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ETICA PUBBLICA

Aumentare le tasse fa male al fisco

In un sistema in cui la tassazione
è elevata c'è il rischio che aumenti l’evasione stessa, a scapito del gettito su cui lo Stato conterebbe.

Attualità 22_07_2011
Tassse

Una cosa è certa: la manovra economica ideata dal ministro Giulio Tremonti non ha complessivamente diminuito la tassazione. Ma se migliorare i conti dello Stato è attualmente improrogabile e necessario (anche in ragione dell’attacco speculativo sferrato nelle scorse settimane verso il nostro Paese), per riuscirci non sarebbe meglio fare esattamente il contrario, ovvero ridurre le tasse? Forse l'ipotesi non va scartata a priori.

In un'intervista rilasciata al quotidiano online l’Occidentale, l’ex ministro Antonio Martino ha detto che «quando Kennedy tagliò l’aliquota massima dal 91% al 70%, si osservò un aumento del gettito fiscale federale. Lo stesso dicasi per Ronald Reagan, quando con due riforme tagliò l’aliquota massima dal 70%  al 28%. Anche in quel caso il gettito aumentò». In varie occasioni lo stesso Silvio Berlusconi ha sostenuto tesi più o meno simili, ma la strategia di Tremonti ha prevalso.

Restando su un piano descrittivo (senza fare valutazioni etiche che pure sarebbero importanti) l’argomento si presta ad alcune considerazioni, anche sul piano psicologico-comportamentale, nella scia di quanto bene scrive Vittorio Pelligra nello studio I paradossi della fiducia. Scelte razionali e dinamiche interpersonali (il Mulino, Bologna 2007).

Chiarito che la lotta all’evasione fiscale è importante e che bisogna sanzionare i disonesti, il punto è che un sistema in cui la tassazione è elevata e in cui i controlli sono molto pervasivi, nonché formulati sul presupposto secondo cui tutti i soggetti sono strutturalmente opportunisti, rischia di essere controproducente: può aumentare l’evasione stessa, a scapito del gettito, e questo per diversi motivi.

Un primo motivo, il più ovvio, è che se la tassazione (diretta e indiretta) resta alta o diventa tale, cioè se l’esborso è elevato, il contribuente paga le imposte molto malvolentieri. Un secondo è che una tassazione elevata può mettere economicamente in ginocchio un contribuente o un’impresa. Un terzo è che una tassazione bassa viene generalmente percepita come giusta, mentre una tassazione elevata (supponiamo al 60 %) viene percepita come ingiusta da molti, i quali possono essere portati a pensare all’evasione come legittima difesa nei riguardi di un’ingiustizia subita.

Ma non è tutto. Come reagiscono le persone quando il loro comportamento è rigidamente controllato e (in particolare) quando la tassazione è elevata? Di fatto, molte persone per reazione, per insofferenza o per risentimento rispetto a un sistema percepito come oppressivo cercano di esplorare tutte le opportunità di violare le norme, se possono farlo senza essere scoperte (visto che nessun sistema umano di controllo potrà mai essere onnisciente e perfetto), e tendono a osservare la legge non per intimo convincimento, non per adesione al suo scopo-fine, bensì solo o quasi solo perché temono le sanzioni connesse alle trasgressioni. Perciò, come ha evidenziato l’economista Bruno Frey, la proliferazione di norme e i controlli pervasivi possono essere controproducenti, possono incrementare le trasgressioni aumentando la frequenza proprio di quei comportamenti che vogliono evitare.

Così, se è vero che regole e controlli debbono esserci, probabilmente sbaglia chi pensa che sia economicamente proficuo stabilire regole pervasive di convivenza e tassazione, convinto, per dirla con il David Hume del trattato On The Independence of Parliament (1742) che «ogni uomo [deve] essere considerato come un furfante [con] nessun altro fine in tutte le sue azioni all’infuori dell’interesse privato». È vero che i furfanti ci sono e che non sono affatto pochi, ma - secondo Frey - questo approccio può, non raramente, dimostrarsi controproducente: «una costituzione per furfanti spiazza le virtù civiche».

Fondare poi la convivenza solo, o principalmente, sulle regole e su un capillare sistema di controllo è controproducente anche per un motivo ulteriore: perché gli innumerevoli vincoli e la burocrazia opprimente strangolano l’iniziativa, economica ma non solo, e la soffocano spesso in partenza.
Ovviamente, non si tratta di abolire i controlli, le sanzioni e la tassazione; bisogna però concepirli in modo che - come mette in luce il citato testo di Pelligra - non erodano le motivazioni intrinseche e le virtù civiche .