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ECONOMIA

Benzina alle stelle, Manzoni ci spiega

Speculazione internazionale? Ingordigia delle compagnie petrolifere? Un brano tratto dai Promessi Sposi può aiutare a far luce.

Attualità 14_03_2011
caro benzina

Il prezzo della benzina ha già battuto tutti i record e, molto probabilmente, salirà ancora sulla scia dei rincari del greggio a livello internazionale. La crisi libica e l’instabilità dell’intero Medio Oriente non promettono nulla di buono e non fanno altro che mettere in luce la fragilità del sistema energetico su cui si basa l’Europa e l’Italia in particolare dipendente per il 90% da fonti di importazione.

I prezzi del petrolio derivano dagli andamenti del mercato mondiale e risentono non solo della crisi dei Paesi produttori, ma anche del forte incremento della domanda in Cina, della ripresa economica che spinge i consumi negli Stati Uniti, della difficoltà di avviare significative politiche di risparmio e di sfruttamento delle fonti rinnovabili.

Ma ci si può chiedere se veramente un Paese come l’Italia non possa fare nulla per limitare i danni dei rincari del greggio, se non ci siano anche ragioni interne che portano i prezzi italiani della benzina ad un livello tra i più alti d’Europa? La risposta è certamente sì, per almeno due motivi.

1) Metà del prezzo di vendita della benzina è costituito da imposte: le accise, cioè un’imposta fissa che colpisce ogni litro venduto a cui si aggiunge l’Iva che viene invece applicata in percentuale. Se il prezzo aumenta, aumenta anche l’Iva al contrario di quanto avviene per le accise, il cui peso in percentuale del prezzo finale tende a diminuire. In pratica dalla crescita  dei prezzi lo Stato ci guadagna a meno che i consumi non diminuiscano nella stessa misura. Ma dato che il consumo dei carburanti risente in maniera limitata dell’aumento dei prezzi ecco che aumenta anche il prelievo fiscale. E quindi una riduzione delle imposte potrebbe garantire la parità di gettito e insieme un freno alla crescita del prezzo finale.

2) La rete di vendita dei carburanti è, al contrario di altri paesi, basata su piccoli impianti, scarsamente automatizzati e che non hanno ricavi di altra natura. Si parla da anni della necessità di ammodernare la rete, ma l’apertura di nuovi impianti, per esempio collegati ai nuovi grandi centri commerciali, è frenata da una politica ancora rigida sulla concessione delle nuove licenze.
Con questi due strumenti (meno tasse e liberalizzazioni) si potrebbe arrivare ad un taglio di almeno dieci centesimi al litro dei carburanti. Ma non illudiamoci: ben difficilmente saranno attuate misure di questo tipo. Da una parte perché lo Stato ha bisogno come l’ossigeno di ogni euro in più che può derivare dal gettito fiscale (incapace com’è di tagliare sprechi e spese improduttive). Dall’altra perché comunque una liberalizzazione del settore della distribuzione dei carburanti ha sempre trovato in passato e troverà certamente ancora in futuro aspri oppositori.

E allora è almeno necessario evitare vecchie ricette e processi sommari. Le vecchie ricette sono quelle che guardano ai prezzi amministrati e controllati, i processi sommari sono quelli che mettono sul banco degli accusati le multinazionali del petrolio e una speculazione finanziaria che certamente c’è, ma che, come ha dimostrato l’esperienza del 2008, non può certo provocare rincari strutturali e a lungo termine.

E allora dobbiamo convivere con questi prezzi della benzina? E prepararsi a nuovi rincari? Probabilmente sì, senza dimenticare che il mercato ha tanti difetti, ma gli altri sistemi sono ancora peggio.

E la speculazione internazionale, il complotto dei poteri forti, l’ingordigia delle multinazionali? Una riflessione è d’obbligo. Forse si può cominciare leggendo il dodicesimo capitolo dei Promessi Sposi dove il Manzoni parla della rivolta del pane nella Milano del 1628. Eccone uno stralcio:

...la penuria si fece subito sentire, e con la penuria quel suo doloroso, ma salutevole come inevitabile effetto, il rincaro. Ma quando questo arriva a un certo segno, nasce sempre (o almeno è sempre nata finora; e se ancora, dopo tanti scritti di valentuomini, pensate in quel tempo!), nasce un'opinione ne' molti, che non ne sia cagione la scarsezza. Si dimentica d'averla temuta, predetta; si suppone tutt'a un tratto che ci sia grano abbastanza, e che il male venga dal non vendersene abbastanza per il consumo: supposizioni che non stanno né in cielo, né in terra; ma che lusingano a un tempo la collera e la speranza. Gl'incettatori di grano, reali o immaginari, i possessori di terre, che non lo vendevano tutto in un giorno, i fornai che ne compravano, tutti coloro in somma che ne avessero o poco o assai, o che avessero il nome d'averne, a questi si dava la colpa della penuria e del rincaro, questi erano il bersaglio del lamento universale, l'abbominio della moltitudine male e ben vestita. Si diceva di sicuro dov'erano i magazzini, i granai, colmi, traboccanti, appuntellati; s'indicava il numero de' sacchi, spropositato; si parlava con certezza dell'immensa quantità di granaglie che veniva spedita segretamente in altri paesi; ne' quali probabilmente si gridava, con altrettanta sicurezza e con fremito uguale, che le granaglie di là venivano a Milano. S'imploravan da' magistrati que' provvedimenti, che alla moltitudine paion sempre, o almeno sono sempre parsi finora, così giusti, così semplici, così atti a far saltar fuori il grano, nascosto, murato, sepolto, come dicevano, e a far ritornar l'abbondanza. I magistrati qualche cosa facevano: come di stabilire il prezzo massimo d'alcune derrate, d'intimar pene a chi ricusasse di vendere, e altri editti di quel genere. Siccome però tutti i provvedimenti di questo mondo, per quanto siano gagliardi, non hanno virtù di diminuire il bisogno del cibo, né di far venire derrate fuor di stagione; e siccome questi in ispecie non avevan certamente quella d'attirarne da dove ce ne potesse essere di soprabbondanti; così il male durava e cresceva. La moltitudine attribuiva un tale effetto alla scarsezza e alla debolezza de' rimedi, e ne sollecitava ad alte grida de' più generosi e decisivi.

E dopo i tumulti e la distruzione dei forni il Manzoni annota:

..Veramente, la distruzion de' frulloni e delle madie, la devastazion de' forni, e lo scompiglio de' fornai, non sono i mezzi più spicci per far vivere il pane; ma questa è una di quelle sottigliezze metafisiche, che una moltitudine non ci arriva