lamenta l’opposizione repubblicana. Il problema, in quel caso, è infatti costituito dalla massa sempre meno gestibile dei richiedenti asilo. Questi ultimi possono essere ammessi in base a criteri analoghi rispetto a quelli richiesti a un rifugiato, ma fanno richiesta solo una volta dentro il territorio statunitense. Il caos si genera nel momento in cui tutti gli emigranti dell’America latina, anche organizzati in grandi carovane, fanno richiesta di asilo, per evitare di sottoporsi alla trafila della regolare immigrazione economica. Si tratta quasi sempre di persone che non hanno diritto all’asilo, non fosse altro perché, partiti da Paesi come il Guatemala o l’Honduras, attraversano tutto il Messico. Non solo i Paesi dell’America centrale da cui arrivano non sono in guerra e non sono sottoposti a dure repressioni armate che ne giustificherebbero la fuga, ma anche e soprattutto perché non si fermano in Messico, che è, a tutti gli effetti, il primo “approdo sicuro” in cui potrebbero fermarsi. Visto che gli Stati Uniti sono un Paese garantista e considera tutti innocenti fino a prova contraria, per ogni richiedente asilo si apre un’indagine. Col risultato che tutto il sistema di controllo della frontiera rischia di saltare per saturazione, avvantaggiando lo spaccio di droga: più della metà della polizia di frontiera è impegnata nella gestione della crisi migratoria.

Resta da capire come mai l'amministrazione Biden abbia confuso il problema dei rifugiati con quello dei richiedenti asilo, frenando la soluzione al primo per placare l'opinione pubblica sul secondo, poi sbloccando la soluzione al primo per far vedere di fare qualcosa anche per risolvere il secondo e "lanciare un messaggio morale". La confusione potrebbe non essere casuale e non limitarsi a semplici tatticismi politici. Secondo una filosofia sempre più diffusa nella sinistra, anche in Italia, ogni emigrante deve essere considerato come un rifugiato. Se questo è il messaggio, però, la crisi al confine meridionale è destinata solo a peggiorare.