Arriva lo "sciopero intelligente". Macché, è solo furbetto
La campagna si chiama “Sciopero Intelligente”, è targata Fit-Cisl e si propone l`obiettivo di raccogliere 500.000 firme per proporre una legge di iniziativa popolare. Che non ha altro scopo se non quello di rifare il look a un sindacato, quello dei lavoratori di autobus, metro e tram, che ha perso la fiducia dei cittadini.
“Intelligente”, basta la parola a fare la differenza e a metterci tutti sull’attenti. Ricordate? Una volta c’erano solo le persone intelligenti, poi sono arrivate le vacanze, le bombe e i semafori: tutta roba intelligente. Sappiano com’è finita: le ferie in autostrada, i missili sugli asili e gli incroci a precedenza multipla. Ma vuoi mettere: la classe non è acqua, ma basta aggiungerci un po’ di gas per avere le bollicine. Immagina, puoi. Questo devono aver pensato i dirigenti della Cisl trasporti quando hanno deciso di lanciare la campagna per lo “Sciopero Intelligente”. Perché lavorare stanca, ma scioperare ancora di più: si ferma la polizia, incrocia le braccia la scuola, si fermano i trasporti, lasciando a piedi mezza Italia. Spengono i motori pure i tassisti, ultima tra le categorie in odore di lamentela. Basta, l’overdose selvaggia rischia di travolgere anche il sindacato che già non gode di buona salute. Da oggi, dunque, sì allo sciopero, ma solo se è intelligente. Ecco la proposta frizzante della Fit-Cisl, la sigla che raggruppa gli autoferrotranvieri, quelli cioè che a ogni weekend decidono di bloccare treni, autobus e metrò perché ritengono che andare a piedi faccia molto bene alla nostra salute.
La campagna si chiama, appunto “Sciopero Intelligente” e si propone l`obiettivo di raccogliere 500.000 firme per proporre una legge di iniziativa popolare, che miri “a riequilibrare rapporti industriali nei servizi pubblici”. La Cisl ha comperato un’intera pagina sul Corriere della Sera e creato un sito internet (che ancora non funziona, forse è in sciopero) per spiegare ragioni e obiettivi della mobilitazione. Con un’ammissione sorprendente: «lo sciopero nei mezzi pubblici è un’arma spuntata che ricade solo su lavoratori e cittadini». Beh, qualcosa di simile l’avevamo sospettato e le cifre confermano. Se si volesse fare una stima, si potrebbe dire che in Italia le braccia vengono incrociate ogni sei ore, che si tratti di scioperi che interessano tutto il Paese o di piccole vertenze locali, del settore pubblico o del privato, di piccole, medie o grandi imprese. Nel trasporto pubblico, lo scorso anno si sono avute ben 293 astensioni dal lavoro e 130 azioni di sciopero nelle varie città. Solo a Roma si sono perse ben 20 giornate, mentre tutti ricordano il caos nel novembre scorso a Genova, dove i mezzi pubblici sono stati bloccati per 4 giorni di seguito.
Tanti, troppi, dice la Cisl, e non perché gli autoferrotranvieri siano teste calde o irriducibili guastatori. La vera ragione, scrive la Cisl nel suo manifesto a pagamento, è che «grazie al sistema dei rimborsi regionali, le aziende che gestiscono i trasporti paradossalmente hanno tutto da guadagnare da una giornata di sciopero: meno costi di personale, meno costi di carburante e spesso rimborsi garantiti. Per questo motivo non fanno nulla per evitare lo sciopero». Per questo, la proposta di legge prevede che, almeno durante il giorno dello sciopero, le aziende non ricevano soldi pubblici, che questi quattrini vadano in fondi di solidarietà già esistenti, ed infine, che, durante il giorno di sciopero, chi viaggia nelle fasce di garanzia lo possa fare gratis. Mentre i pendolari ricevano un rimborso-sconto sull’abbonamento per tutte le giornate perse.
Semplice no? Ecco svelato il mistero di quei 293 scioperi in un solo anno. Le aziende municipalizzate, a dar retta alla Cisl, brindano e fanno salti di gioia quando il sindacato ferma autobus, tram e metrò: risparmiano benzina e arrotondano sugli stipendi di macchinisti e bigliettai, mentre incassano i contributi regionali. Dunque: viva lo sciopero. Beh, c’è qualcosa di strano, anzi di paradossale in questa accusa del sindacato alle aziende, colpevoli di lucrare sulle astensioni. Non s’è mai visto che nei bilanci di un’impresa, lo sciopero sia segnato tra i ricavi e non tra le perdite. Semmai, l’unica azienda a “guadagnare” quando non si lavora è proprio il sindacato, che ha lo sciopero nella sua mission istituzionale. E poi, a sentire le aziende dei trasporti, non è affatto vero che queste percepiscono i contributi regionali anche quando i mezzi sono fermi: i finanziamenti sono invece erogati ai chilometri effettivamente percorsi, quindi i servizi non effettuati a causa degli scioperi non vengono affatto pagati.
Più che intelligente, questa della Cisl è una proposta “indecente” e anche un tantino doppiogiochista: scarica sulle imprese tutta la responsabilità del caos urbano in caso di blocco e liscia il pelo ai cittadini infuriati e appiedati con il miraggio di viaggiare gratis nelle fasce di garanzia. Con il risultato, magari, che negli altri giorni il ticket rincari. Manca solo che la proposta di legge cislina preveda il pagamento agli scioperanti di almeno metà della giornata non lavorata e poi la furbata è completa. Certo, le aziende municipali hanno tanti e tali difetti che neppure il più bravo avvocato riuscirebbe a farle assolvere: dagli stipendi d’oro ai manager, ai dirigenti nominati dalla politica fino agli assurdi sprechi organizzativi e gestionali. Ma nella greppia del pubblico, anche i sindacati hanno i loro posti riservati e garantiti e possono giocare la golden share o esercitare il diritto di veto sulle decisioni dei consigli di amministrazione. A questo punto, il solo sciopero intelligente è quello che non c’è, cioè lo sciopero dello sciopero.