Avvenire: sì alla dottrina gender a scuola
Avvenire apre anche alla Giornata contro l'omofobia nelle scuole elementari, il punto più controverso della legge Zan, che aspetta l'approvazione definitiva dal Senato.
Pressati da notizie più urgenti, nei giorni scorsi abbiamo lasciato da parte il nuovo passaggio fatto da Avvenire in direzione Lgbt. Ma la questione, per la sua gravità, non può essere lasciata passare sotto silenzio. Il 28 novembre, infatti, con il solito Luciano Moia il quotidiano dei vescovi si è dichiarato a favore della celebrazione il 17 maggio di ogni anno della Giornata nazionale contro l’omofobia, la lesbofobia, la bifobia e la transfobia prevista dalla famigerata proposta di Legge Zan, già passata alla Camera e in attesa di approvazione definitiva al Senato.
Il tema della Giornata contro l’omofobia ecc. è certamente uno dei punti più controversi della proposta di legge Zan perché significa indottrinamento gender fin dalle scuole elementari, ovvero quella “colonizzazione ideologica” diverse volte denunciata anche da papa Francesco. E non c’è bisogno di farci chissà quali dietrologie: già oggi in molte scuole si è fatto spazio ad associazioni Lgbt che ne usano per i loro scopi propagandistici, figurarsi cosa accadrà se addirittura verrà istituita la Giornata.
Moia, bontà sua, riconosce che qualche rischio c’è, ma vale la pena correrlo perché – dice lui - comunque molti ragazzi sperimentano già relazioni omosessuali o sono curiosi rispetto a questo orientamento. E quindi è importante che le domande dei ragazzi vengano ascoltate da «chi ha competenze e strumenti per farlo in modo coerente e sereno». Inoltre, dice sempre Moia, non solo i ragazzi ma anche i loro genitori hanno bisogno di rieducazione su questi temi: «le famiglie, a loro volta confuse, hanno smesso di essere un punto di riferimento».
E allora affidiamoci tutti all’amorevole cura delle organizzazioni Lgbt che ci schiariranno le idee. Ovviamente mettendo dei paletti, secondo lo stile di Avvenire, un modo ipocrita per mascherare con le buone condizioni le cattive intenzioni. Se anche la CEI cede sull’educazione gender a scuola e non oppone resistenza alla trasformazione delle scuole elementari in campi di rieducazione Lgbt, possiamo ben pensare che il disegno di legge Zan avrà vita più facile del previsto in Parlamento, con tutte le conseguenze del caso.
C’è da aggiungere però che questa deriva morale di Avvenire non deve essere digerita proprio bene da tutte le componenti della Chiesa italiana. È significativo infatti che dopo aver flirtato per mesi con l’onorevole Alessandro Zan, militante Lgbt e promotore della legge contro l’omofobia ecc., all’indomani del passaggio della sua proposta di legge alla Camera, Avvenire abbia pubblicato un articolo («Otto motivi per dire “no” alla cosiddetta legge Zan») che inizia con un perentorio «Ci siamo sbagliati». Lo sbaglio sarebbe proprio l’apertura di credito nei confronti di Zan e della sua corte.
L’articolo, firmato da Francesco Ognibene, è molto netto e di chiusura totale nei confronti di una legge che «non è solo superflua (…), è soprattutto una legge presuntuosa e rischiosa». E il primo degli otto motivi per dire un secco “no”, guarda caso è proprio l’istituzione della Giornata contro l’omofobia ecc.. Ai bambini, dice Ognibene, «si finirebbe per cercare di far credere che l’esperienza che vanno facendo della realtà è una finzione, essendo l’umanità non declinata al maschile e femminile ma oggetto di infinite identità». E va avanti ricordando “Il nuovo mondo” di Huxley da cui si ricava che «il ricondizionamento della società in base alle idee di chi la guida comincia plasmando la mente dei bambini».
La nuova apertura sull’indottrinamento gender nelle scuole fa comprendere però che il «Ci siamo sbagliati» di Ognibene non impegnava anche Moia, che ad ogni buon conto è la bandiera dell’omosessualismo culturale del giornale della CEI. E non preludeva quindi a un accantonamento dello stesso Moia sui temi Lgbt e a una correzione di direzione.
Però, siccome è impensabile che certi articoli, su questo tema, possano uscire senza l’approvazione del direttore, l’unica spiegazione possibile alla pubblicazione di giudizi contrapposti è l’esistenza di due anime della Chiesa in conflitto. Visto che Moia può contare sull’asse di ferro con padre Antonio Spadaro – uno dei principali consiglieri di papa Francesco – e con i gesuiti omosessualisti come padre Piva, si deve dedurre che Ognibene interpreti i mal di pancia al vertice della CEI, probabilmente della stessa presidenza. Che non ha la forza di contrapporsi alle indicazioni e alle pressioni che arrivano dalla corte di Santa Marta, ma di tanto in tanto fa capire che non è proprio d’accordo.