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APPROPRIAZIONE INDEBITA

Angelo Scola: «Una fede certa apre al dialogo con tutti»

A colloquio con il nuovo arcivescovo
di Milano che parla delle sfide alle quali sono chiamate la Chiesa
e l'umanità del Terzo Millennio,
tra rischi e speranze. "L'io non può esistere se non in relazione". Un'intervista al cardinale Angelo Scola, riprodotta per concessione del direttore ed editore Robert Moynihan, apparsa sul numero di giugno-luglio del mensile cattolico "Inside the Vatican".

 

Studioso e pastore, il cardinale Angelo Scola, è stato un amico intimo di Papa Benedetto XVI per oltre quattro decenni, ed è considerato da molti, a Roma, uno dei possibili successori italiani del Papa tedesco.

Questo intellettuale, figlio di un camionista socialista e di una madre cattolica, proviene dal Movimento Comunione e Liberazione, movimento nel quale si è formato e che, a suo dire,  ne ha favorito la vocazione al sacerdozio.
Studente brillante, ha conseguito un dottorato in filosofia presso l'Università Cattolica di Milano e un altro in Teologia all’Università di Friburgo, in Svizzera, dove ha anche insegnato. Nel 1995è stato nominato Rettore della Pontificia Università Lateranense da Giovanni Paolo II. In molti sostengono che, durante i suoi sei anni di rettorato, ne abbia innalzato il livello accademico.
Nei primi anni '70 ha collaborato con Henri de Lubac, Hans Urs von Balthasar, Jean Daniélou e Joseph Ratzinger nella prestigiosa rivista cattolica internazionale "Communio", di cui è stato redattore per molti anni.  Poliglotta e autore di numerosi libri e innumerevoli articoli, è considerato il più importante intellettuale della gerarchia cattolica italiana.

Con 14 anni di esperienza pastorale nella gestione di due diocesi, questo originale, creativo, pastore e pensatore è anche un uomo di dialogo. Come Patriarca di Venezia ha infatti lavorato duramente per costruire ponti verso le Chiese ortodosse e il mondo musulmano, in quest'ultimo caso, con il lancio del progetto Oasis nel 2004.  Insomma, un leader religioso molto eloquente che ha spesso parlato senza paura in difesa dei diritti umani fondamentali, della Chiesa, della famiglia e dei valori morali.
Il testo che segue è un estratto di un'intervista concessa a Gerard O'Connell, presso il Patriarcato di Venezia, all'inizio di quest'anno.

Quali crede che siano le principali sfide per la Chiesa di oggi?
Penso che la sfida principale che la Chiesa condivide con ogni altro attore dello scenario sociale, sia l'interpretazione del mondo post-moderno. Per me la domanda è: siamo o non siamo entrati nel mondo post-moderno?
Certamente il crollo del muro di Berlino ha segnato una mutazione piuttosto radicale che alcuni fenomeni macroscopici testimoniano.
In realtà ciò che sta accadendo oggi nel Maghreb e in Medio Oriente, è come una seconda fase di quello che è accaduto nel 1989. Sulla scena mondiale c'è chiaramente un forte desiderio di libertà da parte dei popoli che va di pari passo con una richiesta urgente di reale partecipazione.
Ciò ha complicato ancora di più quella che io chiamo il processo di miscelazione (meticciato) di civiltà e culture, cioè un processo di movimento e di spostamento di popoli che diventerà ancora più radicale nei prossimi decenni. Tutto questo ha reso sempre più pressante, per noi in Europa, la necessità di approfondire la conoscenza dell'Islam.
Poi c'è la questione dei forti e rapidi progressi delle tecno-scienze, in particolare nei campi della bioingegneria, della clonazione, dell'informatica, della biologia, della fisica molecolare, delle neuroscienze, della civiltà delle reti sociali e così via.
Tutti questi fenomeni stanno creando un tipo di uomo diverso e, quindi, la sfida per la Chiesa, come per il resto dell’umanità, è la stessa: che tipo di uomo vuole essere l'uomo del terzo millennio?

Qual è, a riguardo, la sua opinione personale?
Circa dieci anni fa, quando ero a Monaco, ho acquistato una copia del Die Welt e mi sono imbattuto in un'intera pagina scritta da un giovane filosofo tedesco della scienza chiamato De Jong, intitolata: "L'uomo è solo l'esperimento di se stesso!"È chiaro che ci troviamo di fronte a un quadro che è radicalmente diverso da quello che ha prevalso fino al 1980 e credo che la Chiesa, in questo contesto, debba insistere sul fatto che l'"Io" non può esistere al di fuori delle relazioni. È questo il punto. Perché è dall’ "Io-in-relazione" che il dinamismo della verità, il bene e il bello viene rintracciato all'interno della famiglia umana e, a mio avviso, si tratta di qualcosa di irrefrenabile.
Dobbiamo domandare a noi stessi il senso della nascita. Nella storia dell'umanità, la nascita ha significato, e continuerà a rappresentare, un fatto che è per me fondamentale: 'Non è possibile auto-procrearsi e sarà sempre così'.  Anche se tra 100 anni dovessimo essere in grado di clonarci, il clone avrà una sua identità e non verrà generato partendo da se stesso.
Pertanto, le sfide sono a livello antropologico, sociale, cosmologico ed ecologico, e sono le sfide alle quali è chiamata a rispondere tutta l’umanità. La Chiesa di Cristo rappresenta la presenza di un Dio incarnato, si è occupata e continua a mettersi in relazione con gli uomini, e dunque eve rispondere a questo genere di sollecitazioni.

L'intervista prosegue qui.

Da Vatican Insider del 29 giugno 2011.