Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi
Natale del Signore a cura di Ermes Dovico
SICUREZZA E PRIVACY

Apple contro Fbi, non aprite quel telefonino

É più importante la sicurezza nazionale o la privacy degli utenti? Ruota attorno a questo interrogativo il braccio di ferro tra governo Usa e Apple, che ha rifiutato di sbloccare l’iPhone di uno degli autori della strage di San Bernardino dove il 2 dicembre scorso persero la vita 14 persone e 17 rimasero ferite.

Politica 26_02_2016
Il palazzo della Apple

É più importante la sicurezza nazionale o la privacy degli utenti? Ruota attorno a questo interrogativo il braccio di ferro tra governo Usa e Apple, che ha rifiutato di sbloccare l’iPhone di uno degli autori della strage di San Bernardino. Nel caso specifico il giudice federale ha dato il via libera alla richiesta a Apple di “sbloccare” un iPhone 5C utilizzato una volta da Syed Rizwan Farook, uno dei due autori dell’attentato al centro per disabili vicino a Los Angeles dove il 2 dicembre scorso persero la vita 14 persone e 17 rimasero ferite.

I magistrati, per la precisione, hanno chiesto ad Apple di disabilitare alcune delle tecnologie di sicurezza dello smartphone, tra le quali quella che blocca definitivamente il telefono, distrugge i dati dopo dieci errori nella digitazione della password e impedisce agli investigatori di poter violare il telefono ed esplorarne il contenuto. In altre parole, gli hanno chiesto di  costruire una backdoor, «una porta di servizio, un accesso secondario» all’iPhone, ovvero un sistema che consente di entrare in un computer aggirando i suoi sistemi di identificazione e protezione. Teoricamente, se tale ipotetico software finisse nelle mani sbagliate, potrebbe potenzialmente sbloccare qualsiasi iPhone e mettere a rischio la privacy di milioni di utenti.

Apple ha replicato dicendo che la sua collaborazione con l’Fbi non può tradursi nella creazione di un software che sia in grado di “violare” alcune importanti misure di sicurezza degli smartphone, che sin qui hanno tutelato i clienti da hacker e cybercriminali. Gli ingegneri del colosso guidato da Tim Cook stanno peraltro sviluppando nuove misure di sicurezza che renderanno impossibile accedere a un iPhone bloccato usando metodi simili a quelli al centro della controversia legale pendente davanti alla magistratura californiana. 

Se Apple riuscirà a rafforzare i suoi sistemi di sicurezza, si scatenerà una significativa sfida tecnologica con le forze dell'ordine e l'intelligence, anche se l'amministrazione Obama dovesse vincere la sua battaglia legale sull'iPhone dell'attentatore di San Bernardino. L'unico modo per uscire da questo muro contro muro, secondo gli esperti, potrebbe essere un intervento del Congresso, per chiarire e definire quali sono gli eventuali obblighi della società informatiche. E non è escluso che si crei un asse trasversale tra democratici e repubblicani per affrontare e definire unitariamente i confini tra privacy e sicurezza. 

I democratici sembrano più attenti alle ragioni di Apple (e di altri colossi come Google e Facebook), visto che per loro la Silicon Valley è un serbatoio di voti e di finanziamenti elettorali, ma lo scontro Obama-Cook sembra aver rimescolato un po’ le carte. Il candidato repubblicano Trump ha criticato Apple: «Ma chi si credono di essere?». Al Congresso invece democratici e repubblicani potrebbero unirsi e far passare una legge che renda obbligatoria la cooperazione chiesta dal giudice a Cook. Il Dipartimento di Giustizia americano ha chiesto in realtà di sbloccare almeno altri nove iPhone oltre a quello del killer di San Bernardino. Apple sta resistendo, perché teme che l’obiettivo dell’Fbi sia di ottenere il lasciapassare a controlli invasivi anche in casi diversi da quelli riguardanti indagini sul terrorismo. Se la magistratura californiana dovesse dare torto ad Apple, le forze dell’ordine statunitensi avrebbero buon gioco nel chiedere lo sblocco di  centinaia di iPhone, ma a quel punto il rischio di violazioni ingiustificate della privacy potrebbe crescere esponenzialmente.

Non è facile sbrogliare la matassa. Bisognerebbe consentire l’accesso ai dati degli iPhone soltanto nelle ipotesi limite di assoluta e imprescindibile necessità di risoluzione di casi di interesse nazionale o quando possa essere a rischio la sicurezza di uno Stato o l’incolumità pubblica.  Ma definire una linea di confine tra casi del genere e arbitrio è operazione alquanto complessa. La privacy degli utenti rimane comunque un valore della civiltà giuridica, ma a volte i colossi del web si trincerano dietro questa barriera per non assecondare le volontà degli Stati sovrani. Il timore di Apple è quello di creare un pericoloso precedente legale. Il governo americano, adducendo sempre motivazioni di tipo terroristico, potrebbe in futuro tornare a chiedere nuovi software con cui violare i dispositivi dell’azienda. Lo stesso presumibilmente farebbero altri governi. E a quel punto rischierebbero di disintegrarsi molte delle barriere che oggi funzionano da argine contro intrusioni nella vita privata delle persone.