Aumenta la CO2, caccia al colpevole che non c'è
Uno studio dimostra che i vecchi alberi assorbono più CO2. Tre settimane dopo si scredita la tesi. Ma l'aumento di emissioni potrebbe essere causato da eventi climatici straordinari. Tuttavia, se non credi nel riscaldamento globale, sei un "negazionista".
Il 2 agosto scorso, il sito di GreenReport pubblicava l’articolo/appello: “Non tagliate i vecchi alberi: assorbono la metà della CO2 delle foreste pluviali”. L’articolo si basa su uno studio pubblicato su “Global Ecology and Biogeography”. Una ricerca che, secondo gli autori: «Si annuncia importante fin dalla partecipazione di decine di ricercatori di 40 istituzioni scientifiche e mantiene le sue promesse». Il titolo già dice tutto. I vecchi alberi, le vecchie foreste, trattengono più anidride carbonica, dunque servono a combattere meglio il fenomeno del “riscaldamento globale”. « … i grandi alberi nelle foreste tropicali stoccano fino alla metà della biomassa fuori terra (Above ground carbon – Agc), ribadendo la loro importanza per contrastare il cambiamento climatico. I dati provengono dallo studio di quasi 200.000 alberi in 120 siti di foresta pluviale di pianura in Africa, Asia ed America Latina. Lo stoccaggio di carbonio nei grandi alberi varia tra le diverse regioni che ospitano foreste tropicali, ma è importantissimo in tutte le foreste naturali». Anche quelle in Europa, si intende.
Nemmeno tre settimane dopo, il 19 agosto, veniva “strillata” da tutte le agenzie un’altra notizia sulla CO2: le vecchie foreste (dunque: i vecchi alberi di cui sopra), in Europa, sarebbero prossime alla saturazione. Non riescono più ad assorbire la CO2. Lo rivela uno studio pubblicato sull’autorevole “Nature Climate Change”. Dunque, per combattere al meglio il riscaldamento globale, si deduce che occorra far piazza pulita di vecchi alberi e piantarne di nuovi. Ringiovanire le nostre foreste. Ed è quello che suggerisce uno degli autori dello studio, Gert-Jan Nabuurs dell’università olandese di Wageningen, in un’intervista alla Bbc. Pur suggerendo di preservare le vecchie foreste nel nome della tutela della biodiversità («Le vecchie foreste sono necessarie e i responsabili delle politiche nazionali ed europee devono privilegiare la tutela della biodiversità in quelle regioni dove le foreste forniscono habitat di grande pregio»), ai fini della lotta al riscaldamento globale suggerisce che: «In altre regioni, tuttavia, forse è tempo di tornare a concentrarsi sulla produzione del legno e sul ringiovanimento delle foreste. In questo modo si può garantire la crescita delle foreste e la loro funzione di assorbimento di carbonio, insieme a un flusso continuo di legname». Mano all’ascia, dunque. Serve legna e, al tempo stesso, alberi giovani che impediscano l’aumento della temperatura.
Per un profano che legge queste due notizie, a meno di tre settimane l’una dall’altra, può sembrare che i due gruppi di ricercatori stiano dicendo l’uno l’opposto dell’altro. E in effetti è così. Non c’è alcun malinteso. Gli uni sostengono che i vecchi alberi siano il migliore antidoto al “global warming”, gli altri dicono che, per lo meno in Europa, si dovrebbe farne legname. A meno di non preservarli nei parchi naturali, dove e quando è possibile.
Ma chi non si ritiene sufficientemente confuso sappia che, fra queste due notizie, ne era uscita una terza, a metà agosto, secondo cui l’aumento della CO2 ha un’altra causa ancora: eventi climatici estremi. Secondo una ricerca, pubblicata su “Nature”, del gruppo coordinato da Markus Reichstein, dell’Istituto tedesco Max Planck per la Biogeochimica a Jena, sono i lunghi periodi di siccità, le ondate di calore, forti piogge e tempeste violente, a causare l’anomalia. A causa di questi fenomeni, secondo questo studio, gli ecosistemi terrestri (fra cui le foreste) assorbono circa 11 miliardi di tonnellate di CO2 in meno ogni anno rispetto a quanto dovrebbero. Abbattiamo i vecchi alberi o li preserviamo, allora? Che siano vecchi o giovani, gli alberi non cambiano lo scenario, non c’entrano nulla: se sono sottoposti a eventi estremi svolgono meno il loro lavoro di “spugne” della CO2. In questo scenario l’uomo può fare ben poco. Per sicurezza, lo studio pubblicato su “Nature” ritiene che si debba evitare la deforestazione.
Tutti questi studi, oltre che essere approfondimenti della conoscenza scientifica in sé, hanno uno scopo pratico ben preciso: suggerire ai politici cosa fare per evitare il riscaldamento globale. Ma un politico cosa dovrebbe mai imparare? Di preservare i vecchi alberi, anzi no: tagliarli. Anzi no: non ci puoi fare niente, perché sono eventi climatici eccezionali che stanno aumentando le emissioni di CO2. La scienza, per sua stessa ammissione, procede per tentativi ed errori.
Su una sola cosa sembrano tutti d’accordo: il riscaldamento globale è in atto. Ecologisti e scienziati impegnati, schiumanti di rabbia, suggeriscono di incarcerare chi nega questa “verità”, equiparando il negazionismo del Global Warming a quello dell’Olocausto. Chiunque provi a dire il contrario, su un qualsiasi forum di Internet, viene sommerso di insulti. Per esempio, nel 2007, Timothy Ball, un ex professore di climatologia all’università di Winnipeg in Canada, ha ricevuto cinque minacce di morte via email da quando ha reso note le sue perplessità sul grado in cui l'uomo starebbe contribuendo al cambiamento climatico.
Eppure in Russia (che ormai è terra di bastian contrari su tutto: sull'omofobia, sulla Siria, sulle tasse …) si sta affermando, negli ambienti scientifici locali, la tesi del Global Cooling: andiamo verso il raffreddamento globale.