Andrea Orsini: "Vi racconto il Berlusconi pro-vita"
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Andrea Orsini, deputato di Forza Italia, è stato fino all'ultimo uno dei collaboratori più fidati di Silvio Berlusconi. Del defunto leader e fondatore del centrodestra italiano, ci parla dell'aspetto meno conosciuto: la sua visione cristiana della società e la battaglia per la vita.
Andrea Orsini, deputato di Forza Italia formatosi nella storica famiglia politico-culturale del Pli, non è un habitué dei talk show ma è stato fino all'ultimo uno dei collaboratori più fidati di Silvio Berlusconi. Da anni, infatti, i retroscenisti lo indicano come il suo ghost-writer. Lui stesso, però, ci tiene a smentire questa vulgata spiegandoci che il suo contributo si limitava a "dargli una mano nella preparazione dei testi, fornendo spunti e materiale" ed aggiungendo che il presidente era solito scriversi gli interventi da solo. La politica è complessità, sosteneva Ciriaco De Mita. E che dietro le prese di posizione pubbliche del Cavaliere ci fosse, fino alla fine, un ragionamento più complesso del mero calcolo elettorale - anche su temi quali la bioetica, le radici giudeo-cristiane del Vecchio Continente, la libertà religiosa e di espressione - è proprio Orsini a confermarlo in quest'intervista alla Nuova Bussola Quotidiana.
Onorevole, quando ha sentito per l'ultima volta il presidente?
Mi ha chiamato poche ore prima di morire, nel tardo pomeriggio della domenica. Voleva parlare di lavoro. Aveva la voce oggettivamente affaticata però era, non solo presente, ma anche ben attivo. Aveva voglia di pensare a cose da fare nell'immediato futuro. Mi ha esposto una riflessione che stava preparando sul ruolo di Forza Italia. Insomma, non dava proprio l'impressione di essere una persona in procinto di morire.
Lei che lo conosceva bene non si aspettava questa notizia?
Quando lunedì mattina mi hanno avvisato che dal San Raffaele uscivano notizie preoccupanti, ho pensato ad un'esagerazione e mi rifiutavo di crederci. Purtroppo durante la notte c'è stato un progressivo peggioramento. Si temeva che ad un certo punto ci potesse essere un crollo perché la situazione era fragile da diverso tempo, ma lui aveva mostrato grandi capacità di reazione e anche tanta voglia di reagire. Lui non pensava mai a fermarsi e se uno insisteva a chiedergli come stesse, rispondeva quasi infastidito.
A proposito di questo suo amore per la vita: in queste ore c'è chi ha pensato di denigrarne la memoria condannando la sua gestione del caso di Eluana Englaro. Berlusconi andava orgoglioso di aver firmato il decreto per impedire di sospendere alimentazione e idratazione alla ragazza?
Lui era sicuramente orgoglioso di quello che aveva fatto nel caso Englaro e molto rammaricato che la presidenza della Repubblica si fosse messa di traverso in quel momento. Per questo, pur consapevole di aver fatto tutto il possibile, era amareggiato per l'epilogo della vicenda anche perché, al di là del merito, era anomalo un intervento del Quirinale su un decreto. Berlusconi mai ha avuto dubbi sul fine vita, e sull'assurdità di legarlo a dichiarazioni fatte in altro momento. Lui ha sempre avuto forte questo senso della sacralità della vita. In questo senso, ad esempio, era disperato all'idea che si potessero distruggere così tante vite umane nella guerra in Ucraina. Uno dei progetti che aveva in mente negli ultimi tempi era un appello per la pace abbastanza affine a quello del Santo Padre, di cui condivideva molto la sensibilità su questo tema. Ma più in generale condivideva la sensibilità del Papa e della Chiesa su temi come il diritto alla vita e la bioetica. D'altronde, la sua visione del mondo era tutta orientata alla vita e alla speranza. Tutto ciò che andava contro la speranza gli sembrava contro natura. In queste cose era un cristiano naturaliter e poi, certamente, era anche credente: nella sua cappella ad Arcore si celebrava la Messa tutte le domeniche.
Nei palazzi del potere e nelle redazioni sembra diffusa l’idea che Forza Italia sia il partito del centrodestra più aperturista sui cosiddetti diritti civili. Eppure, di fronte ai provvedimenti più discussi - dalla legge Cirinnà al ddl Zan, dal fine vita all'utero in affitto - la linea ufficiale del partito è stata sempre quella di votare contro. Quanto ha contribuito la convinzione personale del presidente in questo?
