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IL CASO

Babbo Natale ubriacone? Caro don, si legga Chesterton

«Babbo Natale? Solo un ciccione ubriacone, inventato dalla Coca Cola contro le feste che un tempo erano considerate sacre». L’omelia di Natale di don Ferdinando Mazzoleni, prete di Villasanta, ha scatenato il putiferio. Il don ha ragione, ma non è così che si annuncia Gesù Bambino. Ce lo dice Chesterton. 

Ecclesia 29_12_2014
Babbo Natale

Ciccione, ubriacone, servo sciocco del consumismo e della Coca Cola. Ci è andato davvero pesante don Ferdinando Mazzoleni nella Messa di Natale. Preso alla lettera l’invito del Papa a non contaminare la natività di Nostro Signore con una melassa sciropposa di buoni sentimenti, il don ha versato chili di sale grosso sugli animi degli stupefatti parrocchiani. Altro che Natale “zuccheroso”: quello celebrato a Villasanta, paesotto brianzolo alle porte di Monza, è stata una nottata di erbe amare, seguita da un’ondata di sdegno per lo scandalo sollevato dell’incazzoso sacerdote. Che ha avuto il torto (o l’inconfessabile ragione) di descrivere Babbo Natale come un «personaggio che perde i regali, cade dalle scale, e con il gomito spesso alzato. È un ubriacone! E quel personaggio creato dalla pubblicità, svuota il giorno in cui si festeggia la nascita di Gesù, del suo significato religioso».

È bastato questo perché dalle nubi, anziché scendere il Giusto, si scatenasse l’iradiddio contro don Mazzoleni: a dispetto del nome, Villasanta ha vissuto il giorno di Natale come una delle giornate più furiose e meno pacifiche della sua storia. Tutti o quasi contro il sacerdote accusato di lesa babbità, di aver abusato del pulpito per fare a pezzi la magia di quel tontolone vestito di rosso, rubando la festa agli spaesati bambini. Andato di traverso il cenone, molti parrocchiani hanno abbandonato la tavola per compulsare su internet il loro disappunto. I più sono indignati per il “disdicevole” comportamento del sacerdote, altri suggeriscono, tra l’ironia e il cinismo, di trovarsi tutti in pazza il 6 gennaio per bruciare la Befana. C’è anche chi getta acqua (santa) sul fuoco e propone, come re Salomone, un fifty fifty tra le renne e pastori: «Come si può pensare», scrivono, «che Babbo Natale scalzi Gesù Bambino, da un ipotetico trono? Lasciamo che i bambini credano alla favola. Lasciamo convivere Babbo Natale per la festa profana, e Gesù Bambino per quella religiosa».

Niente da fare, la lite continua: troppo profondo è il solco tra i pochi seguaci di don Ferdinando e chi non perdona le sue inventive contro il “Babbo Bastardo”. Eppure, una soluzione ci sarebbe: Santa Claus, il solo personaggio in grado di mettere d’accordo il sacro con il profano, la slitta delle renne con l’asino e il bue della mangiatoia. Claus è il nome di san Nicola, vescovo di Myra (città della Turchia) di cui si racconta che ritrovò e riportò in vita cinque fanciulli, rapiti ed uccisi da un oste e che per questo era considerato il Protettore dei bimbi. Perché don Ferdinando se l’è scordato? San Nicola avrebbe potuto ridare significato religioso anche all’impresentabile vecchione della Coca Cola e riportare sui giusti binari la nascita del Salvatore. Invece, quelle invettive, sia pure giuste e sacrosante, hanno scatenato il panico. Peggio: hanno coperto di chiacchiere la venuta al mondo del Figlio di Dio, sceso dalle stelle per diventare Uno di noi. Certo, grazie a don Ferdinando, il Natale di Villasanta è finito su tutti i giornali, ma non per effetto di quella portentosa natività. Il miracolo del Dio fatto uomo sgonfiato miseramente in gossip e chiacchiere di quartiere. 

Epilogo poco glorioso per il Natale di Villasanta, cui l’ignaro don Mazzoleni ha dato il suo bel contributo, istigando i fedeli a dividersi su una querelle davvero poco spirituale. E questo a un ministro di Dio, sebbene animato delle migliori intenzione, non fa certo onore. In qualche modo s'è sostituito a Colui che solo può leggere nel cuore degli uomini e ha improvvisato nel tempietto brianzolo il suo privato giudizio universale. Tragico equivoco, per nulla conforme all'autentico senso del Natale: dono gratuito, immeritato, che solo l'immensa misericordia di Dio può compiere. Il consumismo non c’entra, tantomeno si può scaricare tutte le colpe su Babbo Natale.  Semmai, in gioco c’è un insopportabile e disumano moralismo, non diverso da quello dei Farisei che davanti al popolo si vantavano di rispettare il sabato e osservare le leggi mosaiche.

Persone rette, benpensanti, giuste, ma ferocemente anticristiane. Perché non bisognose di nulla, sazi e soddisfatti della loro perfezione etica e formale. Ecco fino a che punto ci ha portati la slitta del vecchio Ciccione. Ma a don Ferdinando e ai parrocchiani di Villasanta vale la pensa riproporre una piccola riflessione, firmata da uno che certamente non era disposto a lasciarsi prendere per il naso. Il grande scrittore cattolico Gilbert Keith Chesterton che di Babbo Natale ci regala questa versione inedita e sorprendente. Potrebbe essere benissimo lo spunto di una prossima omelia e guardare all’inesistente ubriacone con occhi diversi.

Ecco cosa scrive Chesterton: «Quello che mi è successo è l’opposto di quello che sembra essere l’esperienza della maggior parte dei miei amici. Invece di rimpicciolire fino ad un puntino, Babbo Natale è divenuto sempre più grande nella mia vita fino a riempire la quasi totalità di essa. È successo in questo modo. Da bambino mi trovai di fronte ad un fenomeno che richiedeva una spiegazione. Avevo appeso alla sponda del mio letto una calza vuota, che al mattino si trasformò in una calza piena. Non avevo fatto nulla per produrre le cose che la riempivano. Non avevo lavorato per loro, né le avevo fatte o aiutato a farle. Non ero nemmeno stato buono – lungi da me! E la spiegazione era che un certo essere che tutti chiamavano Santa Claus era benevolmente disposto verso di me… Ciò che credevamo era che una determinata agenzia benevola… ci avesse davvero dato quei giocattoli per niente. E, come affermo, io ci credo ancora. Ho semplicemente esteso l’idea. Allora chiedevo solo chi metteva i giocattoli nella calza, ora mi chiedo Chi mette la calza accanto al letto, e il letto nella stanza, e la stanza della casa, e la casa nel pianeta, e il grande pianeta nel vuoto. Una volta mi limitavo a ringraziare Babbo Natale per pochi soldi e qualche biscotto. Ora, lo ringrazio per le stelle e le facce in strada, e il vino e il grande mare. Una volta pensavo fosse piacevole e sorprendente trovare un regalo così grande da entrare solo per metà nella calza. Ora sono felice e stupito ogni mattina di trovare un regalo così grande che ci vogliono due calze per tenerlo, e poi buona parte ne rimane fuori; è il grande e assurdo regalo di me stesso, perché all’origine di esso io non posso offrire alcun suggerimento tranne che Babbo Natale me l’ha dato in un particolare fantastico momento di buona volontà».