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(DIS)EDUCAZIONE

Bambin*, la nuova frontiera del linguaggio gender

Un seminario organizzato per i genitori in una scuola di una cittadina toscana, Montelupo Fiorentino, è l'esemplificazione dell'indottrinamento gender. Impedire ai bambini qualsiasi possibilità di identificarsi in un sesso, fino a sostituire con * il finale della parola. Una violenza che non può essere taciuta.

Editoriali 27_04_2015
Genimon

Leggiamo sul sito Comitato dei Genitori di Montelupo Fiorentino (GeniMon) che tale comitato, per mercoledì prossimo, “organizza in collaborazione con l'Istituto Comprensivo Baccio da Montelupo, un seminario sulle differenze di genere rivolto a tutti i genitori”. Il titolo dell’incontro è “Oltre il rosa e il celeste”. Nella locandina compare un disegno in cui alcuni bambini di diversa etnia si abbracciano in modo assai ecumenico. Ci sono maschietti che abbracciano le femminucce, maschietti che si scambiano abbracci tra loro e così avviene per il gentil, seppur infante, sesso.

Il tema del seminario è chiaro nei suoi intenti. Infatti nella stessa locandina si può leggere: “Bambini con i supereroi e il pallone, bambine con le bambole e i trucchi: siamo sicuri che vogliamo crescerli così?”. La risposta dei normo-genitori è certamente sì. I GeniMon – fantasiosi e colorati come i Pokemon – lo sanno bene e dunque si preparano a fare cambiare loro idea a colpi di conferenze. 

Sempre nel sito leggiamo: “le differenze tra uomini e donne – che si configurano tradizionalmente in termini di disparità di un sesso sull'altro – non sono un dato biologico, innato, ma sono il frutto di un condizionamento socio-culturale messo in atto all'interno della famiglia, prima, e poi della scuola”. E così i genitali sarebbero un dato culturale, la Barbie un’arma di inculturazione di massa, le macchinine oggetto di traviamento sessista. 

Poi si prosegue spiegando che “la seconda parte del seminario sarà dedicata al tema della parità nei libri di testo che ha trovato un recente spazio di indagine e ricerca nel progetto Polite, un progetto europeo sulle Pari Opportunità nei Libri di Testo, promosso in Italia dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento per le Pari Opportunità”. Quel che accade a Montelupo è già l’applicazione di ciò che è contenuto nel progetto di legge Fedeli che prevede appunto la diffusione capillare delle teoria del gender nelle scuole di ogni ordine e grado, materne comprese.

A tenere il seminario sarà la dott.ssa Irene Biemmi che da tempo si sta spendendo su queste tematiche. La Biemmi, che da piccola – rispettosa fin da allora dell’uguaglianza di genere - passava dal costume da ballerina e quello di Zorro come  lei stessa ci racconta, ha analizzato un buon numero di fiabe e racconti per bambini ed è rimasta scandalizzata dal fatto che in queste storie i maschi facevano lavori da maschi e le femmine quelle da femmine. “Normalmente – spiega in un’intervista - 12 sono professioni declinate al maschile: il muratore, il dottore, il pompiere, il domatore di leoni, il contadino, il meccanico e alle donne vengono attribuite pochissime professioni che sono la ballerina, la maestra o, al limite, l’infermiera”. 

Dai suoi studi “sono emersi dati assai preoccupanti. Le bambine protagoniste delle storie sono dolci, premurose e pazienti, giocano a fare le pulizie oppure con le Barbie, passano gran parte del tempo nella loro cameretta; i maschi giocano con razzi spaziali e carri armati, sono coraggiosi, movimentati, liberi di muoversi al di fuori delle mura domestiche”. L’immaginario rassicurante dei sostenitori della teoria del gender invece prevede – se la logica non è un’opinione – donne aggressive, indifferenti al prossimo e nevrotiche e maschi pavidi non più disposti a buttarsi nel pericolo per difendere l’amata.

In realtà si tratta del solito tema della liberazione di stampo idealista. Ad un certo punto della storia arriva sempre qualcuno che ti dice che sei infelice perché la Chiesa ti opprime (Protestantesimo), i nobili ti opprimono (Rivoluzione Francese), i ricchi ti opprimono (comunismo), i maschi ti opprimono (femminismo) e dunque ti devi ribellare. Ora la ribellione è contro un dato genetico, contro te stesso e matrigna natura.

La Biemmi – la quale per il sessualmente corretto usa l’asterico quando per iscritto deve riferirsi al genus dei bambini (bambin*), perché in tal modo non fa un torto a nessuno -  ci spiega che “l’educazione di genere è quella che mira ad una decontrazione degli stereotipi culturali sul maschile e sul femminile”. I bambin* decontratt* dovranno essere lasciati alle cure di persone come lei nonostante i timori dei genitori, assai ingiustificati, ci spiega, perché  “io credo che questi timori sempre più pressanti riguardo al maschile, siano dovuti a dei pregiudizi omofobici evidenti nel nostro Paese”. Insomma se tuo figlio vuole giocare a guardie e ladri e tu non hai nulla in contrario sei omofobico. Non solo sei omofobico, ma pure pigro, apatico, ottuso e lento di comprendonio: “purtroppo l’attitudine a pensare per stereotipi – continua la Biemmi - è assai diffusa perché determina un enorme risparmio cognitivo (ragionare per stereotipi è facile e veloce!)”. Che il bradipo-pensiero amante dei ruoli maschile/femminile lasci il passo al pensiero rock anti-sessista.

La dottoressa specializzata nelle decontrazione degli stereotipi è anche autrice di “Federico e Federica” in cui, come lei racconta, “ci sono bambine che amano correre all’aria aperta e giocare a calcio, come Federica, e bambini che si divertono a giocare con la cucinetta, come Federico”. Libro che l’autrice consiglia di leggere in classe. Altro consiglio da applicare a casa come all’asilo: “mescolare i giochi e non etichettarli come ‘da maschi’ o ‘da femmine’ è un primo passo per creare nuovi spazi di libertà nell’educazione dei nostri figli/delle nostre figlie”. Il mondo frullato, disordinato, capovolto, è l’ideale della Biemmi – in fondo una delle solite e stantie varianti dell’anarchia -  che infatti sta curando una collana per bambini dal titolo “Sottosopra” dove si troveranno albi in cui i bambini a testa in giù potranno leggere storie rovesciate: “una nonna guida il trattore, un nonno prepara una torta, un bambino vuole giocare con una bambola, l’abominevole orso delle nevi non è altro che un tenero orsetto che ama cucinare”. 

Saremmo impazienti nell’assistere ad un incontro tra la Biemmi e l’abominevole orso delle nevi dove la prima tenta di spiegare a questi che lui in fondo non è per nulla abominevole. Sono gli stereotipi che lo hanno dipinto così e fin quando non decostruirà certi “modelli precostituiti” non potrà liberare il femminile che palpita nascosto sotto la sua ruvida pelliccia. 

Tornando all’incontro a Montelupo, potremmo concludere che “oltre il rosa e il celeste” c’è il nero, uno spazio incolore e buio dove rinchiudere i bambini e trasformarli in bambini con l’asterisco sulla fronte. Uno spazio in cui spaesarli e per poter meglio far violenza alla loro natura che reclama certi ruoli come il fiore cerca la luce del sole. E, concordando pienamente con i filo-gender, la violenza non ha colore sessista e sulla prevaricazione i maschietti non hanno più da tempo il copyright.