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VINCITORE ALLE PRIMARIE

Argentina: chi è Javier Milei, il candidato favorito alla presidenza

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Con il 30% dei voti l’economista Milei ha avuto il maggior numero di consensi alle primarie per le prossime presidenziali. Libertario, con qualche idea discutibile. È però contrario all’aborto e non piace al globalismo.

Esteri 17_08_2023

In Argentina cominciano a manifestarsi segnali di cambiamento e di rabbia nei confronti del tandem Fernández (Alberto e Cristina) che governa il Paese da quasi quattro anni e che si è reso responsabile dell’ennesima crisi economica e dell’introduzione dell’aborto, oltre all’ideologia del gender in campo educativo e a “matrimoni” e adozioni per coppie Lgbt.

Javier Milei, economista argentino, contrario all’aborto, ha vinto lo scorso 13 agosto le elezioni dette “Paso” (acronimo di primarie aperte simultanee e obbligatorie) che dal 2009 si tengono per determinare, con voto popolare, i candidati dei partiti alle elezioni presidenziali. I candidati, poi, parteciperanno al primo turno delle presidenziali del prossimo 22 ottobre; successivamente, i due candidati che riceveranno più voti andranno al secondo turno, il 10 dicembre, nel quale verrà eletto il presidente della Repubblica di Argentina.

La competizione era tra il partito di governo peronista, la principale forza di opposizione guidata dal partito dell’ex presidente Mauricio Macri e la grande novità del liberale pro life Javier Milei. Con il 100% dei voti scrutinati, l’economista e leader di La Libertad Avanza ha ottenuto il 30% dei voti e la vittoria, vincendo in 16 dei 24 distretti del Paese. Con questa percentuale ha superato la coalizione di opposizione Juntos por el Cambio (28%) guidata da Patricia Bullrich e anche il peronismo, che, raggruppato sotto il marchio Unión por la Patria (27%), ha ottenuto uno dei suoi peggiori risultati degli ultimi decenni. Il rifiuto dei politici e delle politiche tradizionali di questi ultimi vent’anni e la protesta forte contro l’incapacità di governare seriamente l’economia e sviluppare opportunità per tutti i cittadini, insieme alle miriadi di processi per corruzione miliardaria di Cristina Fernández de Kirchner, hanno fatto il resto.

L’Argentina ha dunque premiato qualcuno che promette, sin dall’agosto 2021, di ripristinare il rispetto per i «tre diritti fondamentali che sono la vita, la libertà e la proprietà». Sia Milei che Bullrich rappresentano un’ideologia opposta al kirchnerismo che ha condizionato la scena nazionale, tra scandali e corruzione infinite, per quasi due decenni. È ben chiaro che chiunque vincerà le prossime elezioni avrà l’ingrato compito di invertire i profondi danni causati dalle politiche clientelari, dal populismo e dalla corruzione che erano le pratiche abituali del kirchnerismo. L’Argentina aveva bisogno di una boccata d’aria fresca, nella speranza di azzerare il peronismo clientelare.

Con questa vittoria, Milei è diventato ancora più favorito per le elezioni presidenziali del prossimo autunno e ha dichiarato sui social media che ora il Paese si trova «di fronte alla fine del modello di casta, quel modello basato su un’atrocità che dice che c’è un diritto, ma dimentica che qualcuno deve pagare per quel diritto». «Invito gli argentini a unirsi alla rivoluzione liberale, che in 35 anni farà dell’Argentina una nuova potenza mondiale. Viva la libertà, ca...», ha aggiunto con il suo linguaggio volgare ma caratteristico.

Tra le sue proposte c’è la dollarizzazione dell’economia in un Paese con un tasso di inflazione del 130% e dove «il peso è un disgustoso pezzo di carta che nessuno vuole, un escremento che non va bene nemmeno per il fertilizzante», così come un aggiustamento fiscale. Naturalmente, in campo educativo ritiene che l’obbligo scolastico per i bambini e gli adolescenti sia un’intromissione intollerabile da parte dello Stato e vuole la libertà educativa per i genitori, oltre a ritenere «immorale» il debito pubblico. Javier Milei si oppone all’imposizione della cosiddetta «educazione sessuale completa» e del gender, anche se pensa che il matrimonio sia un mero «contratto» e non ritiene un problema, nella sua ottica libertaria, il «matrimonio egualitario» caro alle organizzazioni Lgbt. Si oppone poi al fatto che l’aborto sia diventato legale in Argentina.

L’opposizione è a tutti i tipi di aborto (compreso quello per stupro), tranne quando c’è un rischio certo per la vita della madre che, secondo lui, è «l’unico caso in cui non si viola l’altra vita» e si deve lasciare la libertà di scelta, sebbene l’aborto intenzionalmente procurato sia in realtà sempre da respingere. Milei ritiene inoltre che «la vita esiste dal momento del concepimento»; certo, «una donna può decidere sul suo corpo, ma quello che ha dentro il suo grembo non è il suo corpo, è un altro individuo».

Nel programma elettorale di Milei c’è anche la libertà di portare armi per l’autodifesa, la libertà del mercato e di impresa, uno smantellamento dello statalismo degli ultimi decenni, la fine del potere della “casta” che ha governato il Paese negli ultimi decenni e, nota dolente, la legalizzazione delle droghe. La vittoria di Milei è stata celebrata da alcune personalità legate al mondo cattolico, come riporta la rivista online Aciprensa, che non dimentica però di sottolineare come ci siano anche sacerdoti e teologi che invece lo disapprovino per le sue critiche allo Stato assistenziale e il suo liberalismo. È preoccupato il presidente messicano Obrador, che definisce le proposte politiche di Milei simili a quelle di Hitler; e preoccupato, per la possibile fine delle sue tentazioni egemoniche sul continente, anche il presidente brasiliano Lula.

La comune narrativa liberal-socialista e globalista descrive Milei come un rappresentante dell’anarchia ultraliberista, ‘trumpiano’ ed estremista di destra: così Der Spiegel, The Guardian, New York Times, Le Monde, Corriere della Sera, El Pais, mentre Repubblica sceglie uno squallido epiteto: «loco» (pazzo). La verità è che Milei non è un comico alla Beppe Grillo, è un politico ed economista preparato e stimato, oltre che da leader pro vita e cattolici dell’Argentina anche dall’Economist e da molti investitori finanziari nazionali e internazionali che, sentiti dalla Reuters, confidano in un cambiamento urgente e necessario per il Paese. Stavolta, l’allarme di Soros e della sua OpenDemocracy è caduto nel vuoto, la libertà popolare ha fin qui deciso diversamente.