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IL CASO

Avvenire, il fascino discreto della lobby gay

Nei giorni scorsi ha provocato reazioni l'articolo di Avvenire in cui si parla apertamente di "famiglie omogenitoriali". Reazioni che non hanno ricevuto risposta né vedranno correzioni di rotta. La lobby gay infatti, che controlla il quotidiano dei vescovi, sta ora marciando con il vento in poppa. Ma non si dimentichi che la sua lunga marcia è iniziata molto tempo fa.

Editoriali 06_01_2021

È tipico di un certo clericalismo introdurre novità non con annunci chiari (che rischierebbero di provocare una resistenza) ma con mezze frasi, ammiccamenti, note in fondo a un documento, frasi buttate là con noncuranza in mezzo a discorsi troppo prolissi per essere seguiti con attenzione. Così un giorno ci si trova improvvisamente davanti a situazioni nuove e non ci si capacita di come ci si sia arrivati. Così è per l’agenda gay che Avvenire porta avanti ormai da anni, con pazienza e determinazione (come denunciamo ormai da molto tempo).

L’obiettivo è quello che l’allora cardinale Ratzinger, come prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, aveva chiaramente denunciato nel documento del 1986 (clicca qui) dedicato alla pastorale per le persone con tendenze omosessuali: sovvertire l’insegnamento della Chiesa in materia di sessualità.

Avvenire, dicevamo: l’ultimo passo in questa direzione è stato fatto il 29 dicembre. Si avvicina l’Anno della famiglia-Amoris Laetitia, voluto da papa Francesco, e quale migliore occasione per ficcarci dentro le rivendicazioni Lgbt travestite da attenzione pastorale. Del resto Avvenire è da tempo ormai che fa leva sull’unico paragrafo (su 325) dell'esortazione post-sinodale in cui si fa riferimento alle persone con tendenze omosessuali per costruirci la legittimazione dell’omosessualità (peraltro il numero 250 di Amoris Laetitia si riferisce soltanto alle famiglie che hanno figli con tale tendenza).

Comunque, il 29 dicembre Avvenire pubblica l’intervista a padre Marco Vianelli, direttore dell’ufficio CEI (Conferenza Episcopale Italiana) per la famiglia. Ovviamente l’intervistatore è il solito Luciano Moia che, verso la fine dell’intervista, butta lì una domanda sulle «famiglie omogenitoriali»; e padre Vianelli risponde usando la stessa terminologia. «Famiglie omogenitoriali»? E da quando in qua una coppia di persone dello stesso sesso è considerata “famiglia” dalla Chiesa? Non solo tutto il Magistero e il Catechismo affermano con chiarezza che l’unica famiglia è quella fondata sul matrimonio tra un uomo e una donna; ricordiamo anche le grandi battaglie combattute negli anni ’90 del secolo scorso da Giovanni Paolo II per evitare  che alle grandi Conferenze internazionali dell’ONU fossero approvati documenti e piani di azione che cambiavano il concetto di “famiglia” in “famiglie”. Non in base a una tradizione conservatrice che, come tale, può essere superata, ma per la fedeltà al progetto originario di Dio, che è eterno e immutabile.

Ma dopo anni passati a legittimare l’omosessualità come stile di vita, per Avvenire il passo del riconoscimento delle “famiglie omogenitoriali” era maturo. Certo, la cosa non è passata inosservata e ha provocato delle reazioni. Vale la pena riprendere almeno quella di don Gabriele Mangiarotti, fondatore e direttore del sito Culturacattolica.it, che ha immediatamente scritto al direttore di Avvenire Marco Tarquinio e, non avendo ricevuto alcuna risposta – né pubblica né privata – ha deciso di pubblicare la lettera sul suo sito (clicca qui).

Dice tra l’altro Mangiarotti, dopo aver lamentato le frequenti uscite di Avvenire che «creano confusione riguardo all’insegnamento cattolico» e su ciò che anche papa Francesco definisce “famiglia”: «Siccome non è la prima volta che il suo giornale si discosta dall’insegnamento della Chiesa su Matrimonio e famiglia, sempre con articoli di Luciano Moia, mi chiedo che cosa si sta aspettando per correggere queste affermazioni contraddittorie, che creano non poca confusione nelle menti dei fedeli cattolici. Non sarebbe ora di fare piazza pulita di chi infanga l’insegnamento del Signore e della Chiesa, ritornando alla chiarezza dell’insegnamento che i papi (e soprattutto quel Papa che Francesco ha definito il “Papa della famiglia”) hanno costantemente riproposto?».

Richiesta più che legittima, ma sarebbe anche un po’ ingenua se la lettera non fosse anche un indiretto appello a vescovi di buona volontà che reagiscano alla gestione di un quotidiano che parla a loro nome. Signori vescovi italiani, sembra dire don Mangiarotti, siete davvero tutti d’accordo nel legittimare l’omosessualità, riconoscere che le coppie omosessuali sono famiglia e tra un po’ anche nel benedire le coppie omosessuali in chiesa in attesa di arrivare al matrimonio sacramentale?

Se fosse una semplice lettera al direttore sarebbe ingenua perché è evidente che questa è la direzione voluta da chi controlla veramente Avvenire (la direzione CEI? Padre Antonio Spadaro per conto di Santa Marta?). Gli interventi di Luciano Moia non sono né scivoloni sfortunati né fughe in avanti di un giornalista “fuori linea”: sono invece frutto di una scelta editoriale ben precisa, che Moia esegue con lo zelo e l’arroganza del bravo ufficiale che sa di avere le spalle coperte da chi è molto in alto. Non si dimentichi che presidente del Consiglio di Amministrazione di Avvenire è quel neo-cardinale Marcello Semeraro che ha fatto della sua diocesi di Albano il santuario degli “Lgbt cattolici”.

Ma sbaglierebbe chi ritenesse che si tratta di una svolta recente, coincidente con questa direzione del quotidiano o, peggio, con questo pontificato. Certamente oggi nella Chiesa si è creata una situazione che permette a questa lobby di marciare a tappe forzate e in modo sempre più esplicito, ma le basi sono state già messe molto prima. È un lungo cammino iniziato già con la direzione di Dino Boffo (e presidente della CEI era Camillo Ruini): non a caso Luciano Moia è arrivato ad Avvenire alla fine degli anni ’90 e subito è stato messo alla guida del neonato inserto sulla famiglia, “Noi Genitori e Figli” (oggi trasformato in “Noi – Famiglia e Vita”). Posizione che Boffo ha voluto mantenesse saldamente anche quando a Moia sono state affidate altre grandi responsabilità redazionali. Posizione che è stata ovviamente confermata dalla direzione Tarquinio. Ai tempi di Giovanni Paolo II e Benedetto XVI ci si doveva muovere con molta cautela, non c’erano molti spazi di manovra, ma Moia garantiva che – pur formalmente fedeli al Magistero - non si sposassero però posizioni troppo rigide, troppo wojtyliane, soprattutto sul tema omosessualità.

Ora invece la lobby gay viaggia con il vento in poppa. E quanti hanno scritto ad Avvenire protestando per le “famiglie omogenitoriali”, possono stare tranquilli sul fatto che non riceveranno risposta né correzioni di rotta: al massimo una pausa finché si calmino le acque, poi via per un altro strappo, per un’altra tappa della lunga marcia.