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IL PAPA AD ASSISI/2

Assisi 1986, ecco perchè

Nessun intento sincretistico. Giovanni Paolo II istituì questo evento per scongiurare una guerra nucleare e mostrare l'unità del genere umano.

Attualità 27_10_2011
Assisi 1986
La convocazione dei rappresentanti delle diverse religioni mondiali ad Assisi, nel 1986, rimarrà uno degli episodi salienti del pontificato di Giovanni Paolo II, sia perché assolutamente inedito, sia perché ricevette e continua a ricevere varie contestazioni, sia soprattutto perché le vere intenzioni espresse in diverse occasioni dal Magistero del Papa rimangono ancora oggi sostanzialmente incomprese.

Credo allora sia utile rileggere le due motivazioni di Giovanni Paolo II: scongiurare una guerra nucleare e favorire la restaurazione dell’unità religiosa del genere umano. Anche oggi alcuni “leggono” Assisi in chiave sincretista e relativista, altri al contrario pensano che Assisi sia stato e sia un “gesto sbagliato”: ma pochi fanno lo sforzo di andare alla fonte, cioè alle motivazioni indicate dai discorsi del Pontefice.


IL MONDO NEL 1986


Nel 1986 il mondo viveva ancora nel clima della “guerra fredda”, cioè di quella che molti storici hanno definito la Terza guerra mondiale. E’ bene ricordare che non era ancora caduto il Muro di Berlino e il mondo viveva effettivamente nel terrore di una guerra nucleare fra i due grandi blocchi, quello occidentale e quello comunista. Così, allo scopo di ottenere da Dio il dono della pace, papa Giovanni Paolo II convocò ad Assisi per una giornata di preghiera e digiuno i rappresentanti delle diverse religioni del mondo nel mese di ottobre del 1986.

La decisione venne presa in sostanziale solitudine, lasciando sorpresi molti esponenti della curia romana che non apprezzavano quella novità e incontrando le riserve di molti prelati preoccupati della manifestazione di sincretismo che quel gesto pubblico avrebbe potuto rappresentare, inducendo a credere che tutte le religioni possano essere uguale strumento di salvezza.


LE PAROLE DI GIOVANNI PAOLO II PER SPIEGARE "ASSISI"

A entrambe le preoccupazioni il Papa risponderà nel suo Magistero, dimostrando di avere coltivato da tempo e in profondità gli scopi che si prefiggeva convocando la giornata di Assisi. Lo scopo – dirà ad Assisi la domenica mattina del 27 ottobre davanti a tutti i 62 rappresentanti delle religioni nel mondo riuniti nella Basilica di Santa Maria degli Angeli – è mostrare al mondo «che esiste un’altra dimensione della pace e un altro modo di promuoverla», che appunto non sia il negoziato oppure il compromesso politico, ma venga invece dalla preghiera, seppure da parte di persone che professano diverse religioni.

E quest’ultimo fatto non deve stupire né indurre qualcuno a sospettare il sincretismo religioso: «Il fatto che noi siamo venuti qui non implica alcuna intenzione di ricercare un consenso religioso tra noi o di negoziare le nostre convinzioni di fede. Né significa che le religioni possono riconciliarsi sul piano di un comune impegno in un progetto terreno che le sorpasserebbe tutte. Né esso è una concessione a un relativismo nelle credenze religiose, perché ogni essere umano deve sinceramente seguire la sua retta coscienza nell’intenzione di cercare e di obbedire alla verità». L’intenzione apparve chiara a chi non aveva motivi di suscitare polemiche. Tuttavia è indubbio che chi invece voleva trovare motivi di polemizzare con il Papa poté aggrapparsi a episodi sconvenienti che avvennero nella giornata, come alcuni gesti di rappresentanti di altre religioni all’interno delle chiese cattoliche, poco rispettose appunto del luogo adibito a un culto specifico, così come indubbiamente la parte progressista del mondo cattolico celebrò l’evento in chiave appunto relativistica. Ma il Papa aveva in mente anche un altro aspetto convocando la giornata di Assisi, relativamente appunto all’ecumenismo e al dialogo con le altre religioni.


RESTAURARE L'UNITA' DEL GENERE UMANO


In sostanza il Papa voleva mostrare al mondo che avrebbe assistito all’evento di Assisi un segno visibile dell’unità del genere umano, seppure ancora imperfetta, che Dio ha voluto creando tutti gli uomini e amandoli uno per uno e che la Chiesa sente di dovere realizzare, come propria vocazione, attraverso la missione e l’apostolato. Questa idea così importante è espressa in un lungo discorso pronunciato dal Papa alla curia romana il 22 dicembre dello stesso anno, per ricordare e spiegare appunto il significato della giornata di Assisi. «Infatti in quella giornata, e nella preghiera che ne era il motivo e l’unico contenuto, sembrava per un attimo esprimersi anche visibilmente l’unità nascosta ma radicale che il Verbo divino, “nel quale tutto fu creato e nel quale tutto sussiste” (Col 1, 16; Gv 1, 3), ha stabilito tra gli uomini e le donne di questo mondo, coloro che adesso condividono insieme le ansie e le gioie di questo scorcio del secolo XX, ma anche coloro che ci hanno preceduto nella storia e coloro che prenderanno il nostro posto “finché venga il Signore” (cf. 1 Cor 11, 26)».

Ossia, nelle intenzioni del Papa, l’incontro di Assisi era l’occasione in cui mostrare anche fisicamente al mondo intero l’unità del genere umano come esito auspicabile e raggiungibile, nell’obbedienza a Dio da parte delle diverse religioni e auspicando il riconoscimento di Cristo come Salvatore di ogni uomo e del mondo, testimoniato dal fatto che era stato appunto il suo Vicario a convocare i rappresentanti delle religioni. Assisi, per Giovanni Paolo II, «ci invita a una “lettura” […] alla luce della nostra fede cristiana e cattolica. Infatti la chiave appropriata di lettura per un avvenimento così grande scaturisce dall’insegnamento del concilio Vaticano II, il quale associa in maniera stupenda la rigorosa fedeltà alla rivelazione biblica e alla tradizione della chiesa, con la consapevolezza dei bisogni e delle inquietudini del nostro tempo, espressi in tanti “segni” eloquenti (cf. Gaudium et Spes, 4)».

Fra questi bisogni c’è certamente quello di aiutare gli uomini di questo tempo a riconoscersi figli dello stesso Dio, mettendo da parte le differenze. Alcune di queste, dice il Papa, sono legittime e sono le differenze specifiche dei popoli che nascono dalle diverse culture. Altre, e sono le differenze religiose, sono sorte per iniziativa degli uomini e possono essere superate nel riconoscimento appunto dell’unico progetto divino.

In un certo senso, conclude Giovanni Paolo II, anche attraverso l’incontro di Assisi, la Chiesa ha aumentato la propria comprensione della missione che il Signore le ha affidato di riunire in Cristo tutti i popoli, testimoniando così l’unità del genere umano, creato e redento dallo stesso Dio. «In questo senso, si deve anche dire che la stessa identità della chiesa cattolica e la coscienza che essa ha di se stessa sono state rafforzate ad Assisi. La chiesa infatti, cioè noi stessi, abbiamo meglio capito, alla luce dell’avvenimento, qual è il vero senso del mistero di unità e di riconciliazione che il Signore ci ha affidato, e che egli ha esercitato per primo, quando ha offerto la sua vita “non soltanto per il popolo, ma anche per unire i figli di Dio che erano dispersi” (Gv 11, 52)».