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INTERVISTA

Arino: «Io, omosessuale, vivo nella Chiesa e sono felice»

Incontrare, anche se per poco tempo, Philippe Ariño, cattolico, Sentinella in Piedi con tendenze omosessuale,  rimane un’esperienza unica. Forse per l’esperienza che la vita in soli trent’anni gli ha dato o forse perché ciò che afferma sui temi dell’omosessualità è così vero da mettere in crisi la “dittatura del pensiero unico” del gender. 

Educazione 15_05_2015
La copertina del libro di Philippe Ariño

Incontrare, anche se per poco tempo, Philippe Ariño, cattolico, Sentinella in Piedi con tendenze omosessuale,  rimane un’esperienza unica. Forse per la sua personalità così enigmatica ed esuberante, forse per l’esperienza che la vita in soli trent’anni gli ha dato, portandolo a essere insegnante di spagnolo, scrittore, critico d’arte, cantante, blogger e ora a cercare di aprire un’accademia d’arte. O forse perché ciò che afferma sui temi dell’omosessualità è così incredibilmente vero, da mettere in crisi la “dittatura del pensiero unico” del gender che si sta impadronendo della nostra società. 

Philippe Ariño, infatti, è cattolico ed è una persona con tendenze omosessuali, o meglio, come precisa lui: «Sono un uomo, figlio di Dio. Una persona con un’inclinazione, una tendenza, un desiderio omosessuale più o meno durevole». È autore di “Omosessualità controcorrente: vivere secondo la Chiesa ed essere felici,” e gira l’Europa per portare la sua conoscenza del mondo omosessuale e per proporre la via della castità indicata dalla Chiesa per le persone con tendenze omosessuali. Nel momento in cui sta per essere approvato il ddl Cirinnà sulle unioni civili, Philippe ha provato a paragonare la situazione italiana con gli errori fatti in Francia nell’affrontare il “matrimonio per tutti” e offre qualche consiglio a chi vuole mettersi a difesa della famiglia e del matrimonio.

Philippe, perché è così difficile parlare di omosessualità?

«La forza dei miei libri è che io parlo di omosessualità dall’interno e quello che mi sorprende sempre è che ci sono poche persone che parlano di omosessualità solo per spiegare cosa essa sia. Molto più spesso chi ne parla vuole solo giustificare un’identità o un amore, ma essa non è né una né l’altro. Quindi è tutto da fare ed è un campo immenso. Allo stesso tempo l’omosessualità è un argomento bomba perché è il solo male o segno del male che è presentato come un bene, come una identità e come un amore. Dunque è un tabù che allo stesso tempo parla anche delle sofferenze dell’umanità». 

Alla luce dell’esperienza francese quali sono gli errori da non ripetere in Italia per quanto riguarda l’avanzata della legge sulle unioni civili?

«Un errore da non commettere è quello di pensare che l’unione civile e il matrimonio omosessuale non siano la stessa cosa: entrambe, infatti, giustificano l’amore omosessuale come amore universale. In realtà sono considerati entrambi come simboli: non è il matrimonio il vero obiettivo, ma il diritto al matrimonio. I casi di Inghilterra e Germania, infatti, dimostrano che le unioni civili, dopo che sono state approvate, si trasformano molto presto in matrimonio per tutti. Un altro errore è stato quello di credere che il matrimonio per tutti fosse una legge come le altre, quando la differenza tra i sessi tocca in realtà tutte gli aspetti e le dimensioni della persona».

Quale sbaglio si può fare nel portare avanti le tesi a favore della famiglia?

«In Francia abbiamo sbagliato perché abbiamo cercato di aver ragione prima di amare e così abbiamo solo saputo dare spiegazioni. La persona che ci chiede perché siamo contro il matrimonio omosessuale non vuole ascoltarci e in più non le interessano i nostri argomenti, perché dietro la sua domanda sta in realtà la sua vera domanda: “Vuoi amarmi? Perché sei contro di me?” È difficile mettere la carità prima della verità… Vi consiglio allora di rispondere così: “Io non sono per o contro qualcosa, ma sono per le persone e sono molto contento di parlare con te”. È molto difficile amare prima di cercare di avere ragione».

Quali rischi corrono i cattolici?

«Alcuni cattolici credono che noi non ci definiamo in base alla nostra sessualità: dicono che non bisogna vedere le persone in base a quello, quando invece noi siamo definiti dalla nostra sessualità. Oggi si ha paura di dire questo perché la mentalità dominante ha ridotto la sessualità a genitalità. Un altro errore è quello di credere che l’omosessualità sia un errore solo nei fatti e se diviene qualcosa di politico: questo è un discorso incompleto perché l’omosessualità già nella sfera del privato si pone come problema, perché è una sofferenza e una ferita a livello dell’identità e della sessualità. Essenzialmente essa è la paura della differenza dei sessi e dunque non possiamo dire che sia qualcosa di bello. Questo non significa che siamo condannati alla tristezza per questo desiderio, ma l’omosessualità pone dei problemi anche per il fatto che il desiderio è una sofferenza e può essere una violenza se questo desiderio è praticato. Quando vegliamo come Sentinelle in Piedi, di cosa parlano le persone che ci vedono? Di amore e omosessualità! Perché allora non cerchiamo di parlare la loro lingua e adattarci al linguaggio emozionale di chi abbiamo davanti?».