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IL BEATO

Bartolo Longo, il convertito che fa amare la Madonna

Anticlericale e addirittura, per un anno e mezzo, “sacerdote satanista”, Bartolo Longo ha vissuto una conversione straordinaria, aiutata in particolare da tre persone. Ecco la storia del beato nativo di Latiano, grande apostolo del Santo Rosario e della Madonna di Pompei.

Ecclesia 07_05_2022

Maria entra nelle vite di ognuno con una forza e una dolcezza incredibili. La sua voce, un sussurro, un vento che spira nel cuore e lo dilata fino a quando prende pienamente spazio nell’anima. È il miracolo della conversione. Sono tante le persone che hanno sperimentato questo effluvio di Spirito: e vivendo questo cambiamento di vita, sono diventati - con loro grande sorpresa - figli (in una certa misura, prediletti) della Madre per eccellenza, la Vergine Maria.

Bartolo Longo è uno degli esempi più illustri di queste conversioni straordinarie. Il suo nome è legato in maniera indissolubile alla Vergine di Pompei, la Madonna a cui ogni partenopeo è legato. Ma chi era Bartolo Longo, “l’uomo della Madonna”, come san Giovanni Paolo II lo definì nel 1980 nel giorno della sua beatificazione? Che vita conduceva prima di incontrare nel suo cammino la Vergine? E come è cambiata la sua vita da quel momento? Per rispondere a queste domande, dobbiamo trasferirci, in maniera immaginaria, in un piccolo paese in provincia di Brindisi, Latiano. È il 10 febbraio 1841, quando il piccolo Bartolomeo vede la luce. Bambino intelligente, estroverso, che ama i piaceri della vita e soprattutto la musica. La ama a tal punto che per acquistare un pianoforte e un flauto mangerà per un anno solamente patate per risparmiare il denaro necessario per il suo importante acquisto. Ma c’è una città che sarà fondamentale per la sua vita: Napoli, dove si iscrive, nel 1863, alla facoltà di Giurisprudenza.

Napoli rappresenta un punto cardine del suo anticlericalismo: in quegli anni, post unità d’Italia, tra le aule universitarie partenopee dominava, infatti, uno spiccato senso antireligioso e antipapalino. Erano quotidiane in quel tempo, infatti, le manifestazioni contro la Chiesa, i religiosi e la fede cattolica. Bartolo Longo si lascia trascinare da questa corrente. Ma non solo: dopo la lettura del libro La Vie de Jésus del filosofo francese Ernest Renan, aderisce completamente alla contestazione anticlericale. Sono gli anni in cui segue con slancio le lezioni di Lettere e Filosofia di alcuni professori apertamente anticattolici come Augusto Vera, Bertrando Spaventa e Luigi Settembrini: ore accademiche improntate al positivismo dominante e quindi alla negazione del soprannaturale. Sarà quello il ponte decisivo per arrivare a far parte di una setta satanica, divenendo per circa un anno e mezzo addirittura “sacerdote satanista”. Gli adepti di questo movimento confesseranno di comunicare frequentemente col demonio, il quale appariva loro sotto le mentite spoglie dell’arcangelo Michele.

Ma qual è l’origine del suo cambiamento di vita? In questa storia di conversione ci sono tre nomi che saranno determinanti per il cambiamento di rotta del giovane Longo: il primo è quello del professor Vincenzo Pepe, suo compaesano e uomo di fede incrollabile. Sarà a lui che Bartolomeo ricorrerà spiegando il disagio fisico e mentale che stava vivendo a causa del suo avvicinamento allo spiritismo. E il professor Pepe gli indicherà un padre spirituale, il domenicano Alberto Radente, il secondo personaggio chiave della conversione. Padre Radente, dopo poco tempo, riuscirà a farlo entrare nel Terz’Ordine domenicano. Ecco, allora, un punto di svolta nella vicenda: l’Ordine fondato da san Domenico - si sa bene - è profondamente legato alla Vergine Maria e soprattutto alla pratica del Santo Rosario, devozione molto antica che affonda le sue radici all’epoca dell’istituzione stessa dei Frati Predicatori (XIII secolo). Ed è così che Bartolomeo comincia il suo cammino verso Maria, attraverso quei grani del Rosario che divengono per lui i gradini verso l’ascesi, in direzione del Paradiso: dallo sprofondo dell’inferno al Cielo azzurro mariano.

