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IL LIBRO

Bhatti, morte di un blasfemo

Il 2 marzo di un anno fa i talebani uccidevano il ministro per le Minoranze religiose del Pakistan. La sua vita è un esempio per tutti.

Tra le righe 10_02_2012
Francesca Milano, "Morte di un blasfemo" (San Paolo, 2012)

 

Un anno fa, il 2 marzo 2011, Clement Shahbaz Bhatti (1968-2011), cattolico, ministro per le Minoranze religiose in Pakistan, è stato assassinato con una trentina di colpo di arma da fuoco da un gruppo di terroristi talebani. Nato il 9 settembre 1968 a Lahore, figlio di missionari cattolici provenienti dal villaggio di Kushpur, nel distretto di Faisalabad, nel Punjab, dopo gli studi Bhatti aveva intrapreso la carriera politica nel Partito del popolo pakistano, attirando l’attenzione del premier Benazir Bhutto (1953-2007), pure uccisa in un attentato.

Appena prima dell’assassinio del ministro cristiano, sotto i colpi dei terroristi - e proprio per mano di quella guardia del corpo che avrebbe dovuto garantirne l’incolumità - era caduto, il 4 gennaio, Salmaan Taseer (1944-2011), il governatore musulmano del Punjab, abbattuto a Islamabad per avere osato criticare la terribile legge sulla blasfemia che, strumentalizzata dalla maggioranza islamica del Paese e dal governo al fine di colpire ferocemente i cristiani, tiene ancora in carcere, condannata a morte in attesa che la sentenza venga eseguita, la cattolica Asia Bibi.
Di Shahbaz Bhatti i vescovi del Pakistan hanno chiesto all’unanimità al Santo Padre la canonizzazione con il titolo di «martire e patrono della libertà religiosa».

Francesca Milano, giornalista originaria del napoletano oggi al suo primo libro, racconta tutta la storia umana, politica e spirituale di Bhatti in una biografia semplice e importante, Morte di un blasfemo, che si arricchisce della Prefazione di Franco Frattini, già ministro italiano degli Esteri notevolmente sensibile alla tragedia di quei “nuovi colossei” che costano pene e la vita a migliaia di cristiani del mondo.

Il Pakistan è, da molto tempo, un luogo inquietante. Potenza islamica nucleare, Stato rigidamente confessionale nato per essere la patria eletta dei “puri” (così il suo nome in lingua urdu), cioè i musulmani e questo a detrimento di ogni altra confessione religiosa, al centro di trame oscure legate a traffici di materiale bellico, segreti nucleari che collegano la Corea del Nord all’Iran (e un tempo pure alla Libia) nonché passaggi di stupefacenti, vera culla del movimento ultrafondamentalista jihadista dei talebani e di al Qaeda, spina nel fianco dell’Occidente per il suo atteggiamento più che doppio, Paese-Stato dove i servizi segreti fanno il bello e il cattivo tempo, il Pakistan è la vera chiave di volta della polveriera centroasiatica. Le comunità cristiane lì se la passano assai male. Sopravvivono appena sotto il pelo dell’acqua se se ne stanno chiuse in se stesse, ma patiscono il martirio non appena alzano un poco la testa.

Al martire Bhatti (al suo posto di ministro siede oggi, epperò privato di ogni potere reale, il fratello Paul) è stato fatto pagare il tentativo di ottenere rispetto, equità e diritto di piena cittadinanza per tutti, anche per i cristiani. Ma soprattutto è stata fatta pagare la fede indomita e senza compromessi che ne ha sempre animato la passione civile e l’attività politica. Il suo assassinio è il segno evidente e il culmine di una situazione incandescente, che preme sui destini dell’Occidente ben più di quanto la media delle persone da noi percepisca. Ricordarne il sacrificio per la libertà di tutti, anche la nostra di correligionari distanti migliaia di miglia, è un dovere morale. I cristiani soffrono in molti, troppi luoghi del mpondo. Spesso pagano con la vita. Noi ci sentiamo frequentemente impotenti. Ma oggi, dal 2 marzo 2011, abbiamo in Cielo un protettore in più.

Francesca Milano, Morte di un blasfemo. Shahbaz Bhatti, un politico martire in Pakistan, Prefazione di Franco Frattini, San Paolo, Cinisello Balsamo (Milano) 2012, pp. 144, €12,00