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DOPO IL RESPONSUM

Benedizioni, la lobby gay assedia la Santa Sede

Viene dall'interno della Curia Romana e dagli ambienti vicini al Pontefice l'attacco più forte contro il Responsum della Congregazione per la Dottrina della Fede che il 15 marzo ha dichiarato illegittime le benedizioni alle unioni fra persone dello stesso sesso. E c'è la convinzione che tale divieto presto cadrà. Si sta realizzando il disegno già denunciato dall'allora cardinale Ratzinger nel 1986.
- IL MAGISTERO RIDOTTO A POLITICA, di Stefano Fontana

Ecclesia 24_03_2021

Lunedì 22 marzo il blog Messainlatino.it rivelava - citando «fonti in altissimo loco» - che sono state esercitate «fortissime pressioni» per depotenziare il Responsum della Congregazione per la Dottrina della Fede (CDF) sulla «illegittimità e impossibilità di benedire le coppie omosessuali» (pubblicato lo scorso 15 marzo). Cosa in effetti avvenuta, come dimostra anche l’approfondimento di Stefano Fontana che pubblichiamo a parte.

In particolare si capisce che la prima resistenza sia venuta dallo stesso papa Francesco che alla fine ha acconsentito alla pubblicazione del documento fortemente voluto dal prefetto della CDF, monsignor Luis Francesco Ladaria Ferrer, evitando però di metterci il peso della sua autorità, mentre a fare di tutto per evitare l’uscita del Responsum sarebbero stati: il prefetto del Dicastero per i Laici, la Famiglia e la Vita, cardinale Kevin Farrell, che – non va dimenticato – è un prodotto della “scuderia” dell’ex cardinale e abusatore seriale Theodore McCarrick; e il presidente della Pontificia Accademia per la Vita, monsignor Vincenzo Paglia, universalmente noto per l’affresco omoerotico commissionato per la cattedrale di Terni.

In realtà più che di una rivelazione si tratta di una conferma a quanto già appariva ormai evidente in questi giorni. Non tanto per la plateale disobbedienza manifestata da preti, vescovi e teologi in Germania, Austria, Stati Uniti, quanto per certi commenti e analisi svolti proprio da uomini molto vicini a papa Francesco e ora anche dal Papa stesso.

L’intervento più importante è stato quello di padre Pino Piva, gesuita molto vicino a padre Antonio Spadaro (principale interprete del pensiero del Papa), molto impegnato nell’accompagnamento delle persone omosessuali ma soprattutto nell’opera di legittimazione dell’omosessualità all’interno della Chiesa. Il 19 marzo padre Piva ha pubblicato sul sito di Città Nuova una riflessione rivelatrice sul Responsum, nel quale offre un’interpretazione autorevole del documento alla luce del pensiero del Papa. Anzitutto padre Piva sottolinea «il minimo grado di autorità» che è stato voluto conferire a questo documento: il Papa «non ‘approva’ il Responsum ma ne viene solo informato»; inoltre «non ‘ordina’ la pubblicazione, ma ne dà solo l’assenso».

In secondo luogo, padre Piva ricorda che papa Francesco aveva già demolito il documento del 2003 della CDF in cui san Giovanni Paolo II e l’allora cardinale Joseph Ratzinger si opponevano fermamente al riconoscimento legale delle unioni omosessuali. Il riferimento è alla famosa intervista in cui, parlando di quando era ancora in Argentina, papa Francesco afferma di aver sostenuto le unioni civili omosessuali tenendole ben distinte dal matrimonio. Una chiara contrapposizione che, per padre Piva, già significa che quel documento del 2003 oggi andrebbe riscritto totalmente. Al proposito si deve far notare come per il progressismo cattolico le leggi non vanno valutate per la loro aderenza alla verità, ma semplicemente in ordine cronologico: la legge più recente cancella quella più vecchia, in questo caso addirittura una intervista cancella un documento autorevole del magistero.

In ogni caso questo passaggio serve ad avvalorare il successivo, ovvero: «Il presente Responsum della CDF avrà vita breve, brevissima», non è l’ultima parola sulla benedizione delle unioni omosessuali.
Il messaggio è chiaro: non vi preoccupate, questo Responsum andava scritto così «per rassicurare qualche debole coscienza in questo cambio d’epoca» ma è chiaro che verrà rapidamente superato. Se non da nuovi documenti, aggiungiamo noi, dalla prassi: visti i precedenti non è difficile immaginare che con il pretesto della reazione al Responsum ci saranno vescovi e sacerdoti che moltiplicheranno in modo plateale le benedizioni delle unioni omosessuali e nessuno da Roma interverrà o sarà fatto intervenire.
Peraltro tutto ciò riporta alla memoria l’episodio del marzo 2018, quando un sacerdote francese, padre Daniel Duigou, autore del libro “Lettre ouverte d’un curé au pape Francois”, dichiarò che in una udienza privata papa Francesco aveva approvato la sua benedizione delle coppie omosessuali.

