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ELEZIONI

Batosta a destra, ma vincono gli astenuti

La proiezione del voto amministrativo su ipotetiche elezioni politiche è molto difficile. E c'è pure chi sogna il ritorno al proporzionale.

Attualità 31_05_2011
elezioni milano
Dopo il primo turno, avevamo parlato su La Bussola Quotidiana, di «elezioni che tutti hanno perso». I ballottaggi ci offrono qualche dato in più. C’è chi ha perso più degli altri: è il centro-destra. Ha perso nettamente – soprattutto nella città per anni simbolo della sua proposta politica, Milano – Silvio Berlusconi. E ha perso la Lega Nord, di cui colpiscono le sconfitte – che solo un anno fa sarebbero apparse impensabili – in feudi storici come Novara e Gallarate.

Ci sono però una serie di fattori dimenticati nei commenti delle prime ore che un’analisi dei numeri, come al solito, permette di evidenziare. Il primo è che il principale vincitore dei ballottaggi è il partito degli astenuti. Il risultato di Napoli è certo estremamente negativo per il centro-destra. Ma, se si calcola il voto sul totale degli aventi diritto, a trionfare è stata l’astensione con il 50%. Sul totale degli elettori, De Magistris è stato votato dal 32,5% dei napoletani – meno di un terzo, ma sufficiente a garantirgli la poltrona di sindaco – e il candidato del centro-destra Lettieri dal 17,5%. Anche a Milano il partito degli astenuti al ballottaggio ha riunito il 32,8% degli elettori ed è il primo partito milanese: il secondo, il PDL, è al 28,7% e il PD è al 28,6%. Quando, com’è capitato a Napoli, metà degli elettori non va a votare, la valenza di protesta del voto emerge in modo clamoroso e ogni analisi su chi ha vinto dev’essere condotta con grande prudenza.

Secondo punto: la protesta contro i governi in carica sta scuotendo tutti i Paesi europei, colpiti dalla più grave crisi economica dopo la Seconda guerra mondiale, nonché da una crisi politica e morale evidenziata dalle divisioni sull’immigrazione e sulla guerra in Libia. Nelle elezioni del 20 febbraio 2011 ad Amburgo il partito cristiano-democratico del primo ministro Angela Merkel è sceso, per esempio, dal 42 al 21%, dimezzando esattamente i suoi voti rispetto alle precedenti elezioni. Nelle amministrative del successivo mese di marzo lo stesso partito ha continuato ad arretrare ovunque in modo significativo. Vento di sinistra? No. In Spagna i socialisti del primo ministro José Luis Rodríguez Zapatero sono stati travolti alle amministrative dello scorso 22 maggio, finendo dieci punti dietro l’opposizione di centro-destra nel dato nazionale. Certo dev’essere per lui una magra consolazione, ma Berlusconi ha perso meno voti in Italia di quanto ne abbiano perduti la Merkel in Germania e Zapatero in Spagna. «Piove, governo ladro»: in tempi di crisi economica, è una legge ineluttabile che chi governa sia punito dagli elettori.

Terzo punto: è possibile proiettare i dati del ballottaggio per simulare dati nazionali? Non completamente, perché in Italia è inimmaginabile una tornata politica con il tasso di astensione di questi ballottaggi. O forse non è immaginabile a meno che qualche bello spirito non introduca anche per le politiche un sistema elettorale a doppio turno, che gli italiani continuano a mostrare di non gradire e che peraltro – con rarissime eccezioni come le comunali di Roma del 2008 vinte da Gianni Alemanno – vede sistematicamente il maggiore impegno degli elettori di centro-sinistra. Tuttavia, per quanto può valere, l’emittente televisiva La 7 ha proiettato in caso di elezioni politiche nazionali – che naturalmente interesserebbero anche regioni dove stavolta non si è votato come la Sicilia – il PDL al 28,1%, il PD al 26,2% e la Lega Nord al 10,8%.

Misurare le forze minori con calcoli matematici a partire da elezioni amministrative è un esercizio notoriamente difficile, ma l’impressione è che il PD sia di fronte al suo consueto problema, che non ha mai risolto nella storia della Seconda Repubblica. Può allearsi con la sinistra radicale ed escludere l’UDC e altre forze centriste, oppure può allearsi con i centristi ed escludere la sinistra radicale. In questi casi, per quante elezioni locali riesca a vincere, ha difficoltà a prevalere su scala nazionale. Che alleandosi sia con la sinistra radicale sia con forze di centro il PD vinca non è una grande novità. Così ha costruito le sue vittorie Romano Prodi. Ma, una volta vinto, una «santa alleanza» che vada dall’«estremo centro» all’estrema sinistra, costruita da parlamentari che la pensano diversamente su molti punti essenziali, avrà poi gravi difficoltà a governare. Il primo governo Prodi è durato due anni e mezzo, il secondo meno di due anni. La «santa alleanza» riuscirà magari a governare Olbia, ma difficilmente governerà l’Italia.

Le stesse proiezioni mostrano però che PDL, Lega e altre forze di destra – fra cui gli interessanti nuovi partiti di centro-destra del Sud, che hanno ottenuto stavolta buoni risultati – con l’attuale legge elettorale, se non migliorassero il risultato di queste amministrative sarebbero più o meno alla pari con una sinistra comprensiva delle sue ali estreme ma senza centristi, e sarebbero in lieve vantaggio rispetto a un centro-sinistra con l’UDC ma senza sinistra estrema alla Camera. La seconda ipotesi, da anni agitata da Massimo D’Alema, esce malconcia da queste amministrative a causa dei deludenti risultati del Terzo Polo. Ma il centro-destra in ogni caso vincerebbe più difficilmente al Senato e, se mai vincesse, patirebbe comunque le consuete incertezze e paralisi legate a maggioranze risicate. Il centro-destra perderebbe, in base alle proiezioni, rispetto a una «santa alleanza» dall’UDC alla Federazione delle Sinistre, ma – come accennato – da una parte questo è sempre stato vero nelle elezioni della Seconda Repubblica, dall’altra un centro-sinistra «dilatato» avrebbe difficoltà a mettersi insieme e difficoltà ancor maggiori a governare. Ma questo non risolve i problemi di una coalizione PDL-Lega in grave affanno. Ci sono pochi dubbi. Se il centro-destra vuole vincere davvero le prossime elezioni politiche, deve inventarsi – con urgenza – qualche cosa di nuovo.