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ITALIA

Bene liberalizzare, ma la crescita è un'altra cosa

I provvedimenti del governo sono utili e doverosi, ma non incidono sulle cause alla radice dell'arretramento dell'economia italiana.

Editoriali 23_01_2012
Mario Monti

La “fase due” del Governo Monti è finalmente arrivata con molti provvedimenti positivi, ma anche con una prospettiva di fondo che merita più di una critica. La parte positiva è costituita essenzialmente dal fatto che finalmente un Governo ha iniziato a intaccare le rendite di posizione, i maggiori costi, i privilegi di intere categorie. La dura reazione che hanno avuto taxisti, farmacisti e notai di fronte a un intervento peraltro parziale e limitato dimostra in fondo come sia difficile intaccare un sistema consolidato che ha garantito protezione e sicurezza attraverso un rigido controllo degli accessi e delle competenze.


La risposta degli interessati agli interventi di liberalizzazione in queste settimane lascia trasparire un’immagine di un Paese profondamente conservatore, un Paese in cui i privilegi sono magari pochi, ma diffusi largamente nelle categorie professionali e nel mondo del lavoro. Liberalizzare dovrebbe voler dire accettare di fare singolarmente (o come categoria) un passo indietro per permettere al Paese nel suo complesso di fare due passi avanti. Paradossalmente per liberalizzare davvero bisognerebbe ribaltare completamente la logica di Adam Smith, considerato il profeta dell’economia liberale. Smith sosteneva che ognuno doveva perseguire il proprio interesse individuale perché poi la mano invisibile del mercato avrebbe fatto in modo che l’interesse collettivo si realizzasse automaticamente. Ma nella concreta situazione attuale è necessario un cambiamento di visione: cioè pensare che è importante avere una prospettiva di bene comune, accettando di sacrificare almeno in parte gli interessi personali, per conseguire poi un maggior benessere collettivo che si traduce comunque in un maggior benessere anche individuale.

La logica delle liberalizzazioni è quindi quella di aprire di più le porte delle professioni per far funzionare meglio il mercato, per valorizzare di più le risorse esistenti, per motivare con maggiore efficacia i singoli operatori. L’obiettivo è far crescere insieme la domanda e l’offerta: più taxi, prezzi più bassi, più persone che possano utilizzarli, servizi migliori, e maggiori guadagni per gli stessi taxisti.


Ma veniamo ai punti deboli delle misure adottate dal Governo. Il primo punto debole è l’illusione che questi interventi di liberalizzazioni siano capaci nel medio termine di avviare un Paese come l’Italia sulla strada di una significativa crescita economica. Si tratta infatti di provvedimenti certamente utili e in qualche modo doverosi, ma che complessivamente non intaccano le cause che stanno alla radice del passo del gambero con cui si muove l’economia italiana.

L’Italia infatti non cresce essenzialmente per tre ragioni di fondo. 1) il calo demografico, un calo solo parzialmente compensato dagli arrivi degli immigrati peraltro anche questi ultimi in forte diminuzione negli ultimi mesi; 2) la limitata capacità di innovazione della struttura produttiva per l’arretratezza del sistema educativo italiano e per la scarsità degli investimenti, sia pubblici che privati, in ricerca e sviluppo; 3) l’alto livello della pressione fiscale e contributiva che da una parte deprime i consumi delle famiglie e dall’altra rende meno competitive le produzioni italiane nei confronti internazionali.

Ebbene nessun intervento tra quelli approvati incide direttamente su questi tre fattori.

Non ci sono misure per le famiglie, per la scuola, per tagliare la spesa pubblica improduttiva in modo da permettere una riduzione della pressione fiscale.


Certo va considerato un enorme passo avanti che Governo e Parlamento si impegnino ad affrontare i temi dell’economia se solo pensiamo che solo sei mesi fa gli argomenti all’ordine del giorno erano quasi esclusivamente il processo breve o lungo, la prescrizione più o meno facile, i poteri dei giudici o i limiti ai loro interventi.

Ma il cammino della crescita dovrà essere ancora lungo, un cammino che comunque passa solo in piccola parte dai provvedimenti di questi primi giorni del 2012.