Un secondo intervento rivelatore è quello del succitato cardinale Farrell, in occasione della conferenza stampa di presentazione dell’Anno della Famiglia Amoris Laetitia, il 19 marzo. Rispondendo a una domanda riferita proprio al Responsum, Farrell ha lasciato intendere il favore della Chiesa al riconoscimento delle unioni omosessuali, per poi affermare: «La vita pastorale della Chiesa è aperta a tutte le persone. È essenziale e molto importante che apriamo sempre le nostre braccia per ricevere e accompagnare tutte le persone nelle loro differenti tappe della vita e nelle loro diverse situazioni di vita». Quindi Farrell ha tenuto a sottolineare la distinzione tra «matrimonio sacramentale» e matrimonio non sacramentale, riferendosi poi ad «altre forme di matrimonio». «Ci sono molte situazioni pastorali diverse oggi, a causa delle quali le persone non possono avere una piena partecipazione alla vita della Chiesa – ha proseguito Farrell -  ma questo non significa che non debbano essere accompagnate da noi, e dalle persone delle parrocchie». «Insisto – ha concluso Farrell – e vorrei che fosse molto chiaro che noi siamo aperti ad accompagnare tutte le persone». Come dire: non posso negare quanto scritto nel Responsum, ma visto che le unioni omosessuali sono legittime, per le benedizioni è solo questione di tempo.

A questi commenti si devono aggiungere due freschi interventi di papa Francesco, che – sebbene non si riferissero esplicitamente al tema in oggetto - dai commentatori a lui vicini sono stati definiti una presa di distanza del Responsum. Il primo è stato l’Angelus di domenica 21 marzo, il primo dopo la pubblicazione del documento della CDF: invocando una testimonianza con la vita «che si dona al servizio», papa Francesco ha detto che «si tratta di seminare semi di amore non con parole che volano via, ma con esempi concreti, semplici e coraggiosi, non con condanne teoriche, ma con gesti di amore». E ancora facendo riferimento a un terreno arido «a causa di incomprensioni, difficoltà o persecuzioni, o pretese di legalismi o moralismi clericali».

Il secondo intervento è di ieri, il messaggio per il 150° anniversario della proclamazione di S. Alfonso Maria de’ Liguori dottore della Chiesa. In questo papa Francesco sottolinea con forza come sant’Alfonso sia il grande rinnovatore della teologia morale facendosi uomo della misericordia che si scosta dal rigorismo allora vigente. «Nelle dispute teologiche – afferma papa Francesco di S. Alfonso -, preferendo la ragione all’autorità, non si ferma alla formulazione teorica dei principi, ma si lascia interpellare dalla vita stessa». E ancora: «La sola conoscenza dei principi teoretici, come ci ricorda lo stesso sant’Alfonso, non basta per accompagnare e sostenere le coscienze nel discernimento del bene da compiere».

Si tratta di un messaggio «di speciale rilevanza», nota il sito della rivista americana dei gesuiti America, per «i cattolici feriti» dal Responsum della CDF. Stessa interpretazione data dalla testata argentina La Gaceta. Qui si citano anche «alti funzionari della Santa Sede» che, confermando la presa di distanza dal Responsum, spiegano che il papa sostiene quanti sono impegnati nell’accompagnamento anche delle coppie omosessuali.

Insomma, il quadro è abbastanza chiaro: si sta realizzando quanto paventato dall’allora cardinale Ratzinger, prefetto della CDF, nella lettera del 1° ottobre 1986 sulla cura pastorale delle persone omosessuali, quando denunciava l’esistenza di una lobby gay all’interno della Chiesa che «esercita una fortissima pressione» per portare la Chiesa stessa «ad accettare la condizione omosessuale come se non fosse disordinata, e a legittimare gli atti omosessuali». Tale mentalità è penetrata in profondità nella mentalità comune anche dei cattolici, e in Italia un ruolo fondamentale in questo senso lo sta svolgendo il quotidiano dei vescovi, Avvenire; ormai è un vero e proprio assedio alla Santa Sede, e molte posizioni di vertice sono già state conquistate. Siamo vicini all’assalto finale.