Andrea D’Ascanio, il sacerdote che faceva pregare i bambini
È morto alle prime ore di lunedì padre Andrea D’Ascanio. Cappuccino, figlio spirituale di san Pio da Pietrelcina e del venerabile Pio Dellepiane, fondò l’Armata Bianca per far pregare i piccoli e consacrarli a Dio. Difese la vita nascente e la sepoltura dei bimbi abortiti. Da tempo viveva ritirato dal mondo a seguito di dibattute sanzioni ecclesiastiche, che visse con sofferenza.
Nella notte tra domenica 7 e lunedì 8 marzo, all’età di 86 anni, è morto all’ospedale di Abbiategrasso padre Andrea D’Ascanio, cappuccino, noto per il suo spirito di preghiera e penitenza e che da tempo viveva ritirato dal mondo a seguito di sanzioni ecclesiastiche. Oggi, a L’Aquila, saranno celebrati i suoi funerali.
Ultimo di nove figli, al secolo Nicola (lo stesso nome del padre, che morì prima della sua nascita), aveva sentito la chiamata alla vita religiosa ad Assisi. Prima di entrare in convento, a vent’anni, chiese conferma della propria vocazione a san Pio da Pietrelcina. Il frate con le stimmate lo guidò spiritualmente anche negli anni a venire e lo ispirò, di fatto, pure sul letto di morte, il 24 settembre 1968, un giorno dopo la sua nascita al Cielo. Fu proprio allora, nella veglia funebre, che padre D’Ascanio incontrò per la prima volta un’altra sua guida spirituale, l’oggi venerabile padre Pio Dellepiane, religioso dei Frati Minimi: «[…] Quando mi disse il suo nome - scrisse poi padre Andrea - mi ricordai che mi avevano parlato di lui e ricordai il giudizio che Padre Pio da Pietrelcina ne aveva dato: “Padre Pio Dellepiane? No, Padre Pio… delle vette!”. Solo dopo capii che in quella notte Padre Pio mi aveva fatto l’ultimo dono, il più grande, non lasciandomi orfano ma affidando la mia anima ad un altro Padre Pio […]».
Padre D’Ascanio raccolse quella che era l’eredità comune dei “due Padre Pio”: l’urgenza di far pregare i bambini, per salvare l’umanità dal peccato dilagante dei nostri tempi. Il tutto era ovviamente ispirato dalle Sacre Scritture in primis e dai messaggi consegnati dalla Madonna al mondo attraverso i tre pastorelli di Fatima. In obbedienza a Dellepiane, e accompagnato da lui, era il luglio 1972, padre D’Ascanio celebrò a Fatima due Sante Messe, una sul sepolcro di Francesco e l’altra su quello della sorella Giacinta Marto. Fu questo l’atto di nascita dell’Armata Bianca, che vide concretizzarsi (a Taranto) il primo “nido di preghiera” l’11 febbraio seguente, festa della Madonna di Lourdes. Il primo di moltissimi altri nidi - oggi sparsi in tutto il mondo - di piccoli che pregano e si consacrano a Dio, in accordo alle parole profetiche che il venerabile Dellepiane aveva espresso così: «Perché possa realizzarsi il trionfo del Cuore Immacolato di Maria è necessario consacrare al Padre in Maria cinque milioni di bambini».
L’Armata Bianca è stata più volte ricevuta in Vaticano e impressionante fu l’udienza del 27 maggio 1989, quando di fronte a san Giovanni Paolo II si presentarono diecimila bambini festanti e impegnati, come novelli David contro Golia, quali «piccoli soldati di Maria - così disse padre D’Ascanio - che con la fionda del Rosario si scagliano contro il male per demolirlo, nella gioia e nel sorriso…».
Accanto al Rosario, padre D’Ascanio sottolineava l’importanza di far accostare i bambini all’adorazione del Santissimo Sacramento e di prepararli a ricevere la Prima Comunione al primo uso di ragione, nel solco del decreto Quam singulari di san Pio X e del canone 914.
Nel periodo in cui si sgretolava il gigante sovietico, dal 1989 al 1996, padre D’Ascanio e l’Armata Bianca - d’accordo con i vescovi locali - organizzarono la Peregrinatio Mariae, portando di volta in volta con sé un simulacro della Madonna di Fatima in vari Paesi reduci dalla dittatura comunista (Bielorussia, Bulgaria, Romania, Russia, Ucraina) e distribuendo decine di migliaia di coroncine, immagini dei Sacri Cuori, Vangeli, che hanno dato il loro contributo a rievangelizzare dei popoli vissuti per decenni sotto l’ateismo di Stato.
