Ascolto, ma di chi? Le parole bolla di sapone del Sinodo
PubblicatI i due documenti fondamentali della prossima fase sinodale sulla sinodalità. Dalle parole-chiave che si trovano disseminate in tutto il vademecum (ascolto, inclusione, partecipazione, sogno, speranza, novità, cambiamento, stereotipi, pregiudizi, dialogo, riconciliazione, condivisione, periferie, discernimento, accessibilità, equità, corresponsabilità) si può parlare di parole-bolla di sapone tanto sono vuote di senso specifico e quanto, per lo stesso motivo, sono riempibili di qualunque senso. L’inclusione e il dialogo riguardano anche le eresie? La condivisione è un valore in sé indipendentemente dai contenuti condivisi? Stereotipi e pregiudizi riguardano anche aspetti della dottrina?
La Segreteria generale del Sinodo dei vescovi, guidata dal Cardinale maltese Mario Grech, ha pubblicato i due documenti fondamentali della prossima fase sinodale che interesserà nei prossimi anni la Chiesa universale e le Chiese locali. Il primo è il Documento preparatorio (vedi qui) dal titolo “Per una Chiesa sinodale: comunione, partecipazione e missione” e il secondo è il Vademecum (vedi qui) ossia un insieme di indicazioni operative e strumenti da utilizzarsi soprattutto nelle Chiese locali. Come si sa il tema del sinodo sarà la sinodalità. Sta per partire la fase che viene chiamata di consultazione che verrà aperta a Roma il 9 e 10 ottobre e poi il 17 ottobre nelle Chiese locali. Per un anno le Chiese locali continueranno questo lavoro di consultazione secondo le indicazioni del vademecum e, finalmente, nell’ottobre 2023 ci sarà la XVI assemblea di tutti i vescovi del mondo a Roma.
Si tratta evidentemente di un percorso lungo, complesso e molto macchinoso – si pensi che il Comitato centrale del Sinodo dovrà stendere addirittura due Instrumenta Laboris – e viene facile pensare quanto ne guadagnerebbe l’evangelizzazione se tutte queste energie fossero ad essa direttamente dedicate, sottraendole alle riunioni e ai documenti. Nonostante il vademecum dica che strumento del Sinodo non è “produrre documenti” e che la Chiesa sinodale non deve essere “autoreferenziale”.
Ad una prima lettura dei due lunghi testi e, soprattutto, interrogandosi sulla stranezza e la reale portata di un sinodo che parla di se stesso – un sinodo, appunto, sulla sinodalità – vien subito da pensare che dobbiamo prepararci ad un lungo periodo rischioso. La preoccupazione per il percorso che sta per iniziare si basa sulle due interpretazioni che si possono dare di esso, entrambe poco rassicuranti. Il fatto spiacevole è che non se ne intravede una terza. Da un lato il percorso sinodale si presenta come fluido o addirittura liquido, aperto al nuovo da qualunque parte arrivi, disposto a qualche avventura. Dall’altro lato esso potrebbe essere invece già predefinito nei suoi esiti e il lungo cammino sinodale essere solo l’occasione per far emergere aspetti di una nuova Chiesa già decisi. Un periodo sinodale molle e plastico, dai contorni indefiniti che potrebbe produrre novità dirompenti (e laceranti) oppure rigidamente contornato nei suoi esiti. Non si pensi, però, che le due possibilità siano necessariamente antitetiche.
Tra i due documenti il più importante si dimostrerà essere il vademecum perché dice come si deve pensare e cosa si deve fare mentre il Documento preparatorio verrà probabilmente trascurato in quanto prevalentemente dottrinale.
Ora, ecco un breve elenco delle parole-chiave che si trovano disseminate in tutto il vademecum: ascolto, inclusione, partecipazione, sogno, speranza, novità, cambiamento, stereotipi (da abbandonare), pregiudizi (pure da abbandonare), dialogo, riconciliazione, condivisione, periferie, discernimento, accessibilità, equità, corresponsabilità. Credo che si possa parlare di parole-bolla di sapone tanto sono vuote di senso specifico e quanto, per lo stesso motivo, sono riempibili di qualunque senso. L’inclusione e il dialogo riguardano anche le eresie? La condivisione è un valore in sé indipendentemente dai contenuti condivisi? Stereotipi e pregiudizi riguardano anche aspetti della dottrina? Sogno, novità, cambiamento si qualificano in quanto tali o dipendono da cosa si sogna, da quale sia la novità che si affronta e da che tipo di cambiamento andiamo incontro?
Le espressioni più ambigue dei due documenti – può sembrare strano a dirsi – sono quelle più centrali: la sinodalità è un “camminare insieme”, bisogna porsi “in ascolto dello Spirito”. Dovrebbero essere espressioni-guida di tutte le altre, ed invece si dimostrano confuse. Il camminare in quanto tale è privo di senso e il fatto di farlo insieme non lo arricchisce minimamente. Lo Spirito va certamene ascoltato e parla sicuramente anche oggi ma non possiamo pensare che dica cose contrarie a quelle dette nei duemila anni precedenti. Che lo Spirito spiri dove vuole è ugualmente certo, ma ciò non vuol dire che spiri ugualmente dappertutto e che per ascoltarlo meglio sia doveroso accettare tutto quanto il mondo produce.
Da queste cosiderazioni emerge il pericolo della possibile deriva nei cambiamenti privi di verità. Ma si tratta di una fase consultiva, si dirà. Certamente, però una Chiesa che ascolta prima di dire la propria è molto più pericolosa di una che dice la propria e poi ascolta. Se badiamo alle recenti esperienze, l’ascoltare è stato un mezzo per far dire cose che non si sarebbero altrimenti potute dire. E così si torna alla seconda interpretazione. La situazione la si vuole liquida, aperta, disponibile alla novità, poco perimetrata perché si desidera che da questa fase sinodale emergano novità pirotecniche non solo e non tanto nei documenti finali, che in fondo rimarranno sempre documenti che nessuno legge, ma negli input al nuovo che la prassi sinodale, o meglio la “conversiona sinodale” produrrà. Novità che sono già progettate e incubate oggi.