Arcipelago Ong, solidarietà che aumenta le vittime
Giuseppe De Lorenzo, giornalista, collaboratore del quotidiano Il Giornale, ha condotto un'inchiesta sulle Ong del Mediterraneo. Ne è risultato un libro, Arcipelago Ong. Le organizzazioni umanitarie, pur di "fare del bene" farebbero patti coi trafficanti di uomini. E le vittime aumentano.
Le Ong attive nel Mediterraneo si sostituiscono e si oppongono agli stati, fedeli alla loro idea di bene e giusta causa. “Non operano con il solo intento di salvare vite umane, ma vogliono indurre l’Europa ad aprire le frontiere senza fare distinzioni”. Pur di riuscirci, “farebbero patti con il diavolo. E forse anche con i trafficanti”. A questa conclusione è arrivato Giuseppe De Lorenzo, giornalista, collaboratore del quotidiano Il Giornale, dopo aver svolto un’inchiesta sulle attività delle Organizzazioni non governative che da oltre due anni solcano il Mediterraneo incaricandosi di portare in Italia gli emigranti illegali provenienti dall’Africa e dall’Asia. I risultati dell’inchiesta sono stati pubblicati in un libro dal titolo Arcipelago Ong. Inchiesta sulle navi umanitarie nel Mediterraneo, edito dalla casa editrice La Vela, 2017.
Se di salvare vite umane si tratta, i dati raccolti da De Lorenzo indicano innanzi tutto quanto invece l’attività delle Ong, per come è stata svolta, abbia incoraggiato gli emigranti illegali a intraprendere l’ultima tappa del loro viaggio verso l’Europa contribuendo in fin dei conti a far aumentare il numero delle vittime. Le Ong – ci ricorda De Lorenzo – secondo le leggi internazionali “dovrebbero entrare in azione solo dopo aver ricevuto esplicita autorizzazione da parte del Centro di coordinamento di Roma. In alternativa, se avvistano un barcone in difficoltà, sono costrette a segnalarne la presenza alla Guardia costiera e attendere ordini”. Invece nel 2017 nel 90% dei casi le Ong hanno individuato direttamente le imbarcazioni che trasportavano gli emigranti, si sono dirette alla loro volta e solo in seguito ne hanno dato comunicazione al centro operativo della Guardia costiera.
Seppure violi le leggi internazionali, un simile comportamento sarebbe giustificato in via eccezionale dall’urgenza di intervenire per evitare una tragedia, non essendoci altro modo più rapido di prestare soccorso nell’imminenza di un naufragio. Non è quasi mai questo il caso. Le navi fino a metà dello scorso anno sono intervenute non in situazioni di emergenza, pronte a entrare in azione a poche miglia dalle coste della Libia, inoltrandosi anche in acque territoriali libiche. Fiduciosi di essere salvati, con la prospettiva di un viaggio breve sulle affollate imbarcazioni degli scafisti e del trasferimento certo su navi sicure e ben attrezzate, più persone hanno deciso di emigrare. È questo il primo effetto dell’attività delle Ong. Il secondo, ovvio, è di aver aumentato di conseguenza gli introiti dei contrabbandieri di uomini, in grado di promettere ai loro clienti viaggi con un elevato tasso di successo. Dunque le Ong hanno favorito i trafficanti, le organizzazioni criminali che guadagnano miliardi di dollari trasportando emigranti illegali. “Con le Ong in campo – spiega De Lorenzo – i barconi non devono più raggiungere la Sicilia, ma è sufficiente farli avvicinare ai natanti di stanza appena fuori dalle acque libiche”. I trafficanti possono assicurare i loro clienti: “ci pensano quelli delle missioni a salvarvi”. Non succede a tutti, solo a quelli che vengono soccorsi da certe Ong. Il libro racconta di salvataggi “su appuntamento”, barconi riconsegnati agli scafisti, suggerimenti agli emigranti di non collaborare con le forze di polizia italiane, non spiegare come si è svolto il loro salvataggio.
L’evidenza di contatti diretti tra i trafficanti e le navi fa pensare che alcune Ong non solo facilitino il lavoro dei trafficanti, esponendosi all’accusa di favoreggiamento, ma collaborino effettivamente con le organizzazioni criminali, mosse dall’idea che la libera, incontrollata circolazione degli uomini sia un diritto: in realtà un diritto a senso unico, affermato soltanto in favore di chi intende raggiungere a qualsiasi costo e in violazione di ogni legge nazionale e internazionale l’Europa, anzi l’Italia: le leggi internazionali prevedono infatti che le persone soccorse siano portate al porto sicuro più vicino, che raramente è un porto italiano, eppure le navi delle Ong hanno sempre puntato sull’Italia. Alcune continuano a farlo, come dimostra il caso recente della nave ProActiva dell’Ong spagnola Open Arms.
L’inchiesta di De Lorenzo, raccogliendo dati, testimonianze, fatti ha contribuito a confermare sospetti e evidenze già maturate nel corso degli anni, ma che hanno a lungo stentato ad affiorare. Nella sua prefazione al libro, Magdi Cristiano Allam, scrive: “per quasi due anni (le Ong) sono diventate una sorta di mito intoccabile…criticare le Ong? Becero”. Invece – osserva ancora Allam – aveva ragione chi protestava “che le politiche migratorie sono prerogativa esclusiva degli stati e nessuna organizzazione, solidale o meno, può permettersi di forzare le scelte dei governi”.
L’aggravante in questa vicenda è l’irresponsabile scelta di portare e abbandonare centinaia di migliaia di persone in un paese, l’Italia, il più impoverito dell’Unione Europea, oggettivamente incapace di far fronte a una simile emergenza, creando così una moltitudine di giovani, sradicati, senza futuro, per lo più destinati a rimediare un’esistenza nell’illegalità e nella dipendenza dalla carità altrui, in un ambiente inevitabilmente sempre più ostile e inospitale.