Faccio l’esempio del ddl Zan: in Forza Italia c’erano pochissime persone che avevano una posizione divergente rispetto alla linea ufficiale, ma siccome erano visibili facevano più rumore degli altri. Ricordo che quando arrivò il provvedimento in aula facemmo una riunione del gruppo e io pronunciai un discorso molto duro, condiviso dalla maggioranza dei miei colleghi. Ed era Berlusconi a dettare la linea: lui non aveva dubbi su queste questioni e tutte le volte che poteva esserci qualche equivoco, faceva interviste e dichiarazioni per fare chiarezza. Ogni volta che si è parlato di temi etici – dalla vicenda Englaro alla legge Zan – il presidente ha sempre preso una posizione esplicita in prima persona pur riconoscendo il diritto ai singoli di essere in dissenso con lui. Ma la linea di Forza Italia non si è mai discostata dalla dottrina cristiana.
Nel rapporto con la Chiesa ci sono stati alti e bassi. In alcuni momenti hanno pesato le vicende personali...
Berlusconi era un convintissimo credente con le sue debolezze, come ogni essere umano. Quello che conta nel giudizio su un uomo pubblico è la sua visione della società. E non c’è dubbio che la sua azione politica sia stata sempre coerente con gli insegnamenti della Chiesa, mentre esistono esponenti della sinistra cattolica che magari hanno una vita privata in apparenza irreprensibile ma sono disponibilissimi ad avallare qualunque legge pronta a contraddire l’antropologia cristiana. Le vicende private c'entrano poco con l'impegno pubblico.
Il Cavaliere non ha mai incontrato Francesco, mentre ha avuto una certa consuetudine con il suo predecessore. Come ha vissuto la morte di Benedetto XVI?
Berlusconi è rimasto molto colpito dalla morte di Benedetto XVI. Avevano avuto molti incontri e si era stabilita una naturale simpatia reciproca. Ammirava molto il Papa tedesco, apprezzandone la chiarezza espositiva, la capacità di spiegare argomenti complessi con un linguaggio semplice ma allo stesso tempo molto preciso e senza margini di ambiguità.
Non abbiamo mai parlato di questione liturgiche, però posso dire che come visione complessiva la sua idea dell'essere cattolici era un'idea molto tradizionale. Basti pensare alle sue continue citazioni delle zie suore, dell'educazione ricevuta dai salesiani, la riconoscenza nei confronti del sacerdote che gli insegnò cos'era il comunismo. I suoi ricordi legati alla Chiesa rientravano sempre nell'ambito di un approccio molto tradizionale.
Certo, si può dire. Ma preciso che in realtà comunismo e laicismo aggressivo sono due facce della stessa medaglia. È vero che il comunismo come fenomeno storico in Europa si è esaurito all'inizio degli anni '90 ma è anche vero che è sopravvissuta la sua visione dell'uomo determinata a tentare di distruggere il modello di società della tradizione giudaico-cristiana e greco-romana. Il comunismo cercava di distruggerla per via sociale ed economica, le correnti laiciste hanno tentato - e tentano - di distruggerlo sul piano etico e dei valori. La dinamica era molto affine e le ragioni di fondo non molto diverse. Si può dire che è stato un altro tipo di attacco ma allo stesso modello di valori.
Era convinto che l'identità europea fosse prima di tutto un'identità cristiana in storia, cultura e visione dell'uomo. Anche il suo essere liberale faceva parte di questa forte concezione della sacralità della persona che è una concezione cristiana. La sua idea di Europa era questa: un'Europa capace di avere una politica internazionale comune proprio perché sarebbe stata una politica che le avrebbe consentito di difendere questa identità. Al tempo stesso, attuarla richiedeva una forte coscienza di questa identità. La politica internazionale anche di una singola nazione è in realtà la politica più legata ai valori su cui quella nazione si fonda, specialmente nel mondo contemporaneo. Da qui la convinzione che la civiltà europea intesa come civiltà cristiana e liberale fosse messa in pericolo da una serie di altre dinamiche: dalla Cina all'islam radicale, fino ad alcune correnti di pensiero interne all'Europa stessa.
Berlusconi si è sempre vantato di aver cominciato a far politica attaccando i manifesti della Democrazia Cristiana di De Gasperi. Raccontava sempre di quando fu aggredito da alcuni militanti comunisti durante un attacchinaggio per lo scudocrociato nella campagna elettorale del 1948. Lui aveva in mente di realizzare in Italia qualcosa di analogo ai grandi partiti di centrodestra in Occidente: la Cdu tedesca, i conservatori inglesi, il PP spagnolo, i repubblicani americani. Quindi, un contenitore di sensibilità diverse ma in cui la visione cristiana e tradizionale è un punto di riferimento imprescindibile.
Lui non aveva nulla a che fare coi liberal, anzi. I liberal lo hanno sempre odiato, abbastanza ricambiati. E questo perché Berlusconi è stato il leader che ha cambiato il corso della storia quando pensavano di essere ad un passo dalla presa del potere. La sinistra ha sempre voluto scegliersi il centrodestra che le piace: un centrodestra imbelle, inefficiente, sostanzialmente non pericoloso, simile - per certi aspetti - alla Dc degli ultimi anni. Con l'avvento di Silvio Berlusconi in politica questo loro sogno non si è potuto realizzare.