Da Napoli ritorna al paese natio e comincia a dedicarsi ad una vita piena di carità e opere assistenziali. Ma poco dopo sarà ancora la città partenopea a ritornare nella sua vita: vuole, si sente chiamato ad opere più grandi, e dunque si ritrasferisce a Napoli dove incontra una donna che contribuisce alla sua formazione religiosa, alla sua conversione che si fa sempre più radicale: è la nobildonna Marianna Farnararo, vedova De Fusco, il terzo personaggio chiave dell’epopea di Longo. Da questo momento in poi, Bartolo ha la sua svolta del tutto decisiva, divenendo compagno inseparabile nelle opere caritative della contessa.

E Pompei come nasce nel cuore di Longo? Lasciamo alle sue parole il racconto:

Un giorno, correva l’ottobre del 1872, la procella dell’animo mi bruciava il cuore più che ogni altra volta e m’infondeva una tristezza cupa e poco men che disperata. Uscii dal casino De Fusco e mi posi con passo frettoloso a camminar per la valle senza saper dove. E così andando, pervenni al luogo più selvaggio di queste contrade (…). Tutto era avvolto in quiete profonda. Volsi gli occhi in giro: nessun’ombra di anima viva. Allora mi arrestai di botto. Sentivami scoppiare il cuore. In cotanta tenebra di animo una voce amica pareva mi sussurrasse all’orecchio:- Se cerchi salvezza, propaga il Rosario. È promessa di Maria. Chi propaga il Rosario è salvo!

Questo pensiero fu come un baleno che rompe il buio di una notte tempestosa. Satana, che mi teneva avvinto come una preda, intravide la sua sconfitta e più mi costringeva nelle sue spire infernali. Era l’ultima lotta, disperata lotta. Con l’audacia della disperazione, sollevai la faccia e le mani al cielo, e rivolto alla Vergine celeste: Se è vero - gridai - che Tu hai promesso a S. Domenico, che chi propaga il Rosario si salva; io mi salverò, perché non uscirò da questa terra di Pompei senza aver qui propagato il tuo Rosario. Niuno rispose: silenzio di tomba mi avvolgeva dintorno. Ma da una calma che repentinamente successe alla tempesta dell’animo mio, inferii che forse quel grido di ambascia sarebbe un giorno esaudito. Una lontana eco di campagna giunse ai miei orecchi, e mi scosse: sonava l’Angelus del Mezzodì. Mi prostrai e articolai la prece che in quell’ora un mondo di fedeli volge a Maria. Quando mi levai in piedi, mi accorsi che sulle guance era corsa una lacrima. La risposta del cielo non fu tarda”.

Queste parole sembrano uscite dalla penna di Paul Claudel: poetiche, vere, toccanti. Il cammino di Bartolo Longo aveva trovato, finalmente, la meta: Pompei. Nel 1982, lo storico Gabriele De Rosa definì il fondatore del Santuario della Madonna di Pompei come il più grande promotore laico della devozione alla Madonna del Rosario del XX secolo. Nella sua biblioteca privata spicca un testo di Giovanni Croiset, dal titolo Esercizi di pietà; è il settimo volume delle opere complete del gesuita francese. Sfogliando il volume, veniamo colpiti da una chiosa a penna di Longo: “Qual è la mia vocazione? Scriver di Maria, far lodare Maria, far amare Maria”. In poche parole, tutta la sua missione.