Appunti per vivere bene il prossimo anno
Riscoprire la certezza che è Cristo a guidare la Chiesa; fare rispondere i responsabili per il tentativo di "pilotare" le conclusioni del Sinodo; usare i mezzi di comunicazione tenendo conto di come il messaggio arriverà in tutto il mondo. Sono questi alcuni dei temi emersi nelle settimane di Sinodo.
Ci sono alcune cose che alla fine del Sinodo meritano di essere puntualizzate, tenendo anche conto che da qui a un anno i temi che hanno tenuto banco saranno continuamente ripresi e approfonditi.
La prima, decisiva questione riguarda ciò che papa Francesco ha detto nel discorso fuori programma che ha pronunciato a fine Sinodo, vale a dire il richiamo al ruolo del Papa e l’obbedienza che tutti gli devono. Con il Papa, con tutti i Papi, ci si può trovare più o meno in sintonia, si può restare perplessi davanti a certe scelte o modi di comunicare, si possono legittimamente criticare anche alcune scelte pastorali; ma non bisogna mai dimenticare che è solo intorno al Papa che si fa l’unità della Chiesa. E il tutto nasce dalla consapevolezza che a guidare la Chiesa è Cristo, non gli uomini e nemmeno il Papa, anche se questi ha una enorme responsabilità. Può sembrare banale ricordarlo, ma senza questa consapevolezza si riduce la Chiesa a un partito, e il Sinodo diventa l’equivalente di un Congresso. È un po’ l’immagine, purtroppo, che è passata guardando i resoconti di tv e giornali (non solo e non principalmente per colpa dei giornalisti). In ogni caso, non esiste Chiesa cattolica senza il Papa. Al di fuori di questa oggettività, l’unica strada è quella della protestantizzazione.
Venendo più direttamente alle conclusioni del Sinodo, si rimane stupiti dai resoconti di molti giornali di ieri: malgrado l’obiettiva, evidente, sconfessione della linea Kasper da parte dell’assemblea sinodale, sulla stampa si è messo in rilievo che comunque la maggioranza dei vescovi ha votato a favore dell’apertura a divorziati risposati e omosessuali. Non è esattamente così, tanto che giustamente qualcuno si è mostrato sorpreso per l’alto numero di “non placet” ai paragrafi contestati che – rispetto alla relazione Erdö di lunedì scorso – erano stati riscritti in modo da non discostarsi dal Catechismo. Il fatto è che le formulazioni – ci torneremo ancora nei prossimi giorni – restano ambigue, tanto da poter essere tirate da una parte e dall’altra, soprattutto dopo il duro scontro dei giorni precedenti. Cosa che ha consigliato molti vescovi a bocciare anche questa versione.
Il “no” di tanti vescovi è anche la protesta per una “regia” del Sinodo decisamente manipolatrice. Sostenere che tutto si è svolto in modo regolare e trasparente va contro ogni logica e buon senso. La Relatio post disceptationem, letta lunedì scorso dal cardinale Erdö è stata duramente contestata nelle parti riguardanti le situazioni irregolari e l’omosessualità: fosse stato un fedele resoconto del dibattito in aula, non sarebbe stata bocciata sonoramente dai circoli minori che hanno presentato quasi 500 emendamenti, che andavano dalla proposta di specifiche modifiche fino alla richiesta di riscrittura totale del testo. E giovedì in aula c’è stata una sollevazione quando la segreteria del Sinodo ha proposto di non pubblicare le relazioni dei circoli minori: qualche cardinale ha detto espressamente che non ci si poteva più fidare della “regia” del Sinodo.
Abbiamo detto Relazione Erdö, ma in realtà dovremmo chiamarla Relazione Forte, visto che subito lo stesso Erdö e poi sabato il cardinale brasiliano Damasceno Assis hanno chiaramente indicato nel vescovo Bruno Forte l’estensore del testo. Non da solo, ovviamente; non avrebbe potuto farlo. Il vaticanista Sandro Magister ha individuato in padre Antonio Spadaro, direttore de La Civiltà Cattolica, un altro “scrittore”, soprattutto per quel che riguarda gli argomenti più controversi. Ma è certo che per un’operazione del genere deve essere stata coinvolta l’intera segreteria del Sinodo. Le reazioni di alcuni cardinali e le parole che si trovano nelle relazioni di diversi circoli minori, fanno capire che ci troviamo davanti a una vicenda inconcepibile. Di cui vogliamo sperare che qualcuno sia chiamato a rispondere.
Legato a questo c’è un terzo aspetto, quello della comunicazione. È vero che la stragrande maggioranza della stampa si preoccupa di portare l’acqua al proprio mulino, che non è certo Chiesa-friendly, ma nell’occasione gli è stata data in mano la pistola già carica per colpire. La Relazione Erdö ha indirizzato con precisione i media internazionali nella lettura del Sinodo, dando chiaramente l’idea che la Chiesa stava cambiando la sua dottrina in fatto di sessualità, che finalmente la Chiesa si arrendeva alla mentalità del mondo.
È ciò che ha anche mandato in confusione tanti fedeli cattolici nel mondo: non perché abbiano paura delle novità e non sappiano aprirsi alle sorprese di Dio, ma perché hanno avuto la sensazione che ciò che era vero e giusto fino a ieri, oggi sembra sbagliato, addirittura un peccato, e viceversa. Nessuno ha mai messo in discussione la necessità di accogliere tutte le persone, anche quelle con tendenze omosessuali, ma leggere che una tendenza fino a ieri “oggettivamente disordinata” si è improvvisamente trasformata in un bene per la Chiesa è un’altra cosa.
Viviamo nell’era della comunicazione, e tutti sappiamo come il circuito mediatico funziona; non si può fare finta di essere ingenui su questo. Chi ha delle responsabilità nella Chiesa non può non porsi il problema di come certe espressioni verranno usate dai media, di come saranno percepite dal popolo. Se un “documento di lavoro” viene trasformato in un “Manifesto per una Chiesa nuova”, c’è forte la responsabilità di chi dà queste cose in pasto alla stampa.