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ATLETI DEL CIELO

Anime in movimento. Frassati e i santi dello sport

Pier Giorgio Frassati - di cui oggi ricorre la memoria - di montagna e di sci, conosce tutto, così come conosce bene e in maniera profonda cosa vuol dire essere cristiani. Come lui tanti altri santi sono stati atleti o amanti dello sport, come San Giovanni Paolo II, Chiara Luce Badano,Teresa de los Andes, Philip Evans.

Sport 04_07_2022
Pier Giorgio Frassati

La vetta della montagna e il cielo, o meglio, il Cielo, si baciano quasi, e sempre; sono vicini fino a congiungersi. La Sacra Scrittura, la letteratura cristiana, sono pieni di riferimenti ai monti, alle alture della natura, ai sentieri impervi da scalare: la meta però vale - di gran lunga - il cammino, o la scalata, a seconda dei casi. Pier Giorgio Frassati - di cui oggi ricorre la memoria - di montagna e di sci, conosce tutto, così come conosce bene e in maniera profonda cosa vuol dire essere cristiani, vivere Dio, Cristo in ogni istante della vita.

Conosce così bene i sentieri innevati, li  ama così ardentemente, che in diverse lettere ai suoi amici o parenti, prorompe in descrizioni della natura che sfiorano la poesia; per lui, scalare una montagna però non vuol dire solo mettere in movimento il corpo, ma tutta l’anima. «Ogni giorno che passa mi innamoro sempre più della montagna; il suo fascino mi attira. Io capisco questo desiderio di sole, di salire su, in alto, di andare a trovare Dio in vetta. Oh, come le opere di Dio sono grandi e meravigliose! Vorrei passare intere giornate sui monti a contemplare in quell’aria pura la Grandezza del Creatore. Qui trascorro ore di vera beatitudine contemplando i magnifici ghiacciai», così scriveva Pier Giorgio in una lettera a un suo caro amico. Le parole sono espressione del cuore, si sa, che - attraverso la mente e la mano che verga la pagina - diventano segni grafici; ma è pur sempre il cuore a dettarle. In queste righe, dunque, vi è uno dei ritratti più autentici del gioioso Frassati, perché - come sempre egli stesso scriveva - il cristiano ha quasi la necessità di essere gioioso: «Tu mi domandi se sono allegro; e come non potrei esserlo? Finché la Fede mi darà forza sempre allegro! Ogni cattolico non può non essere allegro: la tristezza deve essere bandita dagli animi cattolici!». Gioia e fede, allegria e sport; condivisione di passioni e ideali che si fondono; spiritualità e poesia che si confondono.

L’apostolo Paolo lo aveva già scritto: un legame tra lo sport e santità, esiste; ed è anche palese, se vogliamo. Basterebbe leggere ciò che scrive nella sua Lettera agli Ebrei (12, 1-2): «Corriamo con perseveranza la gara che ci è proposta, fissando lo sguardo su Gesù, colui che crea la fede e la rende perfetta». Utilizza il termine “gara”, metafora da grande scrittore. E, ancora: «Non sapete che coloro i quali corrono nello stadio corrono tutti, ma uno solo ottiene il premio? Correte in modo da riportarlo. Chiunque fa l’atleta è temperato in ogni cosa; e quelli lo fanno per ricevere una corona corruttibile; ma noi, per una incorruttibile. Io quindi corro così; non in modo incerto; lotto al pugilato, ma non come chi batte l’aria; anzi, tratto duramente il mio corpo e lo riduco in schiavitù, perché non avvenga che, dopo aver predicato agli altri, io stesso sia squalificato» (Prima Lettera ai Corinzi, 9, 24-27). Gara, atleta, stadio, e - addirittura - viene nominato anche il pugilato, disciplina che - a prima lettura - poco avrebbe a che fare con il “cammino cristiano”; eppure l’Apostolo delle genti, sottolinea questa connessione così  “misteriosa” tra vita cristiana e sport.

Se scorriamo le biografie di diversi santi, però, ci rendiamo conto che questa analogia è come se si perpetuasse nel tempo. E’ proprio così: certamente, il più famoso, rimane quel Pier Giorgio Frassati, santo delle montagne; ma, anche altre figure, accompagnano il giovane torinese su questa scia, atletica. La memoria, allora, corre subito a un altro grande santo, atleta per lo sport, atleta di e per Dio: è San Giovanni Paolo II. Furono molte le discipline nelle quali si cimentò il papa polacco: dagli sport acquatici a quelli alpini; sin da ragazzo amava dedicarsi alle attività motorie. Ancora studente giocava a calcio, come testimoniò uno dei suoi compagni di liceo, Eugeniusz Mroz: «Gli piaceva il calcio, soprattutto fare il portiere, perché aveva le braccia lunghe ed era difficile fargli gol». Una passione, quella per il pallone, che coltivò per tutta la vita. A testimonianza di questa passione, ci sono anche le decine di udienze di squadre calcistiche che gli facevano omaggio delle loro maglie. Ma le immagini dell’atletico Wojtyla corrono alle vette innevate degli Appennini e delle Alpi, oasi di preghiera e di contemplazione del Creato; importanti momenti in cui l’animo di scrittore, di poeta, aveva la possibilità di librarsi in una libertà, riflesso della luce di Dio.

E se parliamo di luce, non è possibile non ricordare un’altra atletica aureola: la Beata Chiara Luce Badano che, fin da giovanissima, oltre al suo sconfinato amore per Dio e la carità, cresce e mostra un grande passione per la natura e per molti sport che, con disciplina e amore, pratica, come la corsa, lo sci, il nuoto, il ciclismo, il tennis. Il suo fisico slanciato ben si sposa con il suo slancio di cuore, che palpita, fremente per la corsa verso Dio, non dimenticandosi mai nessuno dietro, anzi invitando tutte le persone che incontrava a gareggiare per il Signore. La vittoria è certa.

Un’altra figura femminile, questa volta non laica, è Santa Teresa de los Andes (1900-1920),  suora carmelitana del Cile che - prima di prendere i voti - amava nuotare come in piscina, così nello sconfinato oceano. Immaginare il suo viso - così bello e tondeggiante che ricorda molto la campionessa olimpionica dei nostri giorni, Federica Pellegrini - immerso nelle acque, andare su e giù, tra le onde, non è difficile. E poi, c’era anche un altro sport praticato dalla santa cilena: l’equitazione.

Ma anche figure lontane dalla storia contemporanea di santità, si sono dedicate allo sport. San Philip Evans (1645-1679), padre gesuita, uno dei quaranta martiri di Inghilterra e Galles, dopo esser stato arrestato per la sua fede cattolica, trascorse il tempo della sua prigionia, suonando l’arpa e giocando - soprattutto - a tennis. Il religioso della Compagnia di Gesù, al momento della dichiarazione di morte da parte del suo carceriere, si espresse con queste parole: “Lasciatemi prima terminare la mia partita”. Gli venne concesso;  il giorno dopo - assieme al suo amico missionario John Lloyd - fu ucciso. Philip Evans è stato dichiarato Beato da Papa Pio XI nel 1929, per poi essere proclamato santo - insieme al suo compagno di cella Llyod - il 25 ottobre 1970, da Papa San Paolo VI.