Altro snodo di rilievo nella vita di questo sacerdote cappuccino è stato l’incontro, nel 1980, con Madre Eugenia Ravasio, la religiosa che 48 anni prima aveva ricevuto delle rivelazioni da Dio Padre (riconosciute autentiche) sulla tenerezza dell’amore della prima Persona della Santissima Trinità - diversamente dai modi arcigni in cui viene spesso raffigurata - verso ciascuno dei Suoi figli. D’Ascanio si impegnò a diffondere questo messaggio, coerente con le parole di Gesù nei Vangeli: lo fece tradurre e pubblicare in 25 lingue, organizzò conferenze e ritiri spirituali con il fine di far conoscere, amare e onorare il Padre celeste; promosse veglie dalle 21 di sera alle 6 del mattino una volta al mese (tra giorno 6 e 7), con l’esposizione solenne del Santissimo, la recita dell’intero Rosario (sia quello tradizionale che del Padre) e la Messa finale.
Qualunque sintesi sulla figura di padre D’Ascanio non può concludersi senza accennare alla sua battaglia in difesa dei nascituri. Nel 1989, al cimitero di L’Aquila, l’Armata Bianca si curò di dare degna sepoltura ai bambini vittime dell’aborto e di una cultura che, ieri come oggi, li riteneva “non persone” e smaltibili come rifiuti. Il 28 dicembre del ’91, festa dei Santi Innocenti, nello stesso cimitero venne benedetto un monumento alla Vergine Maria «Madre dei bimbi non nati», in ricordo - come riportava la scritta - «Ai 50 milioni di bimbi che ogni anno vengono uccisi dall’aborto».
Fu scatenato il putiferio da gruppi femministi, partiti politici, mass-media, italiani ed esteri. La scritta, indigesta al laicismo, fu fatta cancellare dal Comune, ma nel ’94 il Tar ne dichiarò invalida la relativa delibera. Alla fine dello stesso anno, il monumento a Maria fu imbrattato, tra l’altro, con le parole: «Armata Bianca, vi distruggeremo». In quel periodo, mentre la sepoltura dei bambini abortiti si diffondeva dentro e fuori l’Italia, c’è chi fece capire a padre D’Ascanio che era meglio per lui smettere quell’opera. «Di che morte mi farete morire?», domandò il frate, secondo il suo racconto. «Della morte peggiore, della morte morale, sarai distrutto come uomo e come sacerdote».
Tempo dopo, il 9 giugno 1998 - concluso da tre giorni il ministero episcopale a L’Aquila, per malattia e raggiunti limiti d’età, di monsignor Mario Peressin (†1999), estimatore di padre D’Ascanio -, al sacerdote fu consegnata la notifica di un procedimento canonico contro di lui. Nove capi di accusa, fondati solo sul fascicolo degli accusatori, ma smontati nel corso del processo dalla documentazione presentata da mons. Peressin, dalla testimonianza di D’Ascanio e di altri testimoni a suo favore. Nel 2002, i giudici ecclesiastici assolsero il frate cappuccino da ogni accusa, accogliendo apertis verbis la tesi del «complotto ordito contro il P. Andrea D’Ascanio».
Di diverso avviso fu il secondo grado canonico che nel 2005 emise diverse restrizioni al ministero di D’Ascanio «per gravi delitti contro il sesto comandamento». A questa condanna il cosiddetto “Comitato internazionale per la verità sul caso di Padre Andrea D’Ascanio” replicò poi in modo informale che si era ascoltata una sola accusatrice (adulta) «già dichiarata “falsa e inattendibile” da più Tribunali», che il sacerdote non era stato «mai convocato» per difendersi, che l’istruttoria e l’assoluzione di primo grado erano state «ignorate», «rifiutate» le intercettazioni dei Carabinieri, fatte per conto della giustizia italiana, che «sono la più chiara prova legale del complotto», e negato il ricorso. A proposito di giustizia ordinaria - civile e penale - padre D’Ascanio subì cause di vario tipo, ma ne uscì sempre assolto, compreso l’ultimo processo penale nel 2006, quando la corte scrisse che «i fatti non sussistono».
Di fronte a tali grovigli umani, quel che si può dire con certezza è che il Signore sa la verità. Il suo stesso Vangelo ci ricorda che sarà chiara a tutti (Lc 12, 2-3).
Allo stesso tempo, comunque la si pensi sull’esito canonico del 2005, rimangono i frutti di un’opera - dalla preghiera e consacrazione dei bambini alla sepoltura dei non nati - che sono espressione delle virtù teologali della fede e della carità. Diverse persone, che abbiamo avuto modo di contattare, guidate spiritualmente da padre D’Ascanio fino alle suddette restrizioni, ci hanno parlato di come colpisse i giovani che non conoscevano l’amore di Dio Padre, del suo insegnamento sulla Confessione, la Messa quotidiana, l’adorazione eucaristica, il Rosario, la necessità di perdonare e offrire le sofferenze a Dio, con l’aiuto di «Maria Regina delle Vittorie» (così iniziava le sue lettere). A metà 2017, il computo dei bambini consacrati era già oltre i quattro milioni, vicini al “traguardo” dei cinque indicato da padre Pio Dellepiane.
E queste elencate sono, per ogni fedele, basi sicure su cui insistere per cooperare al trionfo del Cuore Immacolato di Maria.